Ripartizione della percentuale di invalidità derivante da malpractice medica

0
ripartizione-percentuale-di-invalidità

Viene posto all’attenzione della Corte di Cassazione, l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte di Appello che, basandosi sulla CTU, aveva sbagliato la ripartizione della percentuale di invalidità ricavando il danno differenziale del 3% rapportandosi a quello complessivo del 14% accertato nel giudizio sulla responsabilità da sinistro stradale, che però comprendeva il 4% di danni relativi lesioni non riferibili all’avambraccio.

La Cassazione ritiene corretto che il danno aggiuntivo, rispetto all’avambraccio già leso al 10%, imputato ai Medici, sia stato quantificato dal perito nella misura del 3% (Cassazione civile, sez. III, 29/12/2023, n.36547).

La vicenda

Il paziente ricorre per la cassazione della sentenza n. 2530 del 2019 della Corte di Appello di Catania, esponendo che aveva citato a giudizio l’Azienda Ospedaliera per l’Emergenza Cannizzaro di Catania per ottenere il risarcimento dei danni causati da un duplice intervento chirurgico all’avambraccio sinistro, effettuato per ridurre una frattura biossea riportata a seguito di un incidente stradale.

L’analisi giuridica, pertanto, riguarda lo “scorporo” del danno all’avambraccio causato dal sinistro stradale da quello causato dai Sanitari attraverso gli interventi chirurgici perché solamente per quest’ultima voce devono rispondere a titolo di responsabilità medica.

Il Tribunale accoglieva la domanda con pronuncia parzialmente riformata, incrementando la somma accordata, dalla Corte di Appello secondo cui era provato e incontestato che il deducente, a causa dell’incidente stradale, riportava danni fisici quantificati, in altro giudizio, nel 14% d’invalidità permanente, di cui il 10% imputato all’arto superiore e il restante 4% ad altre lesioni.

Nel giudizio in parola, il danno differenziale causato dall’errore medico era stato quantificato, con perizia officiosa, nel 3%. Ne doveva derivare che il 3% andava sommato al 10% e, tradotto il 13% in termini monetari, andava sottratto il 10% dovuto a patologia non imputabile alla malpractice sanitaria. Doveva poi effettuarsi analoga operazione quanto alle invalidità temporanee, assolute o permanenti, escludendo la personalizzazione del danno per carenza di prova di circostanze eccezionali inerenti al pregiudizio subito dalla vittima.

Il giudizio della Corte di Cassazione

Il danneggiato lamenta che i Giudici di Appello sarebbero incorsi in errore perché, riprendendo la CTU, avevano ricavato il danno differenziale del 3% rapportandosi a quello complessivo del 14% accertato nel giudizio sulla responsabilità da sinistro stradale, che però comprendeva il 4% di danni relativi ad altre lesioni. Sicché, muovendo dal 10% di lesioni all’avambraccio causate dal precedente incidente, il danno differenziale avrebbe dovuto concludersi essere almeno del 7%, sottraendo al 17% complessivo constatato il 10% delle lesioni all’arto cagionate dal sinistro viario, mentre, quanto all’invalidità temporanea, sarebbe stato equo un maggior valore intermedio tratto dalla forbice in considerazione per quella assoluta, cui quella parziale si rapportava in percentuale, il tutto con l’aggiunta delle spese mediche e peritali sostenute.

Il ricorso dell’uomo viene dichiarato inammissibile

Quello che viene censurato è la ricostruzione composita della percentuale di invalidità permanente, ma il ragionamento esprime che il danno differenziale da responsabilità medica sarebbe stato individuato nel 3% rapportandosi al 14% di danno biologico permanente accertato nel giudizio sulla responsabilità stradale, e non al 10% di quest’ultima afferente all’avambraccio.

Tale circostanza, tuttavia, rimane del tutto indimostrata nel ricorso in Cassazione, dove non viene riportata in alcun modo la perizia officiosa, e non viene neppure indicato dove è reperibile e verificabile nel fascicolo presso la Corte, con conseguente aspecificità per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6.

Ad ogni modo, non è in alcun modo ipotizzabile, nemmeno sul piano meramente logico, che il danno differenziale da responsabilità medica sarebbe stato in realtà del 7% sottraendo il 10% di lesioni all’arto causate dal sinistro stradale al 17% complessivo, proprio perché il danno aggiuntivo, rispetto all’avambraccio già leso al 10%, imputato ai medici, è stato quantificato dal perito nella misura del 3%, come spiegato dalla Corte territoriale.

Avv. Emanuela Foligno

Leggi anche:

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui