Le dichiarazioni testimoniali rese prima dinnanzi ai Carabinieri prevalgono su quelle difformi rese successivamente al Giudice

Per la Suprema Corte (Cass. Civ., Ordinanza n. 25426/2019) non rileva la mancanza del vaglio critico del dibattimento potendo la parte contestare nell’ambito del giudizio civile i fatti così acquisiti. E’ approdata al vaglio della Cassazione una vicenda inerente le dichiarazioni testimoniali su un evento che si presentavano macroscopicamente difformi rispetto a quanto dichiarato alle Forze dell’Ordine nell’immediatezza del fatto.

Sovente accade che testimoni oculari, che abbiano rilasciato le proprie dichiarazioni alle Forze dell’Ordine, cambino successivamente la propria versione dei fatti dinanzi al Giudice.

Il Giudice deve, quindi, valutare se prestare credito a quelle fornite dinanzi alle Forze dell’Ordine, perché rese nell’immediatezza e quindi foriere di lucida verità, ovvero di attenersi a quelle rese nel corso del giudizio.

Gli Ermellini evidenziano al riguardo che la valutazione delle risultanze delle prove, del giudizio sull’attendibilità dei testi e della scelta di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involge apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, mentre sul piano formale le dichiarazioni rese dalle parti o dai terzi agli  agenti di polizia si qualificano come prove atipiche in quanto assunte al di fuori del contesto giudiziale.

Relativamente al contenuto di tali dichiarazioni  “non si può  ritenere che abbiano il valore di semplici presunzioni, perché il Giudice civile, ai fini del proprio convincimento, può autonomamente  valutare, nel contraddittorio tra le parti, ogni elemento dotato di  efficacia probatoria e, ad esempio, anche le prove raccolte in un  procedimento penale e, segnatamente, le dichiarazioni verbalizzate dagli organi di polizia giudiziaria in sede di sommarie informazioni  testimoniali, e ciò anche se sia mancato il vaglio critico del dibattimento,  potendo la parte, del resto, contestare, nell’ambito del giudizio civile, i  fatti così acquisiti in sede penale”.

Inoltre, evidenziano gli Ermellini, non è preclusa la prova testimoniale contro le attestazioni, recepite nei verbali annessi al rapporto della polizia  giudiziaria, le quali, assolvendo alla funzione – diversa da quella propria  dell’atto pubblico – di informativa all’autorità giudiziaria di una notizia di  reato, sono soggette, ai sensi dell’articolo 116 c.p.c., alla libera  valutazione del Giudice del merito in relazione alla intrinseca veridicità  delle dichiarazioni dei soggetti verbalizzanti, specie quando esse abbiano  la natura di una testimonianza ed esprimano valutazioni, percezioni e sensazioni in ordine alla rappresentazione di un fatto dal quale possano  sorgere responsabilità penali.

Avv. Emanuela Foligno

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