Se un errore del medico di base danneggia il paziente, quest’ultimo potrà far valere la responsabilità medica anche rivolgendosi alla Asl di appartenenza

In base a quanto sancito dalla Legge Gelli, il paziente danneggiato dal comportamento del proprio medico di base potrà far valere la responsabilità medica – e ottenere un risarcimento – anche rivolgendosi alla Asl di appartenenza.

Infatti, l’articolo 7, comma 1, della legge numero 24/2017, sancisce che “La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose”.

Ma non è tutto.

Anche il comma 2 fornisce delle interessanti precisazione a riguardo.

“La disposizione di cui al comma 1 – si legge – si applica anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero nell’ambito di attività di sperimentazione e di ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonché attraverso la telemedicina”.

Questo significa, pertanto, che in rispetto del principio della responsabilità di posizione, la struttura sanitaria è chiamata a rispondere contrattualmente di tutto ciò che avviene all’interno del proprio ambito di competenza.

Ergo, anche dell’operato del medico di base e quindi dei soggetti dei quali si avvale.

Su questo punto in particolare, la legge Gelli non ha fatto altro che recepire una conclusione alla quale era già giunta la Corte di Cassazione nella sentenza numero 6243/2015.

Nel caso oggetto della pronuncia, il giudice di merito aveva escluso la responsabilità della Asl per l’operato del medico di base.

Ciò in quanto riteneva che gli obblighi del SSN non si estendessero sino a ricomprendere la prestazione professionale di tale sanitario. Ma, quindi, solo l’organizzazione della medicina generale e che non si potesse applicare il cd. contatto sociale.

Tuttavia, per gli Ermellini non può non considerarsi che, la legge numero 833/1978, istitutiva del SSN, nel rispetto dell’articolo 32 della Costituzione, mira a garantire i livelli minimi e uniformi delle prestazioni sanitarie da assicurare ai cittadini.

E lo fa anche inserendo l’assistenza medico-generica tra le prestazioni curative affidate alle Asl.

In virtù di quanto sancito dalla legge, le Asl erogano l’assistenza medico-generica sia in forma domiciliare che in forma ambulatoriale. E lo fanno assicurando i livelli di prestazioni fissati dal piano sanitario nazionale.

Il paziente, nello scegliere il proprio medico di base, agisce nei confronti della Asl. Ciò in quanto opera un’azione destinata a produrre i suoi effetti nei confronti del SSN. E non, dunque, nei confronti del medico.

Alla luce di quanto esposto, la Cassazione era quindi giunta già nel 2015 alla conclusione poi resa incontrovertibile dalla legge Gelli. Vale a dire che degli errori del medico di famiglia risponde anche la struttura sanitaria.

Ma a che titolo rispondono i medici di base?

Fermo restando la responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, la Gelli fa propendere per la responsabilità extracontrattuale del medico di base.

Tuttavia, non manca chi, facendo leva sulla vocazione libero professionale dell’attività svolta dai medici di famiglia, ritiene che siano invece chiamati rispondere a titolo contrattuale.

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