Il giudice, ove abbia notizia documentata di una situazione di legittimo impedimento a comparire dell’imputato, anche se ricevuta mediante PEC, deve espressamente esaminare la circostanza, eventualmente compiendo opportuni accertamenti

Accusato per il delitto di istigazione alla corruzione, il giorno antecedente la data fissata per la trattazione dell’udienza di decisione, presentava per il tramite del proprio difensore di fiducia, una richiesta di rinvio via PEC per legittimo impedimento a comparire perché ricovero in ospedale.

Sebbene la comunicazione fosse giunta al giudice competente, il processo veniva ugualmente trattato senza disporre rinvio.

L’imputato decideva così di ricorrere per Cassazione, denunciando l’illegittimità della decisione dei giudici di secondo grado che avevano deciso di procedere con la trattazione dell’udienza, nonostante l’impedimento che egli aveva presentato a comparire.

Come noto, per consolidato orientamento giurisprudenziale, alle parti private nel processo penale non è consentito effettuare comunicazioni, notificazione ed istanze mediante l’utilizzo di posta elettronica certificata. (Cass. Sez. IV, n. 21056/2018; Sez. II, n. 31341/2017; Sez. II, n. 6320/2017).

La questione, allora deve essere valutata dopo aver deciso se, e a quali condizioni, la comunicazione mediante PEC, di una situazione di assoluta impossibilità di comparire dell’imputato per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento possa essere presa in considerazione dal giudice ai fini dell’eventuale rinvio dell’udienza.

A tale domanda, la Cassazione, con la sentenza in commento (Corte Cass. sent. n. 54477/2018) ha risposto favorevolmente affermando che “il giudice, ove abbia notizia documentata di una situazione di assoluta impossibilità di comparire, anche se ricevuta mediante pec, deve espressamente esaminare la circostanza, eventualmente compiendo opportuni accertamenti”.

Tale assunto trova conforto nella previsione normativa contenuta nell’art. 420-ter, comma 1, c.p., laddove stabilisce che alla rilevabilità del legittimo impedimento dell’imputato provvede il giudice “anche d’ufficio” e, quindi anche indipendentemente da una istanza, comunicazione o notificazione.

Identica soluzione è stata adottata anche dalla giurisprudenza di legittimità, che più volte, ha affermato il seguente principio di diritto: “per espressa previsione dell’art. 420-ter commi 1, 2 e 5 c.p.p, il giudice è tenuto -anche d’ufficio – a prendere atto dell’esistenza di un legittimo impedimento a comparire dell’imputato o del difensore, quando gli risulti, in qualsiasi modo, o comunque appaia probabile, che l’assenza sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento” .

E aggiunge che “se l’istanza in oggetto – pur irricevibile, fosse stata portata a conoscenza della Corte d’appello tempestivamente, ovvero prima della celebrazione dell’udienza de qua, sarebbe stato comunque necessario valutarla” (Sez. II, n. 31314/2017).

Ebbene, nel caso in esame deve ritenersi illegittimo il comportamento dell’organo giudicante (con conseguente illegittimità della decisione impugnata) che pur consapevole della giusta causa di impedimento dell’imputato a partecipare all’udienza, abbia deciso di proseguire nella trattazione della causa.

 

 

Leggi anche:

DIFESA EFFETTIVA, E’ UTILIZZABILE LA PEC PER IL DEPOSITO DELLE ISTANZE?

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui