Perdita della capacità lavorativa specifica, danno pregresso e danno futuro

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La decisione a commento tratta dell’interessante tema inerente la base di calcolo del danno pregresso e futuro collegato alla perdita della capacità lavorativa specifica da sinistro stradale. Il principio che deve essere seguito è quello dell’integrità del risarcimento. (Cassazione civ, sez. III, 16 gennaio 2024, n. 1607).

La vicenda

La vicenda trae origine da un sinistro stradale e riguarda il risarcimento del danno patrimoniale da perdita di capacità lavorativa specifica.   

Al danneggiato veniva riconosciuto un danno biologico permanente del 8%, oltre a una incapacità lavorativa specifica.  A causa dell’evento subiva il demansionamento dal ruolo di macchinista a quello di impiegato tecnico-amministrativo, con trattamento economico nettamente inferiore.

In giudizio l’uomo chiedeva in risarcimento oltre 600.000 euro per danno da lucro cessante, derivante dal mancato guadagno sofferto dalla data del sinistro alla data della citazione; danno da lucro cessante futuro, derivante dal mancato guadagno sofferto successivamente e dalla riduzione dell’assegno pensionistico; danno da perdita di chance e danno emergente, derivante dalle spese giudiziali sostenute.

I giudizi di primo e secondo grado

Il Tribunale, liquidava 664.078,97 euro, comprensivi del danno da lucro cessante, passato e futuro, e del danno emergente derivante dalle spese processuali sostenute. Respingeva, invece, la domanda della perdita di chance e quella del danno futuro per riduzione dell’assegno pensionistico, in quanto domanda nuova.

Successivamente, la Corte d’Appello condannava il danneggiato a restituire la somma di 288.707,10 euro.

Il danno pregresso e il danno futuro

I Giudici di Appello osservavano, riguardo al danno pregresso, che la base di calcolo (ovverosia la perdita reddituale media mensile), da prendere in considerazione per quantificare il lucro cessante sofferto tra la data del sinistro e quella del demansionamento doveva comprendere non solo le componenti fisse, ma anche quelle variabili, cioè anche degli accessori della prestazione lavorativa con funzione indennitaria e che, a causa delle conseguenze derivanti dal sinistro, il lavoratore non ha potuto percepire.

Riguardo al danno futuro, consistente nel danno patito in seguito al sinistro e per effetto del demansionamento subito, la base di calcolo (ovverosia sempre la perdita reddituale media mensile), da prendere in considerazione per quantificare tale voce di danno doveva essere epurata delle componenti variabili alla retribuzione, poiché, avendo tale corresponsione funzione indennitaria, esse avrebbero potuto essere liquidate nel solo caso di prestazioni effettivamente eseguite.

La decisione viene impugnata in Cassazione

Per quanto qui di interesse, tra le censure del lavoratore, viene lamentata la quantificazione del danno futuro.

La S.C. rammenta il principio di integrità del risarcimento di tutte le conseguenze pregiudizievoli derivanti dal fatto illecito.

Vengono richiamati alcuni precedenti (n.28071/2020; n.14241/2023), ove il calcolo era stato eseguito tenendo conto della retribuzione e degli accessori. Ciò in quanto, qualora il danneggiato dimostri di avere perduto un preesistente rapporto di lavoro a tempo indeterminato,  il danno patrimoniale da lucro cessante, inteso come perdita dei redditi futuri, va liquidato tenendo conto di tutte le retribuzioni (nonché di tutti i relativi accessori e probabili incrementi, anche pensionistici) che egli avrebbe potuto ragionevolmente conseguire in base a quello specifico rapporto di lavoro, in misura integrale e non in base alla sola percentuale di perdita della capacità lavorativa specifica accertata; in caso di nuova occupazione si dovrà procedere alla differenza.

La Corte, inoltre, rammenta che il risarcimento del danno ha funzione compensativa, nel senso che deve riportare il patrimonio del danneggiato nella medesima situazione in cui si sarebbe trovato in assenza delle conseguenze derivanti dall’illecito.

Ergo, calando tale principio al caso concreto, si deve riconoscere il diritto alla differenza sussistente tra la retribuzione percepita quando ricopriva l’incarico di macchinista e quella attuale di impiegato amministrativo. Nel calcolo vanno considerate, proprio per il principio di integrità del risarcimento, la componente fissa della retribuzione e tutti i relativi accessori e i probabili aumenti retributivi.

Il danno futuro, che spiegherà i propri effetti lesivi in un secondo momento, e la relativa quantificazione non può che essere effettuata a titolo di previsione.

Ne deriva che la Corte di Appello ha errato nell’affermare che la parte di retribuzione inerente le componenti accessorie non avrebbe potuto costituire oggetto di liquidazione del danno futuro.

Avv. Emanuela Foligno

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