L’attività di autista di mezzi pesanti non rientra automaticamente in tabella e grava sul lavoratore dimostrare che la patologia sia connessa alla lavorazione (Corte d’Appello di Reggio Calabria, Sez. Lavoro, Sentenza n. 275/2021 del 14/06/2021-RG n. 461/2019)

L’Inail appella la decisione di primo grado sostenendo l’estinzione del diritto del lavoratore per prescrizione. Il lavoratore adiva il Tribunale di Reggio Calabria chiedendo il riconoscimento della natura professionale delle patologie di “lombalgia con spondilo unco artrosi ed esiti di intervento in sede lombare – esiti frattura scafoide mano sx. gonartrosi bilaterale – amputazione falange ungueale 2° dito mano dx – reflusso gastro esofageo con esofagite erosiva ed ernia iatale – disfunzione binodale con impianto di PM – ipoacusia bilaterale – Sindrome vertiginosa”.

Il Giudice di primo grado rigettava l’eccezione di prescrizione e riconosceva la dipendenza di spondilosi e spondi-lolistesi di l4 -l5 dall’attività di autotrasportatore con danno biologico al 25%, condannando l’Inail a erogare la relativa prestazione dalla domanda amministrativa e al rimborso delle spese di lite.

Il lavoratore, nel ricorso introduttivo di primo grado, ha allegato di avere lavorato quale dipendente di varie imprese con mansioni di carrozziere e autotrasportatore. Ha, altresì, specificato la propria complessa storia patologica, a partire dal trauma con avulsione di parte delle falangi mano dx (13 gennaio 1983) e successivi numerosi interventi all’apparato scheletrico.

L’Inail ha eccepito che, per stessa ammissione del lavoratore, le patologie della colonna erano state già denunciate nel 1984 e l’ipoacusia nel 1989, e che tali patologie erano note al ricorrente prima del triennio anteriore la domanda amministrativa del 7 gennaio 2015.

Ha inoltre evidenziato l’Istituto che il lavoratore è titolare di pensione di invalidità civile dal luglio 2004 anche in relazione alle patologie denunciate come professionali, che sono invece emerse in tempi remoti e riconosciute dall’Inps come di origine comune.

Al riguardo, ai sensi dell ‘art. 1 comma 43 legge 335 /1995, la pensione di invalidità civile non è cumulabile con la rendita vitalizia Inail liquidata per lo stesso evento invalidante, e che dunque vi è carenza di interesse ad agire.

Il primo Giudice rigettava l’eccezione di prescrizione relativamente alle spondilosi rilevando che, da quanto emerge dalla relazione di CTU, il ricorrente era stato operato per tali patologie nel 1998, ma ne erano rimasti postumi non indennizzabili, e gli esami strumentali successivi confermavano questo quadro. Solo la RMN eseguita nel 2015 attestava l’esistenza di spondilosi con artropatia e protrusioni discali multiple, mentre non vi era possibilità di accertare la situazione nei dodici anni anteriori.

In buona sostanza, il primo Giudice ha condiviso le conclusioni del proprio CTU, il quale ha ricostruito le mansioni svolte dal ricorrente fino al 5 dicembre 2014 come quelle di “camionista ” che “per circa 20 anni si occupava , oltre alla guida del mezzo pesante, della sistemazione del camion e dello scarico delle merci trasportate”.

Tuttavia, evidenzia la Corte d’Appello, l’attività lavorativa non è stata compiutamente allegata dall’attore, né confermata dalle prove testimoniali, onde potere trarre notizie obiettive sulle condizioni in cui il lavoratore operasse e sulla concreta esposizione al rischio, come ad esempio la tipologia di mezzi sui quali egli operava, la frequenza e durata dei viaggi, l’effettività ed intensità delle attività di scarico merci, ecc.

Il CTU ha evidenziato che “circa la metà degli uomini ultra cinquantenni” soffre di spondilosi, che si tratta cioè di una patologia sociale ed endemica, anche se ha correttamente spiegato come il caso del ricorrente presenti caratteristiche di peculiare gravità …..le patologie sono riconducibili all’attività di lavoro svolto dal periziando che per migliorare la sintomatologia clinica si è dovuto sottoporre anche ad intervento chirurgico di artrodesi”.

Il CTU, nella risposta alle osservazioni, ha continuato a dare per scontato il nesso causale senza descrivere da quali fonti avesse tratto la convinzione della correttezza dell’anamnesi raccolta, quasi apoditticamente sostenendo che la lombalgia è definita volgarmente “malattia del camionista” proprio perché dovuta alle continue e ripetute sollecitazioni, vibrazioni e posture prolungate durante la guida”.

Lo stesso Giudice di primo grado chiamava a chiarimenti il CTU perché spiegasse da un lato il motivo per il quale aveva assegnato un a percentuale del 25% e dall’altro perché chiarisse se l’insorgenza risalisse a data anteriore al 2015.

Il CTU forniva una risposta sufficientemente articolata per quanto attiene la percentuale, ma affermava solo genericamente che la patologia era certamente insorta prima del 2015, tanto da dovere essere ancora richiamato per chiarire meglio questo punto.

Con l’ultima relazione di chiarimento il CTU ha però ribadito genericamente che l’insorgenza risaliva al 1998 senza spiegare quando le conseguenze si siano esacerbate al punto di divenire indennizzabili.

L’appellante lamenta che il Tribunale non ha motivato in ordine all’interesse ad agire in ragione del divieto di cumulo fra pensione di invalidità civile Inps e rendita Inail e l’insufficienza della descrizione del nesso causale sia sotto il profilo della mancata descrizione delle mansioni, sia sotto il profilo dell’assenza di valutazioni sulle possibili ragioni extralavorative.

La Corte evidenzia che le argomentazioni dell’appellante Inail contrastano con gli esiti istruttori di primo grado laddove il CTU ha chiaramente spiegato che, ancora nel 2004, i postumi della patologia al rachide non erano tali da consentire l’indennizzo Inail.

La malattia diagnosticata nel 1984, e risolta nel 1998, non era esattamente la stessa, trattandosi di esiti di contusione e non di patologia degenerativa.

Riguardo al problema dell’incompatibilità fra pensione di invalidità civile e indennizzo Inail la Corte ne constata l’assenza di motivazione nella sentenza di primo grado impugnata.

E’ corretta l’osservazione del lavoratore laddove evidenzia che il verbale Inps 2004 si riferiva ancora alla patologia diagnosticata nel 1984 quasi risolta con l’intervento di artrodesi del 1998.

Ciò sta a significare che l’Inps ha riconosciuto la prestazione di invalidità civile sulla base di una malattia differente da quella denunciata all’Inail e, dunque, non si può discorrere di incompatibilità ex art. 1 comma 43 legge 335 /1995 che sussiste solo in situazioni di invalidità connotate da completa sovrapponibilità.

Ad ogni modo, evidenzia la Corte, l’eventuale sovrapponibilità delle prestazioni non avrebbe fatto venire meno il diritto a quella da malattia professionale, ma solo fatto scattare in capo al lavoratore l’onere di scegliere fra quella che gli sarebbe maggiormente convenuta.

Ciò posto, le tabelle Inail contemplano l’ernia discale lombare alla voce 77, tabellandola soltanto per :

a) Lavorazioni svolte in modo non occasionale con macchine che espongono a vibrazioni trasmesse al corpo intero: macchine movimentazione materiali vari, trattori, gru portuali, carrelli sollevatori (muletti), imbarcazioni per pesca professionale costiera e d’altura.

b) Lavorazioni di movimentazione manuale dei carichi svolte in modo non occasionale in assenza di ausili efficaci.

Ne consegue che l’attività di autista di mezzi pesanti non rientra automaticamente in tabella, e dunque grava sul lavoratore dimostrare che la patologia sia connessa alla lavorazione.

L’appello dell’Inail risulta pertanto fondato.

La Corte d’Appello di Reggio Calabria, sull’appello proposto dall’Inail contro il lavoratore, avverso la sentenza del Giudice del lavoro di Reggio Calabria n° 770 pronunciata in data 14 maggio 2019, accoglie l ‘appello e, in riforma della sentenza impugnata, rigetta la domanda del lavoratore.

Avv. Emanuela Foligno

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