Interviene l’ufficio del Massimario della Suprema Corte a chiarire le limitazioni di responsabilità penale introdotte dal D.L.44/2021 per le morti o lesioni connesse all’emergenza epidemiologica

Con la Legge n. 71 del 2021, di conversione del Decreto Legge n. 44/2021, è stata introdotta una norma a favore del personale sanitario in ragione del rischio di responsabilità per morte o lesioni acuito dall’emergenza epidemiologica.

L’art. 3 bis, aggiunto solo in sede di conversione, ha ampliato la non punibilità, già tracciato dall’art. 3 con riferimento all’attività di somministrazione vaccinale, prevedendo limitazioni di responsabilità penale per morte o lesioni personali colpose, che trovino causa nell’emergenza epidemiologica, ai soli casi di colpa grave.

La Relazione dell’Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte di Cassazione, ha chiarito l’ambito applicativo della norma, muovendo dall’inquadramento nel modello normativo della riparametrazione della responsabilità penale (a fronte del totale esonero da responsabilità previsto dall’art. 3 per l’attività di somministrazione vaccinale), e dal dibattito sull’inadeguatezza dell’art. 590 sexies c.p., a contenere il fenomeno della medicina difensiva, che ne ha determinato la genesi politico criminale.

La celeberrima sentenza Mariotti, intervenuta sull’art. 590 sex c.p.c, ha interpretato la norma nel senso di esonerare dalla responsabilità i soli casi di imperizia non grave, sul presupposto del rispetto delle linee guida accreditate o buone pratiche clinico assistenziali consolidate e previo vaglio di adeguatezza delle raccomandazioni contenute in siffatte linee guida.

La limitata area di non punibilità colposa della norma è stata ritenuta inidonea rispetto alle contingenze emergenziali in cui ha operato il personale sanitario nel recente contrasto al Coronavirus, specie nella prima fase di emergenza in cui si è proceduto in via sperimentale, in carenza di personale specializzato e con ritmi convulsi.

Tali circostanze, infatti, hanno posto l’attenzione, per un verso, sulla mancanza di linee guida accreditate, e o pratiche consolidate, cui ancorare il giudizio di responsabilità; per altro verso, sulla opportunità di estendere le ipotesi di colpa ai casi di negligenza e imprudenza non gravi.

L’art. 3 soddisfa l’esigenza di contenimento della responsabilità medica per morte o lesioni colpose causalmente riconducibili alla pandemia da Covid 19 che derivino non solo da imperizia, ma anche da negligenza e imprudenza non gravi, con la conseguente imputabilità dei casi di dolo e colpa grave.

La relazione dell’Ufficio Massimario chiarisce il perimetro applicativo, evidenziando come dallo stesso – circoscritto ai reati di cui agli articoli 589 e 590 c.p. – esulino fatti inquadrabili in fattispecie di reato diverse da quelle espressamente menzionate: ad esempio i fatti di epidemia colposa (artt. 438 e 452 c.p.), quelli inquadrabili nel rifiuto di atti d’ufficio per ragioni sanitarie (art. 328 c.p., per es. accertamenti diagnostici negati), o nella morte come conseguenza di altro delitto (art. 586 c.p., per es. a seguito di rifiuto di accertamenti diagnostici) e i casi, di cui molto di è discusso, di c.d. scelte tragiche, cioè scelte di cura di un paziente a discapito di un altro, che quindi si concretano nell’omissione della terapia a un paziente con la consapevolezza della morte certa e l’accettazione del suo rischio.

Ciò posto, omicidio o lesioni colpose contemplate dalla causa di non punibilità devono essere posti in essere nell’esercizio di una professione sanitaria, il che presuppone l’iscrizione dell’autore ad un albo professionale sanitario e deve trovare causa nella situazione di emergenza, da intendersi come “fretta clinica” che ha alterato il normale modus operandi dei sanitari, e deve essere commesso durante lo stato di emergenza, vale a dire dal 31 gennaio 2020 al 31 luglio 2021, salvo proroghe, e indipendentemente dal fatto che l’evento si verifichi dopo il termine ultimo di durata della disposizione.

Si discorre di una norma penale di favore e, come tale, trova applicazione ai fatti commessi prima della sua entrata in vigore (1 giugno 2021) purchè commessi durante il periodo di emergenza (deliberato la prima volta il 31 gennaio 2020).

Il secondo comma della disposizione, infine, contiene un’indicazione esemplificativa, e non esaustiva, di fattori apprezzabili dal Giudice ai fini del contenimento della responsabilità.

In particolare, la limitatezza delle conoscenze scientifiche al momento del fatto, idonea ad incidere sulla definizione del quadro patologico e sulle terapie adottate; la scarsità delle risorse umane e materiali, suscettiva di incidere sull’adeguata gestione dei pazienti; la mancanza di specializzazione da parte dei sanitari chiamati a prestare servizio nel contesto emergenziale.

Questa definizione dovrebbe consentire una tendenziale uniformità nell’accertamento giudiziale, senza tuttavia impedire una diversa modulazione della risposta in sede applicativa, che possa tenere conto delle peculiari circostanze del caso.

Inoltre, sottolinea l’Ufficio, dovrebbe attenuare il timore che il passare del tempo faccia dimenticare la situazione peculiare in cui i Sanitari sono stati chiamati a operare, contribuendo a calibrare l’eccezionalità del loro impegno e l’entità dei rischi affrontati, onde evitare di trattare in modo eguale situazioni palesemente diverse in omaggio al principio di uguaglianza sostanziale.

Avv. Emanuela Foligno

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