Costituisce discriminazione indiretta escludere dai parcheggi gratuiti del Comune i disabili privi di patente di guida, a prescindere dallo scopo dell’esclusione

“E’ discriminatorio quanto previsto da un Regolamento comunale che, nel beneficiare una particolare categoria di disabili – quelli muniti di patente-, ne ha posto un’altra, presuntivamente con una patologia più grave, in posizione di svantaggio”, non consentendo a quest’ultima l’utilizzo dei parcheggi gratuiti. Così si è espressa la Suprema Corte (Cass. Civ., Ordinanza n. 24936 del 7 ottobre 2019).

È irrilevante che lo scopo del Regolamento comunale fosse di evitare abusi da parte dei familiari dei disabili non automuniti, in quanto tale finalità non può raggiungersi negando un diritto, ma predisponendo un opportuno sistema di controlli.

La vicenda trae origine dall’azione intentata nei confronti del Comune da una donna affetta da disabilità.

La chiamata in causa riguardava il Regolamento comunale che non prevedeva l’utilizzo da parte dei disabili privi di patente di guida, o non proprietari di autovettura, dei parcheggi gratuiti sulle strisce blu.

I Giudici di merito, sia in primo grado, che in appello, rigettavano le domande della donna  in quanto ritenevano corretta e non discriminatoria la disciplina adottata dal Comune.

La vicenda approda in Cassazione.

Preliminarmente viene distinta la discriminazione diretta da quella indiretta.

Si ha la prima quando, per motivi connessi alla disabilità, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata, una persona non disabile in situazione analoga.

La seconda, invece, quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri, mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone.

La donna lamenta che i Giudici di merito abbiano ritenuto il danno da lei patito coincidente con l’esborso per la sosta a pagamento nelle strisce blu e che un trattamento sfavorevole rileva per il solo fatto di porre un soggetto in una posizione deteriore, indipendentemente dalla produzione di un danno e da quanto significativa possa essere sul piano patrimoniale la diversità di quel trattamento.

La Suprema Corte ritiene fondate le ragioni della donna ed evidenzia come il regolamento comunale, invero, riconosca ai disabili muniti di patente e veicolo un’agevolazione economica, consistente nella gratuità del parcheggio.

La finalità consiste nel garantire all’invalido l’inserimento nella vita della comunità come sancito anche nella Carta di Nizza ove è stabilito il riconoscimento e il rispetto del diritto dei disabili di beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità.

La partecipazione alla vita della collettività, specificano gli Ermellini, deve essere garantita a tutte le categorie di disabili e non solo ad alcune.

Ne deriva che la mancata concessione del permesso di sosta gratuito ai disabili privi di patente e non proprietari di auto configura una discriminazione indiretta, in quanto il Comune ha beneficiato una categoria di disabili a scapito di un’altra.

Pertanto, la disparità di trattamento operata nel regolamento comunale non è condivisibile,  così come non condivisibile risulta il motivo della diversità di trattamento addotto dal Comune, consistente nell’intento di prevenire abusi nell’utilizzo del permesso speciale da parte dei familiari delle persone portatrici di handicap.

Per tali ragioni la Corte di Cassazione accoglie il ricorso della donna e dichiara che il Comune ha posto in essere una condotta discriminatoria, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello in diversa composizione.

Avv. Emanuela Foligno

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