La vicenda ha ad oggetto l’infortunio mortale del lavoratore impegnato nel cantiere edile. Il punto oggetto di analisi è la sussistenza, o meno, della corresponsabilità del committente dei lavori per quanto riguarda il dovere di sicurezza (Cassazione Civile, sez. lav., 21/02/2024, n.4687).

Il caso

Il Tribunale di Napoli riteneva responsabile dell’evento mortale, verificatosi il 24/2/1999, esclusivamente il datore di lavoro della vittima, invece la Corte di Appello dichiarava corresponsabile anche il committente dei lavori.

Nello specifico, la Corte di Appello giudicava sussistente la corresponsabilità della committente, configurabile in caso di specifica violazione di regole di cautela nascenti dall’art. 2043 c.c., ovvero in caso di riferibilità dell’evento al committente stesso per culpa in eligendo, per essere stata affidata l’opera a un’impresa assolutamente inidonea, ovvero quando l’appaltatore sia stato un semplice esecutore degli ordini ed abbia agito quale nudus minister attuando le specifiche direttive del committente.

La riferibilità del dovere di sicurezza

Affermava, al riguardo, la possibile riferibilità del dovere di sicurezza, oltre che all’appaltatore (datore di lavoro), anche al committente con possibili intrecci di responsabilità, considerando la specificità dei lavori da eseguire, i criteri seguiti dal committente per la scelta dell’appaltatore, l’ingerenza del committente nell’esecuzione dei lavori oggetto di appalto, la percepibilità agevole e immediata da parte del committente di eventuali situazioni di pericolo.

In concreto, le cause della caduta del lavoratore dal secondo piano del fabbricato senza impalcature né protezioni erano ascrivibili innanzitutto al datore di lavoro e al capo-cantiere, senza escludere la concorrente responsabilità della committente dei lavori, in primo luogo per l’omesso controllo dell’adozione delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro, nonché per la scelta dell’impresa, che aveva accettato di eseguire lavori non autorizzati su costruzione totalmente abusiva, oggetto di precedenti sequestri, in violazione di legge, tutto ciò rappresentando espressione e indice rivelatore dell’attitudine dell’impresa appaltatrice a operare in aperta violazione di legge e a porre in essere condotte vietate e abusive.

La committente dei lavori si rivolge alla Cassazione censurando la propria responsabilità

Nel rigettare le doglianze, gli Ermellini ricordano che, in tema di responsabilità civile, nella verifica del nesso causale tra la condotta illecita ed il danno vanno applicati i principi posti dagli artt. 40 e 41 c.p., fermo restando il diverso regime probatorio tra il processo penale, ove vige la regola della prova “oltre il ragionevole dubbio”, e quello civile, in cui opera la regola della preponderanza dell’evidenza o “del più probabile che non”.

Ciò significa che non vi è integrale sovrapposizione dei criteri di imputazione della responsabilità penale e della responsabilità civile, e quindi l’assenza di automatismo tra mancata condanna penale e ravvisata responsabilità civile per il medesimo fatto di reato.

La responsabilità civile della committente, per condotta illecita in nesso di causa con l’evento dannoso (infortunio sul lavoro mortale), è stata delineata quale responsabilità concorrente nella serie causale deterministica e solidale nelle conseguenze risarcitorie in base al criterio della cd. culpa in eligendo nella scelta, quale committente di lavori edili, dell’impresa appaltatrice, la quale aveva accettato di eseguire lavori non autorizzati su costruzione totalmente abusiva e senza predisporre misure di sicurezza.

Ergo, applicando i criteri di culpa in eligendo, correttamente la Corte di Appello (autonomamente e a prescindere dal giudizio penale intrapreso nei soli confronti del datore di lavoro) è pervenuta alla declaratoria di corresponsabilità della committente dei lavori, con apprezzamento del materiale probatorio complessivo incensurabile perché congruo e logicamente motivato, a ritenere integrata e provata la sequenza comportamento illecito – nesso di causa con l’infortunio – obbligo di risarcimento in via solidale dei danneggiati.

Tale decisione è corretta e ricalca precedenti giurisprudenziali consolidati.

Avv. Emanuela Foligno

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