Il risarcimento del danno alla professionalità conseguente al licenziamento illegittimo non è in re ipsa ma va provato, potendo consistere sia nel pregiudizio derivante dall’impoverimento della capacità professionale acquisita, ovvero nel pregiudizio subito per perdita di chance, ossia di ulteriori possibilità di guadagno

L’azione contro il licenziamento

Il Tribunale di Vibo Valentia aveva rigettato il ricorso proposto da un dipendente con funzioni di responsabile dell’Ufficio Tecnico, contro il licenziamento irrogatogli dal Comune, suo datore di lavoro.

Il giudice di prime cure aveva ritenuto che il licenziamento in oggetto avesse natura disciplinare, in quanto intimato per impossibilità di prosecuzione del rapporto di lavoro a causa di fatti incidenti sul vincolo fiduciario; in particolare il Comune aveva sospeso dal servizio il dipendente, allorchè aveva appreso dell’ordinanza interdittiva per imputazioni di reati afferenti il rapporto di lavoro e tali da comportare, se accertati, l’applicazione della sanzione del licenziamento.

L’adito tribunale aveva, inoltre, rigettato la domanda di reintegra nel posto di lavoro, nonché quella di risarcimento del danno per la perdita di professionalità e lesione dell’immagine lamentanti dal ricorrente.

La Corte d’Appello di Catanzaro (Sezione Lavoro, sentenza n. 1514/2020) ha riformato la decisione di primo grado, annullando il licenziamento impugnato e per l’effetto, ha ordinato la reintegra dell’appellante nel posto di lavoro, ma ha, al contempo, rigettato la domanda di risarcimento degli asseriti danni alla professionalità e all’immagine.

La giurisprudenza di legittimità in materia, ha più volte affermato che “il danno professionale, può verificarsi in diversa guisa, potendo consistere sia nel pregiudizio derivante dall’impoverimento della capacità professionale acquisita dal lavoratore e dalla mancata acquisizione di una maggiore capacità, ovvero nel pregiudizio subito per perdita di chance, ossia di ulteriori possibilità di guadagno. Ma questo pregiudizio non può essere riconosciuto, in concreto, se non in presenza di adeguata allegazione, ad esempio deducendo l’esercizio di una attività (di qualunque tipo) soggetta ad una continua evoluzione, e comunque caratterizzata da vantaggi connessi all’esperienza professionale destinati a venire meno in conseguenza del loro mancato esercizio per un apprezzabile periodo di tempo. Nella stessa logica anche della perdita di chance, ovvero delle ulteriori potenzialità occupazionali o di ulteriori possibilità di guadagno, va data prova in concreto, indicando, nella specifica fattispecie, quali aspettative, che sarebbero state conseguibili in caso di regolare svolgimento del rapporto, siano state frustrate dal demansionamento o dalla forzata inattività. (Cass. Sez. lav. n. 6572/2006, conforme a Cass. Sez. lav. n. 16792/2003; Cass. sez. lav. n. 29047 del 05/12/2017).

La decisione

E, nella specie, il danno alla professionalità era stato prospettato come in re ipsa, senza allegare quale fosse il bagaglio di conoscenze professionali, (con indicazione puntualmente del contenuto), che era andato irrimediabilmente perduto.

Analoga considerazione è stata fatta per il danno all’immagine, dedotto in modo assolutamente generico senza alcun riferimento a circostanze di fatto specifiche dalle quali desumere la lesione prospettata.

Avv. Sabrina Caporale

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