La sofferenza morale per le lesioni gravissime subite da un minore comporta il diritto dei genitori al risarcimento del danno, la cui prova può essere raggiunta anche mediante prova presuntiva

La vicenda

I genitori di un minore convenivano in giudizio l’ASL di Trapani e i sanitari dell’ospedale locale esponendo che il proprio figlio, istante nel giudizio insieme a loro, aveva subito lesioni gravissime, consistenti nella perdita della gamba sinistra, dopo essere stato ricoverato nella suddetta clinica a causa delle ferite riportate in un incidente stradale; premessa la responsabilità professionale dei convenuti, chiedevano il risarcimento dei danni non patrimoniali.

All’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale di Marsala accoglieva anche la domanda di risarcimento dei due genitori; ma in appello la pronuncia veniva riformata per carenza di specifica prova del preteso pregiudizio.

La vicenda è quindi giunta in Cassazione su ricorso dei due genitori, i quali lamentavano l’errata applicazione della legge dal momento che la corte di appello aveva omesso di riconoscere la fondatezza del danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale chiesto “iure proprio“, attesa la gravità della lesione e della pacifica convivenza con il figlio.

Ebbene, il ricorso è stato accolto perché fondato. La Corte di Cassazione (Terza Sezione Civile, ordinanza n. 1640/2020) ha affermato che “il danno non patrimoniale, consistente nella sofferenza morale patita dal prossimo congiunto di persona lesa in modo non lieve dall’altrui illecito, può essere dimostrato con ricorso alla prova presuntiva, tipicamente integrata dalla gravità delle lesioni e dalla convivenza familiare strettissima normalmente propria del rapporto tra genitori e figlio” (Cass., 16/02/2012, n. 2228, Cass., 11/07/2017, n. 17058); circostanza che, nel caso di specie, era stata già accertata in primo grado e non ridiscussa.

La prova mediante presunzioni

La corte territoriale, affermando il contrario, era incorsa in palese violazione di legge per erronea sussunzione della fattispecie concreta nel regime legale delle presunzioni (il collegio di merito peraltro aveva ritenuto che si trattasse di lesioni «non gravissime», mentre tali non possono non essere, sia in ottica civile che penale, quelle esitate nella definitiva perdita di un arto).

È stato quindi ribadito e specificato il seguente principio di diritto: “il danno non patrimoniale consistente nella sofferenza morale patita dal prossimo congiunto di persona lesa dall’altrui illecito, può essere dimostrato ricorrendo alla prova presuntiva, tipicamente integrata dalla gravità di lesioni quali la perdita di un arto inferiore, in uno alla convivenza familiare strettissima propria del rapporto filiale“.

Il ricorso è stato, perciò, accolto e la causa rinviata alla Corte di appello di Palermo per l’ulteriore corso.

La redazione giuridica

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