Respinto il ricorso di una donna, condannata per minacce e lesioni volontarie, che lamentava l’ingiustificata misura della determinazione del danno a favore della persona offesa

Con la sentenza n. 12/2020, la Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso di una donna condannata, anche agli effetti civili, per i reati di minaccia e lesioni volontarie. L’imputata, nel ricorrere per Cassazione deduceva vizi della motivazione in merito al capo relativo al reato di lesioni.

A suo avviso, infatti, Il Tribunale, non avrebbe tenuto conto delle dichiarazioni della stessa persona offesa, un’altra donna, la quale non aveva mai narrato, come invece contestato, di essere caduta a terra a seguito di una spinta, ma soltanto di aver sbattuto la testa contro un’autovettura parcheggiata.

Da li la presunta illogicità dell’imputazione alla condotta della ricorrente delle lesioni subite dalla controparte alla spalla, al gluteo ed al ginocchio. Queste ultime presupponevano infatti l’impatto con il terreno, che, se effettivamente avvenuto, la persona offesa avrebbe dovuto indubbiamente riferire.

L’imputata, inoltre, denunciava erronea applicazione della legge penale in merito alla determinazione del danno in favore della parte civile, la cui misura sarebbe stata ingiustificatamente riferita anche a quello morale, senza che ne fosse stata dimostrata la causazione.

Per i Giudici del Palazzaccio, tuttavia, il ricorso è infondato ed in parte inammissibile e deve pertanto essere rigettato.

Gli Ermellini hanno evidenziato come la sentenza impugnata avesse correttamente evidenziato che le contusioni ed escoriazioni non fossero necessariamente da collegare ad una caduta. Non si vede, infatti, il perché le stesse non potrebbero essere state cagionate dal violento impatto con la vettura descritto dalla persona offesa.

Per quanto concerne invece la quantificazione del risarcimento liquidato in favore della parte civile, la Cassazione ha invece ricordato che la liquidazione dei danni morali, attesa la loro natura, non può che avvenire in via equitatìva, dovendosi ritenere assolto l’obbligo motivazionale mediante l’indicazione dei fatti materiali tenuti in considerazione e del percorso logico posto a base della decisione, senza che sia necessario indicare analiticamente in base a quali calcoli è stato determinato l’ammontare del risarcimento.

Pertanto, nel caso in esame, doveva ritenersi che il Tribunale avesse giustificato in maniera logica il riconoscimento della componente non patrimoniale del danno subito dalla persona offesa in ragione della natura dei fatti accertati; giustificazione che in definitiva il ricorso aveva contestato in maniera solo assertiva.

La redazione giuridica

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