La prova inutilizzabile nel processo penale è acquisibile dal giudice civile

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Il giudice può utilizzare, per la formazione del proprio convincimento, anche prove raccolte in un diverso processo e dichiarate inutilizzabili, allorché esse siano state acquisite al giudizio della cui cognizione è investito

La vicenda

Gli attori avevano agito in giudizio per conseguire il risarcimento del danno, “iure proprio” e “iure hereditatis“, in ragione del decesso del loro congiunto che si era verificato all’esito di una caduta da un ciclomotore provocata dall’aggressione di alcuni cani randagi, o meglio vaganti.

Citati in giudizio il Comune e l’Azienda Sanitaria Locale – ritenenti entrambi responsabili per aver omesso, ciascuno secondo le proprie competenze, di porre in essere le condotte imposte dalla normativa in materia di prevenzione del randagismo – l’adito Tribunale riconosceva loro il risarcimento del danno ma in misura inferiore a quello quantificata.

In appello, la Corte territoriale ribaltava l’esito del processo, accogliendo il gravame proposto in via principale dal Comune e in via incidentale della Azienda Sanitaria Locale, teso a dimostrare l’inidoneità della disposta CTU a fornire la prova del decesso, perché il nesso di derivazione causale era stato accertato utilizzando le risultanze dell’esame autoptico non ritualmente disposto in sede penale, dal Pubblico Ministero, in quanto non preceduto da avviso agli indagati, e quindi inutilizzabile.

Il ricorso per Cassazione

Avverso la sentenza della Corte di Appello partenopea i familiari della vittima hanno proposto ricorso per cassazione sostenendo che la nullità, per violazione del contraddittorio di una prova formatasi in un diverso processo tra le stesse parti o altre parti, può assumere rilievo solo alla duplice condizione che, nella sede processuale di acquisizione e di utilizzazione della prova, il contraddittorio su quest’ultima non sia stato esplicato e che tale evenienza sia stata eccepita, puntualmente e in espressi termini, dalla parte a ciò interessata.

Di tali principi non aveva fatto corretta applicazione la Corte di Appello, dal momento che, nel giudizio di primo grado, la difesa del Comune non aveva mai eccepito la mancata esplicazione del contraddittorio sulle risultanze dell’esame autoptico, limitandosi soltanto a dedurre la nullità della consulenza espletata nel procedimento penale.

Il motivo è stato accolto. Per i giudici della Terza Sezione Civile della Cassazione (ordinanza n. 32784/2019) la sentenza impugnata non era in linea con i più recenti principi enunciati dalla giurisprudenza (in particolare, da Cass. Sez. 3, sent. 14 maggio 2013, n. 11555) circa condizioni e limiti di utilizzabilità, in un determinato giudizio, di una consulenza tecnica espletata, in altro procedimento (nella specie, penale), in violazione del principio del contraddittorio.

L’acquisizione della prova assunta in altro processo

Sul punto è stato osservato che “il giudice può utilizzare, per la formazione del proprio convincimento, anche le prove raccolte in un diverso processo, svoltosi tra le stesse o altre parti, una volta che le suddette prove siano acquisite al giudizio della cui cognizione è investito”, trovando tale principio fondamento “nella mancanza nell’ordinamento di un qualsiasi divieto; nella assenza di una gerarchia delle prove, al di fuori dei casi di prova legale, nei quali i risultati di talune di esse debbono necessariamente prevalere nei confronti di altre; nell’unità della giurisdizione” e “nel principio di economia processuale funzionalizzato alla ragionevole durata, prescritta dall’art. 111 Cost.” (così Cass. Sez. 3, sent. 11555 del 2013, cit.).

Tale principio “convive con quello della rituale acquisizione della prova nel processo della cui cognizione è investito il giudice“, principio dotato anch’esso di rilievo costituzionale, visto “che trova fondamento negli artt. 24 e 111 Cost.” (cfr., nuovamente, Cass. Sez. 3, sent. 11555 del 2013, cit.).

Su tali basi, dunque, si è ritenuto che “una volta acquisita la prova nel nuovo processo, essa entra a far parte del “thema probandum” di quel processo, con tutte le facoltà concesse reciprocamente alle parti che, nell’ipotesi di consulenza, possono: chiederne la rinnovazione, proprio per essere stata la consulenza svolta senza il contraddittorio, e il giudice deve provvedere alla rinnovazione, non potendo altrimenti decidere utilizzando la consulenza espletata in violazione del contraddittorio”, ovvero “possono ricorrere ad un perito di parte per controdeduzioni scritte o orali”, o, “in generale, possono svolgere valutazioni critiche o stimolare la valutazione giudiziale su di essa”, laddove esse, invece, “non possono dedurre in sede di legittimità semplicemente la violazione del contraddittorio rispetto al processo di provenienza, per farne ridondare la nullità nel processo di approdo, senza dedurre vizi del contraddittorio in quest’ultimo processo (mancata disposizione di una nuova consulenza richiesta dalla parte; mancata ammissione di controdeduzioni della parte, ecc.)”, visto che a “rilevare, infatti, è l’effettiva esplicazione del contraddittorio nel processo dove la prova del diverso processo viene acquisita” (Cass. Sez. 3, sent. 11555 del 2013).

La decisione

Ebbene, nel caso in esame, soltanto con l’atto di appello il Comune (e, per adesione, la ASL) aveva fatto valere l’inidoneità dell’espletata CTU a dimostrare il nesso causale perché basata su di una consulenza, disposta dal P.M. in sede penale, effettuata, a sua volta, sulla base di un esame autoptico compiuto in violazione del principio del contraddittorio.

In altre parole, gli appellanti avevano “semplicemente [fatto valere] la violazione del contraddittorio rispetto al processo di provenienza, per farne ridondare la nullità nel processo di approdo, senza dedurre vizi del contraddittorio in quest’ultimo processo“. Ed invero, “a fronte dell’utilizzazione – nella consulenza espletata nel giudizio civile – delle risultanze dell’esame autoptico, del quale, nel procedimento di provenienza, era stata dichiarata l’inutilizzabilità per carenza degli avvisi ex art. 360 c.p.p., questi, non potendo certo richiedere il rinnovato espletamento di quell’esame (data la sua natura irripetibile) le parti convenute avrebbero dovuto operare delle controdeduzioni volte a contestare quelle risultanze, o, almeno, eccepire tempestivamente la nullità della CTU per averle recepite”.

Non essendo ciò avvenuto, la violazione del principio del contraddittorio era rimasta confinata – fino all’iniziativa poi assunta con l’appello – al giudizio di provenienza.

Per questi motivi il ricorso è stato accolto e la sentenza cassata con rinvio.

La redazione giuridica

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