Il termine avanguardia (dal fr. avant-garde) nasce in campo militare ed indica il reparto che precede a scopo di sicurezza un corpo di truppe in marcia con il compito di proteggere il grosso da improvvisi attacchi nemici, dandogli il tempo di apprestare le misure difensive.

Trasferito nel campo figurato, il termine si è rovesciato e dalla sicurezza del ciò che è, è passato a indicare la rivoluzione verso il quello che non c’è ancora. Infatti, indica proprio ogni movimento, scuola, corrente artistica o ideologica che si pone fuori della tradizione propugnando concezioni nuove e rivoluzionarie. Ciò sia in campo letterario, artistico, culturale in genere, sia in campo politico e sociale dove il termine è nato alla metà dell’Ottocento per indicare le correnti della sinistra radicale e anarchica.

Il blog creato dal giudice Francione in rete, seguito dal gruppo in FB Avanguardie del diritto ha voluto estendere il concetto a quelle visioni della legge legate sia a interpretazioni ardite di norme già esistenti, sia a progetti normativi de iure condendo. Ma prima di tutto nasce per analizzare il concetto di giudice creativo che riesuma il movimento per il diritto libero (in ted. Freirecht), una corrente di pensiero giuridico-culturale sviluppatasi soprattutto in Germania, tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento.

Tale movimento, denominato anche del giusliberismo ed in cui possono ricomprendersi altri indirizzi, quali la giurisprudenza sociologica e la giurisprudenza degli interessi, annovera tra i suoi maggiori esponenti E. Fuchs, C. Schmitt, E. Ehrlich, F. Gény e H. Kantorowicz. Questi autori ritengono che in ogni ordinamento giuridico esistano, accanto alle norme di fonte legislativa, anche norme extralegali, che il giudice può applicare ogni volta che il testo codificato si riveli non rispondente alle concrete esigenze del caso. Il giurista ha non solo il potere, ma anche il dovere di ricercare liberamente il diritto e di considerare fonte di quest’ultimo anche fatti (ad es. i rapporti sociali) che teorie più restrittive (formaliste o giuspositiviste) considerano non normativi.

Il diritto libero si origina spontaneamente dall’attività dei consociati e dalle decisioni dei giudici e si colloca accanto al diritto dello Stato. In particolare, spetta al diritto libero il compito di colmare le inevitabili lacune del diritto positivo, quando esso si riveli inidoneo a fornire una guida certa per la risoluzione di una specifica controversia. Nell’attuale sistema italiano e non solo il formalismo giuridico impera. Noi intendiamo prima di tutto gettare la maschera: il giudice nell’applicare la legge la interpreta e, interpretandola, la crea nel caos semantico e numerico (ben 300.000 leggi in Italia!).

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Si pone, allora, il problema di come ovviare ai background creativi e mascherati dei singoli giudici ad evitare che il tot capita, tot sententiae si risolva nel boomerang della disparità di trattamento dei cittadini davanti alla legge.

Ciò tanto più perché nel vuoto legislativo la teoria della divisione dei poteri di Montesquieu va intesa in senso dinamico e non statico, con dovere del giudice di ovviare ai buchi legislativi e stemperare la forza delle leggi fatte per garantire situazioni di supremazia con danno dei cittadini deboli. 

Il primo allarme lo trova il magistrato nella sua coscienza intima dove deve sempre scrutare perché egli, prima di rendere giuramento alla legge, lo rende alla giustizia e alla sua coscienza. La via per la morte dolce è stata aperta in Italia dalla Cassazione che ha decretato la legittimità dell’eutanasia passiva nel caso Englaro. Quei giudici hanno ascoltato la loro coscienza e hanno decretato, senza legge, che oltre al diritto di vivere c’e’ il diritto di morire in maniera dignitosa e umana. Lo stesso ha fatto la Consulta quando, aprendosi alle altre forme di creazione della vita non tradizionali, ha dichiarato l’illegittimità della norma della legge 40 che vietava il ricorso a un donatore esterno di ovuli o spermatozoi nei casi di infertilità assoluta.

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All’avanguardia delle avanguardie lo stesso Francione che assolse il 15 febbraio 2001, in veste di giudice del Tribunale Penale di Roma, quattro extracomunitari rei di avere violato il copyright vendendo per strada compact disk contraffatti, motivando l’assoluzione non soltanto per essere gli imputati in stato di necessità, cioè senza mezzi di sussistenza, ma anche per l’inattualità del copyright che ormai era abolito dalla consuetudine di vendere e acquistare per strada cd, oltre che di scaricare musica da Internet.

Aperto il varco, continuò invocando le scriminanti per mini reati commessi da poveracci. Così arrivò ad assolvere per stato di necessità i diseredati senza mezzi che rubano nei supermercati per fame, fenomeno oggi sempre più frequente con 4 milioni di poveri. E come non possiamo dargli ragione? Non è forse il diritto al cibo e alla salute uno dei beni primari garantiti dalla Costituzione? Bisognerebbe condannare lo stato, invece, che non provvede a distribuire equamente le risorse e sfamare i derelitti ma anche condannare l’intera società che butta i 1/3 del cibo prodotto.

Sono queste le vie, come detto, per l’attuazione concreta dell’art. 3, 2° co. Cost. che impone allo Stato, ivi compresa la magistratura (Terzo Potere), di rimuovere gli ostacoli che di fatto limitano la libertà e l’uguaglianza di fronte alla legge dei cittadini. Se non tutti sono realmente eguali davanti alle norme, compito del magistrato creativo nella nuova società sarà interpretare la legge in modo da indebolire i forti e rafforzare i deboli.

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Per creare una società nuova bisogna dialogare con l’intellighenzia e convincerla che per una reale società aperta (la definizione è di Henry Bergson) è necessario non emarginare, demonizzare, incatenare le avanguardie normative ma al contrario cullarle e permettere loro di lievitare perché in esse c’è il germe del diritto giusto quale sarà nell’immediato futuro che è già l’oggi. 

In questo compito di analisi della problematica per l’umanizzazione del diritto si sono chiamati a raccolta magistrati, avvocati, professori, giovani laureati etc. ma, grazie a internet , il discorso è stato aperto al contributo di tutti, anche semplici cittadini in appoggio e /o libera critica.

Bando agli infingimenti il giudice non può essere la bouche de la loi perché interpretando la legge, la crea. A fronte di leggi ingiuste dovrà disapplicarle con tutti i mezzi a disposizione, essendo ciò diritto e dovere sancito dalla Costituzione là dove richiama la Fraternité come fonte di socialità e giustizia. co. Cost.. E’ questa la via del Giudice Creativo, Umanista e Difensore dei Deboli contro le leggi dei forti.

 Avv. Andrej Adramelek

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