Panchina del Comune asportata e lasciata in un vicolo, è furto aggravato

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Confermata la responsabilità di un uomo accusato dei reati di cui agli artt. 624 e 625 del codice penale per aver smontato dal suolo una panchina di ghisa da una piazza

Era stato condannato a otto mesi di reclusione e 400 euro di multa per il reato di furto aggravato, ai sensi degli artt. 524 e 625 del codice penale. L’imputato, nello specifico, era accusato di essersi impossessato a fine di profitto di una panchina di ghisa di proprietà del Comune, commettendo il fatto con violenza sulla cosa esposta a pubblica fede.

Il personale di Polizia Giudiziaria aveva constatato che la panchina, situata in una piazza del centro cittadino, era stata smontata dal suolo e che sul posto erano stati lasciati solo i bulloni. Le successive indagini avevano consentito di individuare il responsabile, reo confesso, e di rinvenire la panchina in un vicolo, a ridosso del muro esterno delle abitazioni.

L’oggetto, dunque, non risultava più destinata ad uso pubblico, essendo stata solo appoggiata ad un muretto ed essendo stata sottratta al dominio della pubblica amministrazione ricorrevano, dunque, gli estremi del reato di furto, con l’aggravante della violenza sulla cosa, essendo stata alterata l’integrità funzionale del bene.

Nell’impugnare la sentenza davanti alla Suprema Corte di Cassazione, l’uomo contestava la sussistenza dell’elemento oggettivo del reato.

A suo avviso, infatti, la panchina sottratta era rimasta nella sfera di vigilanza del possessore, cioè il Comune, in quanto non era stata nascosta in un’abitazione privata, ma era stata riposta un vicoletto, magari poco frequentato, ma comunque esposto al pubblico passaggio.

Il ricorrente, inoltre, deduceva l’ insussistenza dell’aggravante della violenza sulle cose in quanto la panchina non era stata danneggiata, rotta, trasformata in altro né era stata mutata la sua destinazione; Nel luogo in cui era stata collocato, infatti, assolveva comunque alla medesima finalità di uso pubblico cui era stata destinata.

Per i giudici Ermellini, che si sono pronunciati sulla vicenda con la sentenza n. 13505/2020, tuttavia, le ragioni del ricorrente sono manifestamente infondate.

Ai fini della consumazione del delitto di furto, infatti, è sufficiente che la cosa sottratta sia passata, anche per breve tempo, sotto l’autonoma disponibilità dell’agente. Nel caso in esame l’imputato, spostando la panchina in altra zona della città se ne era evidentemente impossessato, per cui la permanenza del bene su suolo pubblico appare irrilevante ai fini della configurabilità del reato.

Inoltre – rilevano dalla Cassazione – in tema di furto, l’aggravante della violenza sulle cose è configurabile tutte le volte in cui il soggetto, per commettere il fatto, manomette l’opera dell’uomo posta a difesa o a tutela del suo patrimonio in modo che per riportarla ad assolvere la sua originaria funzione sia necessaria un’attività di ripristino. Tale principio è applicabile al caso in esame, perché la panchina era stata chiaramente asportata mediante la rimozione degli agganci e delle viti che consentivano di mantenerla infissa al terreno e sarebbe stata necessaria una sua nuova reinstallazione, al fine di ricollocarla stabilmente nel posto originario.

La redazione giuridica

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