La Corte di Cassazione è chiamata a giudicare sul diniego della domanda risarcitoria proposta nei confronti della Azienda Unità Sanitaria Locale Toscana Sud Est e del Medico di base per oltre ottocentomila euro (Cassazione Civile, sez. III, 24/04/2024, n.11075).

Il caso

I familiari della paziente, deceduta in data 30 maggio 2011, ritengono che la emorragia cerebrale causa del decesso sia stata provocata dalla negligenza del Medico di base e dal Neurologo dell’Ospedale. Questi, successivamente alle dimissioni ospedaliere per un episodio ischemico, avevano disposto la terapia anticoagulante, senza fornire le informazioni necessarie su tale terapia e omettendo di controllare la pressione arteriosa della paziente.

Tribunale di Arezzo e Corte di Appello di Firenze rigettano le domande. In particolare, osservavano i Giudici di Appello che vi era stato il rispetto delle linee guida, anche in relazione alla terapia anticoagulante. Quanto all’obbligo di tenuta di una scheda sanitaria individuale da parte del medico di base previsto dall’accordo collettivo nazionale, si trattava di aspetto inerente il rapporto di lavoro con l’Azienda Sanitaria. Invece, quanto al consenso informato, il CTU aveva fatto riferimento alla sufficienza del consenso verbale ed alla plausibilità dell’informazione resa circa il mantenimento di un determinato dosaggio farmacologico, oltre le possibili conseguenze del farmaco stesso, non risultando peraltro adeguatamente chiaro quale informazione non fosse stata fornita e se, ove fornita, avrebbe consentito alla paziente di adottare i comportamenti alternativi indicati dall’appellante.

Il ricorso in Cassazione

La questione si spinge in Cassazione dove viene lamentato che nessuno dei membri del collegio dei consulenti era in possesso della qualità di specialista e che la CTU non ha tenuto conto delle linee guida della Regione Toscana del 2009, alla luce del mancato controllo pressorio ed all’assunzione della terapia senza alcun criterio (mancata tenuta della scheda sanitaria da parte del medico di base in violazione dell’accordo collettivo nazionale; monitoraggio del valore INR non eseguito in modo conforme alle linee guida, accrescendo in modo esponenziale il rischio emorragico; mancato esame della cartella clinica relativa alla degenza ospedaliera). Inoltre viene censurato che non vi sarebbe stato prudente apprezzamento della prova con recepimento acritico della CTU, a fronte della prova da parte del creditore dell’inadempimento professionale del sanitario.

Il giudizio di inammissibilità della Cassazione

Per quanto riguarda la asserita nullità della CTU, il ricorrente non ha specificatamente indicato quando è stata fatta valere, se nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione del consulente.

Ad ogni modo, la denuncia di acritico recepimento delle conclusioni della CTU non tiene conto della circostanza che, secondo quanto risultante dalla medesima motivazione della decisione impugnata, la CTU si è fatta carico di esaminare e confutare i rilievi della consulenza di parte. Ciò che pertanto il giudice del merito ha valutato, è stato un elaborato peritale che aveva già vagliato criticamente le ragioni sollevate dalla consulenza di parte, questo significa che la condivisione delle conclusioni di CTU trova in ciò un’adeguata ratio decidendi.

A questo riguardo la S.C. rammenta che il Giudice di merito, quando aderisce alle conclusioni del CTU che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento, e non deve necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte, che, sebbene non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili, senza che possa configurarsi vizio di motivazione, in quanto le critiche di parte, che tendono al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive.

Infine, riguardo al consenso informato, la sua violazione è stata posta dal ricorrente in relazione al pregiudizio alla salute. Tuttavia non risulta specificatamente impugnata la ratio decidendi costituita dal rilievo che non risulta accertato se, ove fornita l’informazione asseritamente mancante, questa avrebbe consentito al paziente di adottare i comportamenti alternativi indicati con l’atto di appello.

Avv. Emanuela Foligno

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