In tema di lottizzazione abusiva, la effettiva ed integrale eliminazione di tutte le opere eseguite in attuazione dell’intento lottizzatorio, se dimostrata in giudizio ed accertata in fatto dal giudice del merito con congrua motivazione, rende superflua la confisca
Il reato di lottizzazione abusiva
La Corte di Appello di Salerno aveva confermato la confisca delle aree abusivamente lottizzate e degli immobili ricadenti sulle stesse, disposta dal giudice di primo grado a carico dell’imputato, ritenuto responsabile del reato di lottizzazione abusiva.
Contro tale pronuncia la difesa aveva proposto ricorso per Cassazione lamentando, con un unico motivo, la violazione di legge ed il vizio di motivazione, poiché la decisione impugnata non aveva tenuto conto del fatto che l’imputato avesse provveduto al ripristino dell’originario assetto dei luoghi attraverso la demolizione di tutte le opere abusive realizzate oggetto di contestazione e ciò anche in seguito ad un provvedimento dello stesso Tribunale, che aveva consentito l’accesso ai luoghi in sequestro per provvedere all’eliminazione dei manufatti.
Precisava, poi, che l’amministrazione comunale aveva formalmente autorizzato la demolizione delle opere abusive al fine di riportare i luoghi nella situazione preesistente e che la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici aveva comunicato una presa d’atto dell’autorizzazione comunale con la quale veniva autorizzata la rimozione delle opere abusive realizzate.
L’eliminazione delle opere abusive
Tutta la documentazione era stata prodotta nel corso del giudizio di primo grado, dando così dimostrazione della compatibilità del ripristino dello stato dei luoghi con l’interesse pubblico e di essere stata eliminata ogni turbativa dell’attività di tutela del territorio, della pianificazione urbanistica e della tutela ambientale provocata dall’intervento lottizzatorio.
Ad avviso della difesa l’autorizzazione al ripristino costituisce manifestazione di volontà dell’ente e rientra negli atti di pianificazione territoriale edilizia, urbanistica ed ambientale e, a tal riguardo, precisava che il ripristino eseguito era stato comunque più efficace rispetto ad un’eventuale autorizzazione in sanatoria a lottizzare, avendo di fatto attuato in pieno la tutela perseguita dalla norma, con la conseguenza che, a fronte di tale situazione, i giudici del merito avrebbero dovuto eliminare la disposta confisca.
In altre parole, la questione che prospettava il ricorrente era quella della legittimità della confisca in presenza dell’integrale ripristino della situazione antecedente all’intervento lottizzatorio abusivo, effettuato attraverso la demolizione di tutte le opere realizzate, la stipula di atti notarili finalizzati alla eliminazione delle conseguenze delle pregresse alienazioni, nonché la completa ricomposizione fondiaria e catastale tale da far venire meno le conseguenze del precedente frazionamento.
A tal riguardo, i giudici di merito avevano escluso che l’attività ripristinatoria appena descritta potesse consentire la revoca della confisca.
Invero, il Supremo Collegio ha rilevato che, in linea generale, la giurisprudenza di legittimità ha sempre escluso la possibilità di una sanatoria produttiva di effetti estintivi rispetto al reato di lottizzazione abusiva la quale, infatti, non è prevista dalla legge, riconoscendo tuttavia la possibilità che alcuni provvedimenti adottati dall’autorità amministrativa prima del passaggio in giudicato della sentenza, comportino, quale conseguenza, se legittimamente emanati, l’impossibilità per il giudice di disporre la confisca, perché l’autorità amministrativa competente, riconoscendo ex post la conformità della lottizzazione agli strumenti urbanistici generali vigenti sul territorio, ha inteso evidentemente lasciare il terreno lottizzato alla disponibilità dei proprietari, rinunciando implicitamente ad acquisirlo al patrimonio indisponibile del Comune (Sez. 3, n. 23154 del 18/5/2006).
Dopo il passaggio in giudicato, invece, si è ritenuto che l’amministrazione comunale conservi, ovviamente, la piena ed incondizionata potestà di programmazione e di gestione del territorio, dovendosi però escludere che il successivo adeguamento degli immobili acquisiti agli standard urbanistici già vigenti ovvero l’adozione di nuovi strumenti urbanistici integri una fonte di retro-trasferimento della proprietà in favore dei privati già destinatari dell’ordine di confisca, pur restando la possibilità, qualora ragioni di opportunità e di convenienza consiglino di destinare l’area lottizzata alla edificazione, che l’amministrazione decida di non esercitare in proprio le iniziative edificatorie e di non conservare la proprietà sui terreni e sui manufatti che eventualmente vi insistono, facendo ricorso ad atti contrattuali volontari ed a titolo oneroso che trasferiscano la proprietà a tutti o parte dei precedenti proprietari (Sez. 3, n. 34881 del 22/4/2010).
Il principio di diritto
Nello stesso senso hanno concluso altre sentenze della Suprema Corte; e, in definitiva è stato affermato il seguente principio di diritto: “in tema di lottizzazione abusiva, la effettiva ed integrale eliminazione di tutte le opere eseguite in attuazione dell’intento lottizzatorio, nonché dei pregressi frazionamenti, con conseguente ricomposizione fondiaria e catastale nello stato preesistente ed in assenza di definitive trasformazioni, se dimostrata in giudizio ed accertata in fatto dal giudice del merito con congrua motivazione, rende superflua la confisca perché misura sproporzionata secondo i parametri di valutazione indicati dalla giurisprudenza della Corte EDU”.
Facendo applicazione di tali principi di diritto, i giudici del merito avrebbero dovuto dunque accertare in fatto se l’attività ripristinatoria fosse stata effettiva ed integrale, adottando le conseguenti determinazioni con adeguata e congrua motivazione.
Per queste ragioni la Cassazione (Terza Sezione Penale, sentenza n. 12640/2020) ha disposto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Napoli per nuovo giudizio.
Avv. Sabrina Caporale
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