Un giovane chirurgo appassionato di sport e medicina di nicchia, si è visto arrivare via mail la richiesta di andare in Norvegia per curare un neonato con una rara malformazione congenita del cervello: «All’inizio pensavo a uno scherzo, ma poi ho controllato le firme, era tutto vero». Racconta all’AdnKronos Salute Carlo Gandolfo, neuroradiologo interventista dell’Istituto Giannina Gaslini di Genova, 42 anni, responsabile del Team interventistico endovascolare dell’ospedale pediatrico ligure, che in febbraio ha operato con successo a Oslo due bambini affetti da questa rara patologia.

La dilatazione aneurismatica dell’ampolla di Galeno, questo il nome della malattia, “è costituita da una matassa di arterie – spiega Gandolfo – che convergono all’interno di una vena. Sia le arterie sia la vena si trovano al centro esatto dell’encefalo di un neonato. La si può immaginare come una grossa medusa, con una testa e i tentacoli. Il sottotipo più diffuso è quello neonatale, e la chirurgia ha una chance di successo intorno al 20-50%, dunque molto basso”.

Si tratta di “chirurgia rara“, sottolinea. Un tipo di intervento su cui a Genova c’è una grande esperienza. “Insieme alla mia équipe del Gaslini ho eseguito circa 28-30 trattamenti di questa rata patologia, mentre all’estero oltre ai due casi ad Oslo ho operato alcuni bimbi anche a Parigi, Londra e Barcellona. Nel tempo al Gaslini si è creato un gruppo di professionisti dedicati a questa patologia. Non sono certo io l’artefice del successo del nostro centro – si schermisce Gandolfo – ma hanno tutti contribuito: rianimatori, neuroradiologi, neurochirurghi”.

Un’esperienza di cui i colleghi norvegesi sono venuti a conoscenza. Così hanno scritto a Genova e si è deciso per l’intervento. “Ricordo benissimo la sensazione nel momento in cui ho messo piede nella loro sala operatoria – racconta il chirurgo – Non conoscevo la stanza, i macchinari, il personale. Lì era pieno di gente incuriosita, anche dal fatto di un italiano che era nella loro sala a operare un loro bambino. La sensazione che ho provato? Era quella di dire: ma chi me l’ha fatto fare. Me ne volevo tornare a casa, tra le mie mura. Ma oramai eravamo lì e bisognava continuare. Poi però, nonostante queste preoccupazioni iniziali”, i piccoli pazienti sono andati “molto bene e di questo sono davvero molto felice”.

Ma perché concentrarsi su questa patologia così rara? “Per indole personale: mi sono sempre voluto dedicare a cose di nicchia, sia nello sport che in altri ambiti – dice Gandolfo – E questa è una specialità chirurgica orfana e davvero di nicchia, su una patologia rara: ai congressi siamo sempre quattro gatti a parlarne. La centralità del Gaslini ha determinato un passaparola che ha fatto sì che mi chiamassero da Oslo”. Cosa dire a un giovane collega che vuole scegliere questa strada? “Gli suggerirei di pensarci bene, poi di studiare tanto, soprattutto anatomia e fisiopatologia. Quindi di frequentare all’estero per diversi anni, come ho fatto io”.

Il medico che libera il cervello dei bimbi dalla ‘medusa’ sogna di sconfiggere questa patologia senza bisturi. “La sfida che mi piacerebbe vincere e su cui sto lavorando – confida – è determinare la cura della patologia senza passare attraverso la chirurgia. Sono convinto che si possa curare farmacologicamente, vedremo cosa accadrà nei prossimi anni. Ma mi piacerebbe anche – conclude – sensibilizzare il pubblico e la politica sulle patologie rare e determinare una spinta a centralizzare in poche strutture queste patologie, per aumentare le conoscenze di tutte queste malattie rare, in particolare di quella che mi riguarda”. (adnkronos)

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