A causa di una buca sul manto stradale ciclomotore cade e riporta ingenti danni, oltre lesioni al conducente e al trasportato.

Il danneggiato citava a giudizio il Comune di Roma e l’Azienda addetta alla manutenzione della strada deducendo che, in data 3/5/2005, mentre era alla guida del proprio ciclomotore, con a bordo una passeggera, rovinava a terra a causa della presenza di una buca sul manto stradale riportando danni materiali al mezzo, lesioni personali sia il conducente che il trasportato.

Il Comune di Roma contestava la domanda e formulava domanda di garanzia nei confronti della Società che aveva l’appalto della manutenzione della strada luogo del sinistro. Il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda del motociclista e gli accollava un concorso colposo nella misura del 30%, per il residuo condannava il Comune di Roma e la Società di manutenzione.

Quest’ultima proponeva appello invocando la propria carenza di legittimazione passiva; il Comune di Roma chiedeva il riconoscimento di responsabilità esclusiva in capo al motociclista. La Corte d’Appello di Roma accoglieva i gravami e respingeva la domanda del danneggiato condannandolo alla rifusione delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.

Il ricorso in Cassazione

Il soccombente ricorre in Cassazione. Tra i numerosi motivi, per quanto qui di interesse, sostiene la violazione dell’art. 2051 c.c. e la esistenza di nesso causale tra le condizioni della strada e la caduta del ciclomotore e i danni lamentati. In particolare deduce che il Giudice d’Appello erroneamente ha ritenuto che il danneggiato dovesse dare la dimostrazione della obiettiva situazione di pericolosità dello stato dei luoghi tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno per fornire la prova del nesso causale.

Sostiene, inoltre, che la motivazione della sentenza impugnata su tale questione risulta del tutto carente, non offrendo alcuna motivazione in ordine alla presenza e consistenza della buca sulla strada, in termini di pericolosità, ed alla ritenuta insussistenza in detta buca di elementi di pericolosità, con ciò omettendo di riferire sulla circostanza maggiormente significativa in tema di pericolosità dello stato dei luoghi.

La suprema Corte ritiene non fondato, e in parte inammissibile, il ricorso (Cassazione civile, sez. III, 10/11/2023, n.31312).

Le motivazioni dei giudici della Corte Suprema

Gli Ermellini ribadiscono che “In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell‘art. 1227 c.c., comma 1, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro”.

La Corte d’Appello di Roma ha correttamente applicato tale principio di diritto ormai consolidato. Difatti, dopo avere ritenuto non adeguatamente provato il nesso causale tra la buca e l’evento dannoso, ha ritenuto che la condotta, imprudente e negligente, del motociclista aveva inciso sull’insussistenza del nesso causale tra la buca e l’evento dannoso.

Il sinistro avveniva in orario diurno e con perfetta visibilità, inoltre, uno dei testi ha riferito che il ciclomotore procedeva lentamente seguendo alcune vetture incolonnate che non avrebbero consentito una adeguata visuale della strada. Considerando ciò, i Giudici di Appello, in considerazione della andatura ridotta del motociclo del danneggiato, deducono che qualora avesse mantenuto una conveniente distanza di sicurezza dall’autovettura che lo precedeva, sarebbe stato in condizione di avvistare per tempo l’ostacolo e approntare una  manovra per evitarlo.

Il ricorso viene rigettato.

Avv. Emanuela Foligno

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