È configurabile il reato di tentata violenza sessuale anche in mancanza del contatto fisico tra imputato e persona offesa, quando la condotta tenuta dal primo denoti l’intenzione di raggiungere l’appagamento dei propri istinti sessuali e di violare la libertà di autodeterminazione della vittima nella propria sfera sessuale

La Corte di Appello di Roma aveva confermato la sentenza di condanna pronunciata dal giudice di primo grado a carico di un uomo, ritenuto colpevole del reato di tentata violenza sessuale ai danni di una minorenne.

Contro tale decisione la difesa aveva proposto ricorso per Cassazione, denunciando tra gli altri motivi, la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla tentata violenza sessuale: lamentava, nella specie, l’assenza dei requisiti della idoneità ed univocità degli atti, in quanto l’imputato si sarebbe limitato ad introdurre due minorenni nella propria abitazione, senza alludere ad alcuna intenzione sessuale, e senza porre in essere neppure atti preparatori.

Secondo l’accertamento dei giudici di merito, le due sorelle (di 11 e 9 anni all’epoca dei fatti), mentre stavano tornando a casa dopo aver giocato nel cortile, avevano incontrato un uomo che, dopo averle rivolto dei complimenti, ed averle invitate a vedere un acquario che aveva acquistato (ricevendone un diniego), una volta in ascensore aveva premuto un piano diverso da quello dove abitavano, le aveva costrette ad uscire dall’ascensore, spingendole con la forza, e le aveva fatte entrare nella propria abitazione, dicendo che le avrebbe fatte uscire solo se avessero giocato con lui a “Diabolik”. Una volta in casa, aveva fatto sedere la più piccola in una stanza, dicendole di non muoversi, ed aveva condotto l’altra sul letto, le aveva premuto un fazzoletto sul naso e sulla bocca, e le aveva intimato di far finta di svenire, nonostante le resistenze della minore, che riusciva a liberarsi ed a svincolarsi; in quel frangente era squillato il cellulare della bambina, che aveva detto che la madre le cercava, ed aveva convinto l’uomo, che le aveva accompagnate velocemente all’uscita raccomando di non dire niente, a farle uscire.

Il materiale probatorio e il ricorso per Cassazione

All’esito della perquisizione eseguita in casa dell’imputato erano stati ritrovati supporti e video a contenuto erotico all’interno del suo computer, che ritraevano pratiche in cui l’uomo narcotizzava la vittima mettendole un fazzoletto sulla bocca per approfittarne sessualmente.

Tanto premesso, il Supremo Collegio (Quinta Sezione Penale, sentenza n. 39044/2019) ha ritenuto le doglianze difensive prive di fondamento.

Invero, la finalità di soddisfacimento sessuale connotante gli atti posti in essere dall’imputato era stata tratta dai giudici di merito con apprezzamento di fatto immune da censure di illogicità, e dunque insindacabile in sede di legittimità, in particolare, dal rinvenimento dei video a contenuto erotico nel PC dell’imputato, che ritraevano proprio la stessa scena che l’uomo aveva imposto alla minore, costituendo veri e propri tentativi di stupro, nonchè dalle dichiarazioni rese dallo stesso imputato, che aveva ammesso di avere in passato intrattenuto simili pratiche con donne adulte e consenzienti.

Da tali elementi, invero, era stata desunta l’inclinazione dell’uomo ad associare sesso e pratiche di violenza e sopraffazione sulla donna, che confermavano la valenza strettamente erotica della condotta imposta alla minore.

Quanto alle doglianze concernenti la pretesa inidoneità degli atti ad integrare il tentativo, la giurisprudenza ha più volte ribadito che è configurabile il tentativo del delitto di violenza sessuale quando, pur in mancanza del contatto fisico tra imputato e persona offesa, la condotta tenuta dal primo denoti il requisito soggettivo dell’intenzione di raggiungere l’appagamento dei propri istinti sessuali e quello oggettivo dell’idoneità a violare la libertà di autodeterminazione della vittima nella sfera sessuale (Sez. 3, n. 45698 del 26/10/2011); in tema di violenza sessuale, è configurabile il tentativo del reato, previsto dall’art. 609 bis c.p., in tutte le ipotesi in cui la condotta violenta o minacciosa non abbia determinato una immediata e concreta intrusione nella sfera sessuale della vittima, poichè l’agente non ha raggiunto le zone intime (genitali o erogene) della vittima ovvero non ha provocato un contatto di quest’ultima con le proprie parti intime (Sez. 3, n. 17414 del 18/02/2016); ancora, il tentativo è configurabile non solo nel caso in cui gli atti idonei diretti in modo non equivoco a porre in essere un abuso sessuale non si siano estrinsecati in un contatto corporeo, ma anche quando il contatto sia stato superficiale o fugace e non abbia attinto una zona erogena o considerata tale dal reo per la reazione della vittima o per altri fattori indipendenti dalla volontà dell’agente (Sez. 3, n. 4674 del 22/10/2014).

La decisione

Nel caso in esame, pur non avendo la condotta violenta determinato una immediata e concreta intrusione nella sfera sessuale della vittima, non avendo l’agente raggiunto il contatto con le zone intime proprie e/o della minore, era indubbio che l’imputato avesse posto in essere una frazione dell’azione criminosa (gli “atti idonei”) finalizzata a costringere la bambina a subire atti sessuali, come quelli ritratti nei video erotici rinvenuti all’imputato, e rivendicati quali pratiche in passato intrattenute con donne adulte.

Per queste ragioni il ricorso è stato rigettato con conseguente condanna del ricorrente ala pagamento delle spese processuali.

Avv. Sabrina Caporale

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