Proprietario e conducente della moto citano in giudizio l’ANAS per ottenere il risarcimento dei danni derivanti dalla caduta del 8/8/2015 sulla strada statale a causa di pietre e detriti presenti sul manto della strada.

Tribunale di Torre Annunziata e Corte di Appello di Napoli respingevano le pretese nei confronti di ANAS.

Per quanto di interesse, la Corte di Appello ha osservato che la vittima aveva molta esperienza di quella strada, sovente interessata da frane di detriti e pietrisco tanto da essere spesso chiusa al traffico. Quindi la sua esperienza doveva indurlo ad una guida attenta e prudente rispetto a una circostanza che, a quanto pare, si presentava di frequente e non era affatto eccezionale.

In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche officiosa – dell’art. 1227, comma 1, c.c.

Ebbene nel caso concreto il pietrisco era ben visibile e interessava l’intera carreggiata; entrambe le carreggiate risultavano perfettamente illuminate dalla luce solare e vi era traffico intenso. Anche dopo il sinistro la circolazione era proseguita regolarmente e nessun altro incidente si era verificato successivamente. Quindi il Giudice di appello desume che la caduta del motociclista si è verificata esclusivamente per propria negligenza, imprudenza e/o imperizia, su di una strada a lui ben nota e spesso interessata da fenomeni franosi, perciò niente affatto imprevedibili, soprattutto per chi aveva dimestichezza dei luoghi.

L’intervento della Cassazione

Il motociclista contesta alla Suprema Corte la violazione delle regole della responsabilità per custodia ex art. 2051 c.c. ed afferma che per configurare il caso fortuito e, cioè, per liberare l’ente proprietario della strada dalla responsabilità del custode, occorre una condotta eccezionale ed imprevedibile del danneggiato, non già la sua semplice colpa.

Gli Ermellini riprendono i principi di diritto della materia (Cass. n. 27724/2018; n. 20312/2019; n. 38089/2021; n. 35429/2022; nn. 14228 e 21675/2023), anche a Sezioni Unite (Cass. n. 20943/2022), e più di recente Cass. n. 11152/2023 che ha statuito la natura oggettiva della responsabilità ex art. 2051 c.c., e ribadiscono che la valutazione del Giudice di merito sulla rilevanza causale esclusiva della condotta del danneggiato costituisce un tipico apprezzamento di fatto incensurabile in Cassazione.

Come ormai pacifico, è sufficiente la condotta imprudente o negligente del danneggiato (ovverosia la sua colpa) a integrare il caso fortuito, idoneo ad elidere la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c., tuttavia l’imprudenza della condotta della vittima non deve essere presunta. Difatti su questo punto il danneggiato formula specifica censura indicando che la Corte di Appello avrebbe contraddittoriamente semplicemente presunto la sua condotta imprudente.

La condotta della vittima non deve essere presunta

Questa censura è corretta. La Corte di Appello da un lato richiama correttamente i principi giurisprudenziali affermando che la condotta del danneggiato deve essere valutata in relazione alla prevedibilità della situazione di danno, la quale impone l’adozione di opportune cautele in rapporto alle circostanze; dall’altro pretermette completamente di spiegare perché il motociclista non si sarebbe attenuto ai canoni di prudenza individuati, omette, cioè, di “valutare in concreto e in relazione allo specifico caso se il danneggiato ha rispettato il generale dovere di ragionevole cautela”.

Il percorso motivazionale della Corte di Appello si risolve in una non consentita tautologia, che ripropone in termini solo formalmente diversi l’enunciazione di ciò che dovrebbe costituire oggetto di illustrazione e di spiegazione, dato che individua ex post la colpa del motociclista sulla base del seguente – errato – paralogismo: per evitare la caduta era necessaria una peculiare cautela in ragione della presenza di pietrisco; la caduta dimostra che non c’è stata la particolare prudenza.

Così ragionando sono state violate le disposizioni della responsabilità oggettiva del custode, perché è stato addossato al motociclista, consapevole della pericolosità della strada, l’onere di provare la propria mancanza di colpa e di aver adottato opportune cautele, anziché imporre al custode di provare il caso fortuito, integrato da una condotta imprudente o negligente del danneggiato stesso, specificamente individuata in relazione alle condizioni della cosa ed alle circostanze del singolo evento dannoso.

La sentenza impugnata viene cassata con rinvio (Cassazione Civile, sez. III, 23/04/2024, n.10977).

Avv. Emanuela Foligno

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