Se i danni da esondazione sono causati da irregolarità costruttive si interrompe il nesso causale tra bene in custodia e danni subiti dal privato

L’esistenza di un’irregolarità costruttiva ridetermina l’effetto del nesso causale tra il bene in custodia della Pubblica Amministrazione ed il danno da risarcire subito dal privato: in tali termini si è espressa la Suprema Corte (Cass. Civ., Sez. III Civile, Ordinanza n. 20312 del 26 luglio 2019) .La vicenda trae origine da una controversia avente ad oggetto la responsabilità da cose in custodia del Comune. Nello specifico, la Corte territoriale condannava il Comune a risarcire il conduttore e il proprietario di due immobili per i danni da esondazione di acqua e fango proveniente dalla strada comunale, provocata da una falla presente nelle tubazioni comunali di raccolta dell’acqua piovana.

Avverso tale sentenza il Comune proponeva ricorso per Cassazione lamentando  che la Corte di merito avrebbe errato nel riconoscere la responsabilità del Comune per l’occorso, e nel ravvisare un danno risarcibile, considerata la natura abusiva, sotto il profilo edilizio, dei beni immobili danneggiati, riconducibile al proprietario danneggiato.

In particolare, evidenzia il Comune, gli immobili venivano ampliati irregolarmente, ma i Giudici d’appello non avevano tenuto conto della natura totalmente abusiva di tali parti dell’immobile costruite in ampliamento, peraltro le uniche ad essere investite dall’ondata di fango ed acqua meteorica proveniente dalla strada comunale.

Tali circostanze, secondo il Comune, escludono il diritto a ottenere il risarcimento del danno in favore di chi ha commesso gli abusi edilizi.

Gli Ermellini ritengono fondato il motivo di ricorso.

La Corte d’Appello riconosceva la responsabilità del Comune per omessa custodia ex art. 2051 c.c., determinata dalla condotta negligente nella manutenzione dei condotti fognari della strada e precisava che l’abuso edilizio del privato non aveva inciso su tutto l’immobile del proprietario ma solo sull’ampliamento privo del permesso a costruire, dando rilievo non solo agli obblighi di custodia ex art. 2051 c.c., ma anche al principio del neminem laedere che impone alla P.A. l’obbligo di adottare, nella costruzione e nella manutenzione delle pubbliche vie, gli accorgimenti e i ripari necessari per impedire di arrecare un danno ingiusto.

La Suprema Corte ritiene errato il ragionamento svolto dai Giudici d’Appello.

Anche la pretesa risarcitoria relativa al danneggiamento di un bene immobile, viene evidenziato, deve essere commisurata all’impatto che ha avuto nella causazione del danno la condotta colposa del danneggiato, ex art. 1227 c.c., comma 1: a tal riguardo, il Giudici di merito consideravano tale comportamento solo in proporzione ai vizi costruttivi rilevati negli immobili danneggiati.

Altro aspetto, non adeguatamente considerato dal Giudice di merito, riguarda l’esistenza di un’insanabile irregolarità edificatoria che interferisce sul diritto dei danneggiati ad ottenere il ripristino dello stato dei luoghi o il risarcimento per equivalente.

Dunque, l’accertamento dei presupposti per l’applicabilità della disciplina di cui all’art. 1227 c.c., in rapporto all’art. 2051 c.c., implicante un’analisi del nesso di causalità tra fatto ed evento, comporta un’indagine delle singole condotte colpose e della loro incidenza sul piano causale.

Tale verifica è discrezionale, per cui bisognerà valutare se essa sia stata fatta, con motivi logici e congruenti.

Ebbene, la presenza di una irregolarità costruttiva interferisce sul piano causale, e ciò deve essere adeguatamente considerata dal giudice di merito.

Inoltre, gli Ermellini precisano che il diritto al risarcimento del danno causato da un fatto illecito altrui non può determinare un arricchimento ingiustificato per chi, costruendo un immobile in modo irregolare, non deve aggravare le responsabilità della Pubblica Amministrazione nei confronti dei terzi che entrino in contatto con la cosa in sua custodia.

Dunque il difetto di concessione edilizia del bene danneggiato diminuisce il diritto del proprietario del bene ad essere risarcito per equivalente del danno sofferto, poiché la costruzione abusiva non esaurisce la sua rilevanza nell’ambito del rapporto pubblicistico tra l’amministrazione ed il privato che ha realizzato la costruzione, in spregio delle regole tecniche e dell’arte e delle norme edilizie, ma incide sulla risarcibilità del danno, se l’abuso avesse aggravato la posizione di garanzia cui è tenuta la Pubblica Amministrazione nella custodia dei propri beni.

Tale circostanza recide, ex art. 1227 c.c., comma 1, il nesso causale tra il bene in custodia del Comune e i danni da esondazione subiti dal privato, possessore del bene abusivamente costruito, azzerando la responsabilità ex art. 2051 c.c., della pubblica amministrazione.

Per tali ragioni la Suprema Corte accoglie il ricorso e cassa con rinvio in diversa composizione la sentenza impugnata.

Avv. Emanuela Foligno

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