Se la vittima di violenza sessuale assume sostanze alcoliche o stupefacenti senza istigazione o agevolazione da parte dell’imputato, deve escludersi la configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 609-ter c.p.

La condanna per violenza sessuale

La Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva confermato la dichiarazione di penale responsabilità dell’imputato per il reato di violenza sessuale, aggravato dall’uso di sostanze alcoliche e stupefacenti.

Secondo quanto ricostruito dai giudici di merito, l’imputato avrebbe indotto la persona offesa a subire atti sessuali di vario tipo, abusando delle condizioni di inferiorità psichica della vittima al momento del fatto, sia perché affetta da significativo deficit psichico e cognitivo, sia perché sotto l’effetto di bevande alcoliche e stupefacenti, ed inoltre minacciando ed allettando la stessa.

Contro tale sentenza aveva proposto ricorso per Cassazione l’imputato, tramite il proprio difensore di fiducia, denunciando la violazione di legge, in particolare, avendo riguardo alla configurabilità dell’aggravante dell’uso di sostanze alcoliche o stupefacenti.

I motivi di ricorso

Invero, la sentenza impugnata descriveva sì un uso di sostanze alcoliche o stupefacenti, ma non contro la volontà della persona offesa. La stessa Corte d’appello aveva rilevato che: a) lo spinello fosse stato offerto alla vittima da altra persona; b) non vi erano elementi per ritenere tale iniziativa concordata con l’imputato; c) non vi erano elementi per affermare che l’assunzione della sostanza stupefacente da parte della persona offesa fosse avvenuta per costrizione; d) l’assunzione dello stupefacente era avvenuta molte ore prima del rapporto sessuale.

Tuttavia, la giurisprudenza di legittimità ritiene che, per la configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 609 ter c.p., comma 1, n. 2, sia necessaria la somministrazione di tali sostanze contro la volontà della vittima (si cita Sez. 3, n. 32462 del 19/01/2018).

Insomma, la questione posta dal ricorrente riguardava l’individuazione delle condizioni per la configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 609 ter c.p., comma 1, n. 2, e, precisamente, se detta aggravante possa essere ritenuta integrata anche in caso di assunzione di sostanza alcolica o stupefacente non provocata o agevolata dall’autore o dagli autori del reato di violenza sessuale.

Il giudizio di legittimità

Ebbene, la Corte di Cassazione (Terza Sezione Penale, sentenza n. 10596/2020) ha affermato che la situazione di approfittamento dell’assunzione di sostanze stupefacenti o alcoliche da parte della vittima, avvenuta per libera iniziativa della stessa, o comunque per causa non imputabili all’agente, è ritenuta idonea ad integrare il reato di violenza sessuale.

Infatti, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, tra le condizioni di “inferiorità psichica o fisica”, previste dall’art. 609 bis c.p., comma 2, n. 1, rientrano anche quelle determinate dalla volontaria assunzione di alcolici o di stupefacenti, in quanto anche in tali casi la situazione di menomazione della vittima, a prescindere da chi l’abbia provocata, può essere strumentalizzata per il soddisfacimento degli impulsi sessuali dell’agente (Sez. 3, n. 16046 del 13/02/2018 e Sez. 3, n. 45589 del 11/01/2017).

Tuttavia, questa conclusione non può implicare la configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 609 ter c.p., comma 1, n. 2.

In questo senso, in effetti, risulta orientata la giurisprudenza di legittimità. La soluzione secondo cui, ai fini della configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 609 ter c.p., comma 1, n. 2, l’uso delle sostanze alcoliche o stupefacenti debba dipendere da un’attività di somministrazione la quale sia stata effettuata o agevolata dall’agente e risulti funzionalmente diretta alla realizzazione degli atti sessuali sembra imporsi per un duplice ordine di ragioni, letterali e sistematiche.

Precisamente, l’art. 609 ter c.p., comma 1, n. 2, ha riguardo ai “fatti di cui all’art. 609 bis (…) commessi: (…) 2) con l’uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa”. Il riferimento ai “fatti (…) commessi (…) con l’uso” e l’accostamento, in via alternativa, delle sostanze alcoliche o stupefacenti alle armi costituiscono elementi dai quali è ragionevolmente intuibile come, per il legislatore, ai fini dell’aggravante in discorso, il ricorso a tali sostanze rilevi quale strumento per costringere o indurre la vittima a compiere o subire atti sessuali, e, quindi, dia luogo ad una situazione diversa, e più grave, rispetto a quella in cui l’agente “si limita” ad approfittare di una situazione di inferiorità della persona offesa.

La condanna per violenza sessuale … senza aggravanti

Nel caso in esame, la stessa sentenza impugnata dava atto che la persona offesa avesse assunto volontariamente sostanza stupefacente, fumando uno spinello, cedutogli da altra persona al di fuori di ogni accordo con l’odierno ricorrente. Doveva pertanto, escludersi la configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 609 ter c.p., comma 1, n. 2.

Se, infatti, la droga era stata assunta dalla vittima senza alcuna istigazione o agevolazione da parte dell’imputato, doveva escludersi che questi avesse costretto o indotto la prima a compiere o subire atti sessuali con l’uso di sostanze alcoliche o stupefacenti. Nel caso di specie, poteva semmai dirsi che il ricorrente aveva approfittato (anche) dello “stordimento” della vittima per compiere gli atti sessuali.

Per queste ragioni, la sentenza impugnata è stata annullata senza rinvio con riferimento alla predetta aggravante, ed il rinvio degli atti alla Corte d’appello di Palermo per la rideterminazione della pena.

Avv. Sabrina Caporale

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