Per il giudice il vincolo matrimoniale implica un affievolimento della sfera di riservatezza di ciascun coniuge 

Chiede la separazione, con addebito alla moglie, per violazione dell’obbligo di fedeltà producendo, a sostegno delle proprie ragioni una serie di riproduzioni fotografiche di SMS estratti dal telefono portatile e di alcune schermate della pagina facebook della moglie da cui emergono le comunicazioni scritte intrattenute con un altro uomo.
La coniuge, a sua volta, ribalta la richiesta in considerazione della “perdurante violazione degli obblighi di assistenza e mantenimento posti in essere dal marito”, sostenendo che la relazione coniugale fosse ormai deteriorata da molto tempo a causa del carattere dispotico e geloso del marito, e chiedendo l’assegnazione della casa familiare, oltre alla corresponsione di un assegno di mantenimento di 750,00 euro  e di un assegno perequativo di uguale misura per le necessità del figlio. La donna, inoltre solleva un’eccezione relativa all’utilizzabilità dei documenti prodotti dal marito, invocando la violazione della normativa sulla privacy.
Sulla vicenda è chiamato a pronunciarsi il Tribunale di Roma che, con sentenza dello scorso 30 marzo, chiarisce che “in un contesto di coabitazione e di condivisione di spazi e strumenti di uso comune quale quello familiare, la possibilità di entrare in contatto con dati personali del coniuge sia evenienza non infrequente, che non si traduce necessariamente in una illecita acquisizione di dati”.
Per il giudice, la stessa natura del vincolo matrimoniale  implica un affievolimento della sfera di riservatezza di ciascun coniuge e la creazione di un ambito comune nel quale “vi è una implicita manifestazione di consenso alla conoscenza di dati e comunicazioni di natura anche personale, di cui il coniuge, in virtù della condivisione dei tempi e degli spazi di vita, viene di fatto costantemente a conoscenza a meno che non vi sia una attività specifica volta ad evitarlo”.
La scoperta casuale del contenuto dei messaggi prodotti in giudizio, facilmente leggibili su di un telefono lasciato incustodito in uno spazio comune dell’abitazione familiare”, non può pertanto configurare l’acquisizione illecita di documenti che, di conseguenza, sono pienamente utilizzabili, ai fini di prova, nel giudizio civile.
Quanto all’addebito della separazione il giudice osserva poi come possa ritenersi provata la relazione extraconiugale che la donna  aveva in corso prima della separazione, mentre, al contrario, la moglie non fornisce alcuna adeguata dimostrazione circa la “preesistenza di una crisi tra le parti”, né tantomeno circa il fatto che “il marito abbia fatto mancare la propria assistenza alla moglie, o l’abbia privata dei necessari mezzi di sussistenza”.
La causa della separazione, dunque, va quindi individuata, secondo il Tribunale, nella infedeltà coniugale della moglie, nei confronti della quale viene emessa la pronuncia di addebito, con conseguente diniego dell’assegno di mantenimento richiesto. Riconosciuta al marito anche l’assegnazione della casa familiare in quanto il figlio della coppia, venticinquenne, non risulta ancora economicamente sufficiente e dichiara la propria volontà di voler vivere con il padre.
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