Non solo mobbing, anche l’ambiente di lavoro stressogeno causa danni

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La riscontrata assenza degli estremi del mobbing non fa venire meno la necessità di valutare e accertare l’eventuale responsabilità del datore di lavoro per avere anche solo colposamente omesso di impedire che un ambiente di lavoro stressogeno provocasse un danno alla salute dei lavoratori (Cassazione Civile, sez. lav., dep. 26/02/2024, n. 5061).

La vicenda

Il lavoratore, che prestava servizio quale funzionario amministrativo contabile categoria D3, lamenta comportamenti persecutori tendenti al demansionamento asseritamente adottati nei suoi confronti dal Sindaco e dal Segretario del Comune di San Martino di Lupari.

In primo grado, il Tribunale di Padova aveva accolto le domande volte ad accertare l’illegittimità del collocamento in disponibilità del lavoratore, con condanna del Comune al reintegro del lavoratore nelle mansioni svolte e al pagamento delle differenze retributive nel frattempo maturate. Inoltre, aveva condannato il Comune al pagamento dell’indennità di posizione e di risultato dovuta fino al termine di scadenza della posizione organizzativa di capo Area Economica e Finanziaria (31/12/2009), previo accertamento dell’illegittimità della revoca anticipata di quell’incarico (nell’agosto del 2009).

Il lavoratore, però, propone appello rivendicando il diritto al risarcimento dei danni da demansionamento e da lesione del diritto alla salute. La Corte d’Appello di Venezia, in parziale riforma della decisione di primo grado, rigettava la domanda volta ad ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a causa di comportamenti persecutori subiti.

Il ricorso in Cassazione

Posta la questione al vaglio della Cassazione, per quanto qui di interesse, la doglianza inerente alla negata sussistenza di condotte vessatorie subite dal ricorrente ed idonee a provocargli un danno alla salute, è fondata.

La sentenza d’Appello è corretta nella parte in cui ha motivato l’accertamento negativo del mobbing lavorativo. Ha invece errato laddove ha ritenuto sufficiente escludere la configurabilità del mobbing lavorativo per rigettare totalmente la domanda di risarcimento del danno proposta dal lavoratore. Infatti l’ambito della responsabilità del datore di lavoro per il pregiudizio alla salute e alla personalità morale del lavoratore (art. 2087 c.c.) è ben più ampio di quello occupato dalla specifica, e più grave, fattispecie del mobbing.

La Corte d’Appello non avrebbe dovuto rigettare immediatamente la domanda di risarcimento del danno alla salute pur accennando all’esistenza di una patologia (“v. certificazione medica”) dovuta a una “situazione di tensione interpersonale venutasi a creare sul luogo di lavoro”.

Mobbing o ambiente di lavoro stressogeno

Ebbene viene ribadito che la riscontrata assenza degli estremi del mobbing non fa venire meno la necessità di valutare e accertare l’eventuale responsabilità del datore di lavoro per avere anche solo colposamente omesso di impedire che un ambiente di lavoro stressogeno provocasse un danno alla salute dei lavoratori.

La sentenza impugnata viene cassata sotto questo profilo, con rinvio alla medesima Corte d’Appello perché esamini nuovamente la domanda del ricorrente, in diversa composizione. Attenendosi al principio per cui in caso di accertata insussistenza dell’ipotesi di mobbing in ambito lavorativo, il Giudice del merito deve comunque accertare se, sulla base dei medesimi fatti allegati a sostegno della domanda, sussista un’ipotesi di responsabilità del datore di lavoro per non avere adottato tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, erano possibili e necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore, fermo restando che grava su quest’ultimo l’onere della prova della sussistenza del danno e del nesso causale tra l’ambiente di lavoro e il danno, mentre grava sul datore di lavoro l’onere di provare di avere adottato tutte le misure necessarie.

Avv. Emanuela Foligno

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