L’operatore sanitario aveva intentato una causa per demansionamento lamentando di aver dovuto svolgere, per cinque anni, funzioni da Oss in virtù della carenza di personale ausiliario nel proprio reparto

“Può ritenersi provata l’esistenza di un danno alla dignità professionale”, in particolare per la “natura di tale ultima attività (prettamente manuale rispetto alla natura intellettuale di quella propria del lavoratore), del fatto che tale attività inferiore viene svolta alla presenza di tutti i pazienti, che quindi vedono l’infermiere svolgere anche compiti propri di lavoratori inquadrati in categoria inferiore”. Con questa motivazione, la Corte territoriale dell’Aquila ha condannato la Asl Lanciano Vasto Chieti a risarcire un infermiere nell’ambito di una causa per demansionamento professionale.

La vicenda è riportata da Chietitoday. L’operatore sanitario, riferisce il quotidiano online, per cinque anni – dal luglio 2012 al luglio 2017 – avrebbe dovuto svolgere mansioni proprie dell’operatore socio sanitario, quindi dequalificate rispetto al ruolo per cui era stato assunto. Il reparto presso cui prestava servizio, infatti, poteva avvalersi del lavoro di due soli Oss, per due ore al giorno. Una carenza che imponeva agli infermieri di occuparsi di incombenze diverse da quelle previste dalla loro figura professionale.

L’uomo si era pertanto rivolto al Tribunale del lavoro per vedersi riconoscere il diritto a svolgere solo mansioni adeguate alla sua competenza. 

In primo grado le sue argomentazioni erano state respinte, ma in appello il Giudice ha riconosciuto una “mortificazione dell’immagine e della professionalità” dell’attore, nonché un danno alla sua dignità professionale. Per la Corte territoriale, il demansionamento può trovare giustificazione “solo nell’ipotesi di una eccezionale e contingente assenza del personale ausiliario”. La deontologia, infatti, impone di aiutare il paziente, anche svolgendo funzioni che non rientrano nella qualifica professionale. Ma nel caso in esame, la situazione non presentava certamente il carattere dell’eccezionalità, protraendosi da ben cinque anni.

La Asl, pertanto, dovrà versare al lavoratore una somma pari al 10% della retribuzione mensile relativa al quinquennio in questione, oltre alle spese di giudizio. Inoltre, l’infermiere dovrà essere adibito alle mansioni proprie del suo inquadramento professionale.

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