Danno futuro e Rendita INAIL (Tribunale Castrovillari, Sez. lavoro, Sentenza n. 1740/2022, pubbl. 01/12/2022)

Danno futuro e Rendita INAIL erogata per infortunio sul lavoro con successivi aggravamenti.

Il lavoratore citava l’INAIL esponendo di essere stato vittima di un infortunio sul lavoro per il quale l’Istituto aveva già riconosciuto un danno biologico pari al 9%, ma che nel corso egli anni vi erano stati degli aggravamenti per i quali chiedeva che l’INAIL venisse condannato alla corresponsione di una rendita della misura del 20%.

L’Istituto eccepiva preliminarmente la res judicata, atteso che con sentenza mai appellata del 2008 si era già statuito sulla rendita, con rigetto della domanda.

Con riferimento all’eccezione di cosa giudicata, il Tribunale osserva che il giudicato non può coprire il danno futuro, non ancora manifestatosi, il quale nel giudizio non poteva essere previsto, in mancanza di elementi obiettivi attuali capaci di determinare l’aggravamento o la nuova lesione.

È pur vero che, a seguito del formarsi del giudicato sostanziale, la fattispecie da cui
deriva il diritto fatto valere in giudizio rinviene la fonte della propria rilevanza giuridica unicamente nell’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato e non più nella norma generale ed astratta. Il diritto o rapporto accertato dalla sentenza passata in giudicato continua però a vivere, a svolgersi dopo il giudicato. Di qui la pacifica operatività sulla situazione giuridica accertata dei fatti estintivi o modificativi sopravvenuti.

Di talchè si verificano due ipotesi: che il Giudice, in sede di liquidazione, pur non ravvisando la certezza del danno futuro (ed escludendo quindi il risarcimento), consideri, per gli elementi di conoscenza a lui accessibili, la possibilità di questo tipo di danno; oppure che il Giudice non ravvisi nemmeno la possibilità di tale danno.

Nel primo caso, il danno futuro viene compreso, sia pure con risultato negativo, nell’oggetto del giudizio, ed è coperto quindi dalla autorità del giudicato. Nella seconda ipotesi, al contrario, il danno futuro, né contemplato, né contemplabile dal Giudice, è sfuggito alla cognizione del medesimo, è estraneo al giudizio, e rimane fuori dai limiti del giudicato, essendo passibile di successiva liquidazione giudiziale.

Dunque, la revisione non può rimediare all’errore del Giudice circa il danno futuro, ma può ben supplire alla mancanza di giudizio sullo stesso tipo di danno.

In altri termini, la qualificazione di un fatto come nuovo va riferita alla situazione sostanziale che sussiste nel momento in cui nel giudizio si determinano le preclusioni per la deducibilità di nuovi fatti storici.

Tale riscontro va effettuato, ovviamente, considerando gli elementi costitutivi dell’azione, ovverosia i soggetti, il petitum e la causa petendi.

Nell’ipotesi in cui si tratti di un danno manifestato solo dopo la conclusione del giudizio, non si può paralizzare la richiesta risarcitoria del lavoratore mediante l’eccezione di cosa giudicata, in quanto manca l’identità dell’elemento oggettivo dell’azione, cioè il petitum.

Sull’argomento, in punto di prescrizione, la giurisprudenza è univoca nell’affermare che la prescrizione potrà cominciare nuovamente a decorrere soltanto in caso di sopravvenienza di lesioni che costituiscano un’entità nuova ed autonoma, rispetto al danno manifestatosi successivamente all’evento originario.

Ad esempio, nel caso della lesione lungolatente, il danno alla salute “ulteriore” si cela per un tempo potenzialmente indefinito al soggetto danneggiato creandosi così una distanza temporale con il momento della sua percezione. Ebbene, in tale caso la percezione inizia a decorrere dal momento in cui il danneggiato ha avuto la reale e concreta percezione della gravità del “nuovo” danno.

La espletata CTU , difatti, è stata disposta proprio al fine di accertare sia la sussistenza di un aggravamento successivo all’infortunio e al primo giudizio, sia la dipendenza degli aggravamenti dall’evento originario.

Il CTU ha concluso per una percentuale dell’11% e, dunque, il ricorso viene respinto per mancanza dei presupposti per l’ottenimento della rendita.

Spese compensate.

Avv. Emanuela Foligno

Leggi anche:

Enfisema polmonare derivante dall’attività lavorativa

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui