Per la Cassazione, ai fini del riconoscimento del danno professionale da demansionamento, il lavoratore deve allegare elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti

Aveva convenuto in giudizio la società datrice di lavoro chiedendo di essere reintegrato nelle mansioni di analista informatico oltre alla condanna dell’azienda al risarcimento del danno professionale, esistenziale, morale e biologico in relazione al demansionamento subito.

Nello specifico, il lavoratore eccepiva di essere stato lasciato inoperoso per circa 56 mesi durante i quali, per circa due mesi, gli erano state attribuite mansioni inferiori rispetto al suo livello d’inquadramento, che lo impegnavano per 3-4 giorni al mese.

L’uomo, inoltre, denunciava di essere già stato demansionato in passato e che in quell’occasione il Tribunale aveva condannato la datrice a reintegrarlo nelle mansioni originarie e a risarcirgli il relativo danno da demansionamento; di fatto, tuttavia,  non era più stato assegnato alle funzioni superiori previste.

In primo grado il Tribunale aveva accolto la domanda risarcitoria, condannando la datrice a riparare i danni professionale e biologico patiti dal lavoratore per il protratto demansionamento.

In sede di appello, invece, la sentenza era stata parzialmente riformata con il rigetto della richiesta risarcitoria per il danno alla professionalità, in virtù della genericità delle allegazioni del lavoratore relativamente alla quantità e qualità dell’esperienza lavorativa maturata e all’esito finale della qualificazione, anche in relazione alle asserite occasioni di lavoro perse durante il periodo oggetto di contestazione.

La Cassazione pronunciandosi sull’impugnazione presentata dal ricorrente con l’ordinanza n. 6941/2020 ha ritenuto di confermare quanto statuito dalla Corte territoriale.

I Giudice Ermellini, nello specifico, hanno chiarito che il danno da demansionamento non si produce in automatico in caso d’inadempienza del datore di lavoro. Questo tipo di danno infatti può essere dimostrato dal dipendente ai sensi dell’art. 2729 c.c., allegando elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti, come la qualità e quantità del lavoro svolto, il tipo e la natura della professionalità coinvolta, la durata del demansionamento, la diversa e nuova collocazione lavorativa dopo la dequalificazione, dai quali il giudice può desumere in via presuntiva la sua esistenza.

Nel caso in esame il Giudice di secondo grado aveva quindi correttamente applicato i principi sanciti in materia probatoria.

La redazione giuridica

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