La Ctu che di seguito si riporta evidenzia come il potere del Ctu sia senza limiti o forse come i Giudici non abbiano a cuore le sorti della giustizia. Certo, questa consulenza avviene in un ricorso 696bis, ma mi son chiesto sempre: il giudice non deve controllare anche in questo particolare tipo di ricorso l’operato del Ctu in considerazione del potere e dell’obbligo che quest’ultimo ha di tentare una conciliazione?
Ma se il Ctu fa “come gli pare” e non rispetta il contraddittorio è giusto che si possa archiviare questo caso o non sarebbe meglio sostituire un Ctu?
Beh, leggete tutti e per favore non …terrorizzatevi!
Causa ex art. 696 bis c.p.c. relazione di consulenza tecnica preventiva a fini conciliativi collegiale chirurgica vascolare e medico legale in tema di valutazione del danno da prospettata responsabilità professionale sanitaria.
Nella causa ex art. 696 bis c.p.c. rubricata al n° xxxx/2014 promossa da M. P., C.A., C. E., con gli avv.ti G.P. e F. C. – ricorrente – Contro Istituto di Cura “XX”, in persona del proprio l.r.p.t. Prof. G. P., Casa di Cura “XX” in persona del proprio l.r.p.t. Dott. P. B. – resistente.
- PREMESSA
I sottoscritti Dr. MPV – Responsabile S.S.D. di Chirurgia Generale ad indirizzo vascolare dell’Azienda Ospedaliera di M., E Dott. E.M., specialista in Medicina Legale e delle Assicurazione, Dottore di Ricerca in Scienze Medico Forensi sono stati nominati consulenti tecnici di Ufficio Dott. L.C.
- ESAME DEI FASCICOLI PROCESSUALI
Dall’esame degli atti e dei documenti ad essi allegati emergono i seguenti dati salienti: Paziente : Sig. CR, nato il 04.02.1958
10/12/2009: Visita diabetologica eseguita presso la XX di SSS: ”recidiva di ischemia critica arto inferiore destro con lesione interdigitale clinicamente non infetta, ma ischemica…si pone indicazione a nuovo ricovero presso ICCP di XX per rivalutazione angiografica….”
14.12.2009 ore 07.30:Il paziente viene ricoverato in regime ordinario programmato presso il reparto di Chirurgia Vascolare III dell’Istituto di Cura XX con diagnosi di accoglimento “arteriografia”.
L’anamnesi patologica remota riporta:
- “2004 angioplastica coronarica
- 2005 duplice by-pass aortocoronarico
- Ipertensione arteriosa
- AOCP Stadio IV sec. Leriche-Fontaine a.i.dx
- 2009 versamento saccato pleurico drenato chirurgicamente
- Diabete mellito tipo II
- Insufficienza renale terminale cronica in trattamento emodialitico dal 2003
- Dal 2006 numerose PTA (vedi allegato) arti inferiori”
L’anamnesi patologica prossima riporta:
“…sottoposto a numerosi interventi di PTA agli arti inferiori. Il paziente riferisce la comparsa di ulcera a livello del II-III dito piede dx.”
Stadiazione: ST IV dx.
L’esame obiettivo generale riporta: “facies composita, sensorio integro, FC=68, PA=120/80, eupnoico, suono chiaro polmonare, soffio sistolico carotideo bilaterale intensità 1, soffio cardiaco 2-3/6 su tutti i focolai, addome trattabile, non dolente, non dolorabile alla palpazione….”
L’esame obiettivo degli arti inferiori riporta:
arto inferiore destro: “cute discromica, necrosi III dito”
Sinossi arti inferiori e consulenza anestesiologica non compilate.
Il diario clinico riporta:
14/12/09: “…………………..si ricovera il paziente per essere sottoposto ad arteriografia selettiva arto inferiore ed eventuale PTA…..affetto da insufficienza renale cronica terminale, cardiopatia ischemica, AOCP già sottoposta a procedure multiple di PTA bilaterale………………”
Certificato datato 14/12/09 all’attenzione dei colleghi cardiologi:
“….in anamnesi, ipertensione arteriosa, insufficienza renale cronica terminale in trattamento emodialitico dal 2003, nel 2004 intervento di angioplastica per cardiopatia ischemica, successivamente nel 2005 intervento di duplice by-pass aortocoronarico; dal 2006 interventi multipli di PTA agli arti inferiori bilateralmente, amputazione piede sinistro e disarticolazione I dito piede dx in diabete mellito……..”
Sono allegati alla cartella clinica:
- Modulo di “informazioni sull’esame angiografico degli arti inferiori ed eventuale angioplastica” firmato dal paziente in data 14.12.09 e dal Dr. JC in data 15.12.09
- Modulo con esame obiettivo vascolare dell’arto inferiore destro firmato in data 15.12.09 dal Dr. JC.
- Modulo “Atto di consenso all’esame angiografico degli arti inferiori ed eventuale angioplastica” firmato in data 14/12/09 dal paziente e in data 15/12/09 dal Dr. JC
15.12.09 ore 9.00: “PA 140/70, T corporea 37.2°c……”Angiografia arto dx (4F), PTA FS/pop/TTP/peroniera (palloncino medicato)……… clexane 2000 x 2 per 3 gg…
Ore 17.45 – 18-45: Verbale operatorio del 15.12.2009 n° procedura 446: inizio intervento 17.45, fine intervento 18.45. Procedura: angiografia arto inf dx. PTA con drug eluting balloon tronco tibio peroneo (paclitaxel) e origine femorale superficiale. “dopo accesso omolaterale…. lesioni stenotiche all’origine della femorale superficiale intrastent e della poplitea con stenosi limitata al 50%, lesione serrata del tronco tibioperoneo e dell’origine della peroniera. Angioplastica femorale, angioplastica tronco tibioperoneo e peroniera con palloncino medicato. Dr. J C”
15/12/09 ore 19.30: “Rientra in reparto.”
16/12/09 ore 9.15: “PA 160/80. Apiretico (37.6°C). ….ha riposato durante la notte………….. Piede destro caldo; riferisce miglioramento della sintomatologia algica rispetto al ricovero…………..”
17/12/09 ore 6.00: “…… riferisce dolore all’arto inferiore destro a livello di gamba datante da circa tre ore…………ipotermia dell’arto rispetto al controlaterale…………mantenimento dell’arto in posizione declive antalgica. Si avverte il responsabile di U.O………….Toradol 1 f i.m.”
17/12/09 ore 7.30 dal diario infermieristico: “…..viene visto dal P. M…che prescrive clexane 4000 1 fl. S.c……iniziata infusione con prostavasin 60 mg 1 fl in 250 cc fisiologica in 5 ore……contramal+plasil
17/12/09 ore 11.05: ecodoppler arterioso arto inferiore destro: pervietà della femorale comune, occlusione della femorale superficiale a circa 4 dita dalla piega inguinale….(illeggibile) alla poplitea.
17/12/09 ore 11.30: “si decide di sospendere la dimissione del paziente e si programma per domani mattina procedura angiografica AI sin+ eventuale PTA………….
Terapie prescritte 14/12/09 – 17/12/09
Esomeprazolo, Clonidina, Sevelamer, Barnidipina, Atenololo, Cardioasa, Ticlopidina Cinacalcet, Oxatomide, Sertralina, Alprazolam, Humalog, Clexane, Prostavasin, Contramal, Temgesic.
18/12/09: “PA110/65, apiretico, riferisce di aver riposato durante la notte…..programmato per la tarda mattinata esame angiografico……”
Sono presenti in cartella clinica:
Modulo di “informazioni sull’esame angiografico degli arti inferiori ed eventuale angioplastica” firmato dal paziente in data 18.12.09 e dal Dr. JC in data 18.12.09
Modulo con esame obiettivo vascolare dell’arto inferiore destro firmato in data 18.12.09 dal Dr. JC.
Modulo “Atto di consenso all’esame angiografico degli arti inferiori ed eventuale angioplastica” firmato in data 18/12/09 dal paziente e in data 18/12/09 dal Dr. JC
18/12/09: “angiografia arto sn e dx con accesso sin 4f. Occlusione femorale per op 3000 U ep, 15 cc Nifedicor, ½ fiala catapresan. Lasciare compressione fino a trasferimento. Avanti con clexane 2000 x 2 e ticlid/aspirina.”
Verbale operatorio del 18.12.2009 n° procedura 454: inizio intervento 13.00, fine intervento non indicato. Procedura: tentativo di disostruzione femorale superficiale destra.
“Dopo accesso femorale destro….occlusione totale della femorale superficiale dal suo tratto prossimale al suo tratto distale con rivascolarizzazione della poplitea sotto l’endoprotesi femorale. Pervietà del tronco tibio-peroneo e della peroniera con occlusione tibiale posteriore ed anteriore. A sn. Polistenosi della femorale con malattia diffusa della femorale superficiale, stenosi della poplitea media e pervietà alla gamba della tibiale posteriore. Dr. J C”
Descrizione intervento: “pz con trombi sulla femorale superficiale. Si esegue angiografia arto inf ds. Il pz va in dialisi poi in altra sede per by pass….”.
18/12/09 ore 14.00: Dal diario infermieristico: “.tentativo vano di PTA”
19/12/09 “ore 01.00. Lamenta forte dolore all’arto inferiore destro. Si somministra Temgesic 1 f i.m.”
19/12/09: “paz. Apiretico. Ha lamentato dolore all’arto inferiore destro durante la notte, viene tolta la medicazione compressiva……………………..la gamba e il piede risultano fredde, viene trasferito alla XX di SSS presso Chir. Vascolare. h 11.
Lettera di dimissione: “….diagnosi di: AOCP stadio IV sec. Leriche-Fontaine AI destro (necrosi del III dito del piede destro in paziente con angiopatia diabetica………..In data 18/12/09 viene sottoposto ad ulteriore procedura endovascolare per tentativo di disostruzione arteria femorale superficiale senza successo……..Si rimanda il pz al proprio centro di riferimento per ulteriori accertamenti. Terapia consigliata: clonidina 150, esomeprazolo, barnidipina cloridrato, sertralina 50, alprazolam, cardioaspirin 100, ticlopidina, atenololo, cinacalcet cloridrato, oxatomide, sevelamer 800, humalog mix, humalog rapida”
19/12/2009 ore 13.23 Ricovero presso Chirurgia Vascolare XX S.p.A. in regime d’urgenza con diagnosi di “ischemia subacuta arto inferiore destro con necrosi infetta III dito piede destro, in recente PTA/stent della femorale superficiale destra.”
Terapia: Lucen, Catapresan, Carioasa, Tiklid, Mimpara, renagel o Zenagel800, Zolopt 50, Xanax, Humalog, contramal.
E.O. “….arto inf.destro :arto ipotermico, presente solo il polso femorale.
Ore 19.30 Da termografica T=38.5
20/12/2009 Ore 7.10: “cardiologo:.precordialgia dalle ore 6……..T=38.8°c con sudorazione profusa, FC 105……….perfalgan ½ fl, Flectadol ½ f + illeggibile
Ore 7.52: GB=14.9 Ore12.39: GB=17.8
Ore 11.00: “ in considerazione dell’aumento di T, aumento GB, dolore non controllabile, l’intervento di rivascolarizzazione risulta assolutamente indifferibile.
Ore 14-16: “eseguito trattamento emodialitico……….nel corso del trattamento T fino a
39°c….perfalgan 1g + flectadol 1 f+antra…………a fine dialisi…………ciprofloxacina 200 mg 1 x2, Tazocin 4.5 ½ f x 3/die…” Inizia terapia con ciproxin, tazocin.
Ore 17.15 – 22.00 Intervento chirurgico: by-pass femoro-tronco tibio-peroniero destro in safena invertita, asportazione chirurgica III dito piede destro.
Ore 22.00: “si ricovera in terapia intensiva……………………..by-pass femoro-popliteo e disarticolazione III dito piede destro.
22/12/2009 “T° 37-37.5-36.8………….periferia perfusa..si dimette in reparto”.
Diaria reparto: “PA 120/70, FC=70………by-pass pulsante…”
22/12/09: By-pass pervio, arto normotermico, ap…………….. Eseguita seduta emodialitica.
Ore 18.00: “T=38.5, perfalgan ev………contattare anestesista ….domani mattina…….prima di entrare in s.op.”
23/12/2009 Ore 10.00 “in attesa rivalutazione anestesiologica.”
Visita diabetologica: “…….fascite infetta plantare, presenza di stato settico con febbre…. leucocitosi in salita. Si ritiene indicato intervento di……..chirurgica non differibile visto il quadro settico in evoluzione.
Anestesista: “paziente ad altissimo rischio operatorio……………urgente e non differibile “quoad vitam”.”
Ore 13.00-14.00 Intervento chirurgico in regime d’urgenza: amputazione transmetatarsale di Chopart piede destro.
Sono allegati alla cartella clinica:
Modulo di consenso informato al trattamento chirurgico di by pass femoro-popliteo BK destro datato 19/12/2009: firmato dal paziente e dal Sanitario ; Modulo di consenso informato all’emotrasfusione datato 20/12/2009 sottoscritto dal Paziente e dal Medico; Modulo di consenso all’anestesia datato 20/12/2009: firmato dal Paziente e dal Medico Modulo di consenso all’intervento di drenaggio di flemmone datato 23/12/2009 sottoscritto dal Paziente e dal Medico, compilato solo in parte.
24/12/2009 ore 8.30 “….tranquillo, dolore assente……..”
Ore 10.45 Diario clinico reparto: “…..rientra….by-pass pulsante”
Ore 12.00 Visita diabetologica”….lembo plantare ischemico….eventuale terapia con alprostar…..”
Ore 12,30: visita cardiologica “…una eventuale terapia con alprostar potrebbe risostenere una sindrome ischemica miocardica… controindicazione relativa a tale terapia. Seduta emodialitica.
25/12/2009: ..si medica il moncone che appare ischemico in sede di sutura…..”
26/12/2009: “ segni di sofferenza ischemica a livello della rima di sutura”
27/12/2009: Seduta emodialitica
“…medicazione in ordine. Non particolari dolori”
28/12/2009: “…..il moncone appare ischemico…………si pone indicazione ad amputazione di gamba destra”
29/12/2009
Ore 12.10 seduta emodialitica
Ore 14.15 – 14.45 Intervento chirurgico: amputazione di gamba destra
Sono presenti in cartella clinica: Modulo di consenso informato all’intervento di amputazione della gamba destra datato 29/12/2009: firmato dal Paziente e dal Medico; Modulo di consenso all’anestesia datato 29.12.2009 firmato dal Paziente e dal Medico.
30/12/2009: Si dimette dalla terapia intensiva e rientra in reparto
31/12/2009: “…..si medica.non segni di infezione…(WBC=20.000), si modifica la terapia antibiotica…”
5/1/2010: “Va bene. Dimesso nel pomeriggio”.
10/01/13-20/01/2013 ricovero presso IRCCS XX di SSS per deiscenza moncone di amputazione gamba destra : sottoposto il 15/01 ad intervento di revisione del moncone.
OPERAZIONI DI CONSULENZA TECNICA
Le operazioni di consulenza tecnica hanno avuto inizio in data presso lo studio del CTU Dott. E.M. sito in Milano.
Si riporta di seguito il verbale di tale incontro.
Verbale di seduta di CTU del 03 febbraio 2015
In data odierna hanno inizio le operazioni di CTU presso lo studio del CTU Dott.ssa M. sito in Milano
Il CTU Dott. M. dà atto di essere stata contattata dal CTP Dott. Mi. il quale le ha fatto presente la propria impossibilità a presenziare in data odierna per concomitanti impegni professionali in altra sede e di riservarsi di far pervenire ai CTU sue eventuali osservazioni.
Si ripercorre la storia clinica del caso. I CTU ascoltano i CTP e li invitano alla conciliazione tecnica della vertenza.Successivamente all’inizio delle operazioni vi è stato un confronto fra le Parti nell’ottica di un tentativo di conciliazione che si sintetizza nei suoi passi fondamentali come segue :
Il Dott…. faceva pervenire ai CTU la seguente proposta tecnica :
Gentili CTU e CTP,
facendo seguito alla discussione medico legale e alle ipotesi espresse in sede di operazioni peritali, i sottoscritti, acquisito il benestare da parte dei loro referenti ed a puro fine conciliativo, pur escludendo ogni responsabilità nei confronti della Struttura e dei Sanitari resistenti, si rendono disponibili a riconoscere un danno biologico del 10%, da dividere in pari misura tra le due Strutture Sanitarie resistenti (5% ICCP e 5% XX). Trattasi di valutazione che si riferisce a “perdita di chances” del 20% rispetto alla amputazione di gamba (50%) in soggetto deceduto il 27.10.2013 per motivi indipendenti da quelli di causa.
I CT per Istituto Clinico Xx
Alla stessa la Parte Ricorrente rispondeva nei seguenti termini:
Cari colleghi vi rimetto non solo le note che avevo mandato all’avvocato Carraro dove vengono espressi i pensieri del sottoscritto e del prof. Caselli a riguardo del caso C. vs Xx+altri. In base alle note inviate al legale e al contraddittorio avuto in sede di operazioni peritali a riguardo della potenziale proposta transattiva, l’avvocato mi propone quanto segue che vi giro in attesa di ulteriori proposte da parte dei colleghi.
Egr. Dr. Galipò
Il danno del 10% da calcolarsi come differenziale sopra il 40esimo punto delle tabelle milanesi vale 118.282,00 [376.249,00 (50%) – 257.967,00 (405)]. Come da Lei sostenuto il danno vale in realtà un 50% da calcolarsi sopra un 25% cioè 598.409,00 [703.742,00 (75%) – 105.333,00 (25%)]. Propongo di chiudere, in una chiave transattiva, con una mediana tra le due valutazioni cioè 358.345,00. Le chiedo gentilmente di vagliare la disponibilità transattiva avversaria nei termini che precedono. La ringrazio e porgo cordiali saluti.
Avv. Francesco Carraro
L’Egr. Avv. D.P. alla proposta dei Ricorrenti dava la seguente risposta:
Gentilissima Dottoressa,
il conteggio eseguito dal Collega Carraro si discosta significativamente dagli intendimenti emersi in sede di operazioni peritali e che erano state condivise anche dal nostro consulente di parte. Non ritengo dunque sia possibile addivenire ad una soluzione transattiva sulla base della predetta quantificazione. Fatti salvi tutti i diritti, ivi compreso quello di agire in regresso nei confronti del medico chiamato in causa.
Con i migliori saluti.
Successivamente perveniva ai CTU la richiesta da Parte dell’Egr. Dott. Galipò di un ulteriore incontro per esperire un ulteriore tentativo di conciliazione. Considerato l’insuccesso del tentativo già esperito, la inconciliabilità delle Parti sui profili di responsabilità sanitaria e i termini a disposizione dei CTU, gli stessi non hanno ritenuto di accogliere la richiesta del Dott. Galipò di un ulteriore incontro che nulla avrebbe aggiunto al primo e hanno proceduto alla stesura della presente relazione.
OSSERVAZIONI
Trattasi di un paziente di anni 51 ricoverato in data 14.12.2009 in regime ordinario presso il reparto di Chirurgia Vascolare III dell’Istituto di Cura Xx con diagnosi di accoglimento “arteriografia” su indicazione dello specialista diabetologo della XX di SSS. 13
(10/12/2009 visita diabetologica eseguita presso la XX di SSS: “recidiva di ischemia critica arto inferiore destro con lesione interdigitale clinicamente non infetta, ma ischemica…si pone indicazione a nuovo ricovero presso ICCP per rivalutazione angiografica….”)
L’anamnesi patologica remota evidenzia il quadro clinico di un paziente panvasculopatico diabetico insulino dipendente dall’età giovanile, in trattamento emodialitico cronico con lesione gangrenosa da ischemia cronica al piede destro, già sottoposto in precedenza a numerosi interventi di rivascolarizzazione sia coronarica che periferica.
(“2004 angioplastica coronarica, 2005 duplice by-pass aortocoronarico, Ipertensione arteriosa, AOCP Stadio IV sec. Leriche-Fontaine a.i.dx, 2009 versamento saccato pleurico drenato chirurgicamente, Diabete mellito tipo II, Insufficienza renale terminale cronica in trattamento emodialitico dal 2003, Dal 2006 numerose PTA (vedi allegato) arti inferiori; l’esame obiettivo degli arti inferiori evidenzia la presenza di lesioni discromiche della gamba con necrosi del III dito del piede destro).
In pratica il paziente può essere classificato come cardiopatico, diabetico insulino dipendente, in insufficienza renale cronica terminale affetto da piede diabetico destro e classificato come Stadio IV secondo la classificazione di Leriche-Fontaine o meglio come G2-C6 secondo la classificazione di Rutheford- Becker o 3C secondo la classificazione della Texas University (trattasi per tutte e tre le classificazioni indicate degli stadi più gravi).
Il paziente viene ricoverato per essere sottoposto ad un ulteriore intervento di rivascolarizzazione dell’arto inferiore destro come ben risulta dal diario clinico (14.12.09: “…si ricovera il paziente per essere sottoposto ad arteriografia selettiva arto inferiore ed eventuale PTA…affetto da insufficienza renale cronica terminale, cardiopatia ischemica, AOCP già sottoposta a procedure multiple di PTA bilaterale…”).
I relativi moduli di consenso informato risulta idonei ed adeguati, in quanto chiari ed esaustivi, datati e sottoscritti sia dal Paziente che dal Medico.
Il giorno successivo il paziente viene sottoposto ad intervento endovascolare di angioplastica con pallone “medicato” dell’asse femoro-popliteo-tibiale destro. La descrizione dell’intervento i “devices” utilizzati e i tempi operatori indicano una procedura corretta sia nelle modalità che nei tempi operatori.
(Verbale operatorio del 15.12.2009 n° procedura 446: inizio intervento 17.45, fine intervento 18.45. Procedura: angiografia arto inf dx. PTA con drug eluting balloon tronco tibio peroneo (paclitaxel) e origine femorale superficiale. “dopo accesso omolaterale….lesioni stenotiche all’origine della femorale superficiale intrastent e della poplitea con stenosi limitata al 50%, lesione serrata del tronco tibio-peroneo e dell’origine della peroniera. Angioplastica femorale, angioplastica tronco tibio-peroneo e peroniera con palloncino medicato. Dr. J C.”).
L’immediato decorso post-operatorio risulta nella norma.
(15/12/09 ore 19.30:“Rientra in reparto.” 16/12/09 ore 9.15 “PA 160/80. Apiretico (37.6°C). .ha riposato durante la notte…………..Piede destro caldo; riferisce miglioramento della sintomatologia algica rispetto al ricovero…………..”)
La complicanza post-operatoria insorge il 17/12/09 in seconda giornata nelle prime ore del mattino e i provvedimenti terapeutici per ridurre il dolore e migliorare la vascolarizzazione dell’arto e le procedure diagnostiche vengono presi in un breve lasso di tempo e appaiono corretti così come corretta appare la decisione di sottoporre il paziente ad una nuova arteriografia per una eventuale “re-do pta”.
(17/12/09 ore 6.00:“…… riferisce dolore all’arto inferiore destro a livello di gamba datante da circa tre ore.ipotermia dell’arto rispetto al controlaterale…mantenimento dell’arto in posizione declive antalgica. Si avverte il responsabile di U.O….Toradol 1 f i.m.”. ore 7.30 dal diario infermieristico: “…..viene visto dal P. M…che prescrive clexane 4000 1 fl. S.c……iniziata infusione con prostavasin 60 mg 1 fl in 250 cc fisiologica in 5 ore……contramal+plasil. ore 11.05:
ecodoppler arterioso arto inferiore destro: pervietà della femorale comune, occlusione della femorale superficiale a circa 4 dita dalla piega inguinale….(illeggibile) alla poplitea.)
Fra le terapie prescritte non risulta la somministrazione di terapia antibiotica anche se non viene segnalata la presenza di iperpiressia o di segni clinici di infezione.
(Terapie prescritte 14/12/09 – 17/12/09: Esomeprazolo, Clonidina, Sevelamer, Barnidipina, Atenololo, Cardioasa, Ticlopidina, Cinacalcet, Oxatomide, Sertralina, Alprazolam, Humalog, Clexane, Prostavasin, Contramal, Temgesic).
In data 18/09/12 il paziente viene sottoposto ad un nuovo esame arteriografico e in cartella clinica sono presenti i moduli di consenso all’esame angiografico che risultano idonei ed adeguati in quanto chiari ed esaustivi.
(18/12/09“PA110/65, apiretico, riferisce di aver riposato durante la notte…..programmato per la tarda mattinata esame angiografico……”)
Il verbale del secondo intervento appare correttamente compilato e firmato e con chiara indicazione all’esecuzione di un by-pass femoro-tibiale per la presenza di un quadro complesso di multiple lesioni con trombi sulla femorale superficiale con conseguente tentativo infruttuoso di disostruzione.
(18/12/09“angiografia arto sn e dx con accesso sin 4f. Occlusione femorale per op 3000 U ep, 15 cc Nifedicor, ½ fiala catapresan. Lasciare compressione fino a trasferimento. Avanti con clexane 2000 x 2 e ticlid/aspirina.”
Verbale operatorio del 18.12.2009 n° procedura 454: inizio intervento 13.00, fine intervento non indicato. Procedura: tentativo di disostruzione femorale superficiale destra.
“dopo accesso femorale destro….occlusione totale della femorale superficiale dal suo tratto prossimale al suo tratto distale con rivascolarizzazione della poplitea sotto l’endoprotesi femorale. Pervietà del tronco tibio-peroneo e della peroniera con occlusione tibiale posteriore ed anteriore. A sn. Polistenosi della femorale con malattia diffusa della femorale superficiale, stenosi della poplitea media e pervietà alla gamba della tibiale posteriore. Dr. J C” Descrizione intervento:” pz con trombi sulla femorale superficiale. Si esegue angiografia arto inf ds. Il pz va in dialisi poi in altra sede per by pass….”)
Nella notte del 18/12 il quadro clinico peggiora e alle ore 11.00 del 19/12 il paziente viene trasferito e ricoverato in regime d’urgenza presso la Chirurgia Vascolare della XX di SSS con diagnosi di “ischemia subacuta arto inferiore destro con necrosi infetta III dito piede destro, in recente PTA/stent della femorale superficiale destra.”
La terapia consigliata include: gastroprotettore, antiipertensivi, antiaggreganti, farmaci specifici per il trattamento dialitico, insulina, antidolorifici e antidepressivi. Non sono segnalati antibiotici.
(19/12/09 ore 01.00 Lamenta forte dolore all’arto inferiore destro. Si somministra Temgesic 1 f i.m. 19/12/09“paz. Apiretico. Ha lamentato dolore all’arto inferiore destro durante la notte, viene tolta la medicazione compressiva……………………..la gamba e il piede risultano fredde, viene trasferito alla XX di SSS presso Chir. Vascolare. h 11. Lettera di dimissione:“….diagnosi di: AOCP stadio IV sec. Leriche- Fontaine AI destro (necrosi del III dito del piede destro in paziente con angiopatia diabetica… In data 18/12/09 viene sottoposto ad uleriore procedura endovascolare per tentativo di disostruzione arteria femorale superficiale senza successo… Si rimanda il pz al proprio centro di riferimento per ulteriori accertamenti. Terapia consigliata: clonidina 150, esomeprazolo, barnidipina cloridrato, sertralina 50, alprazolam, cardioaspirin 100, ticlopidina, atenololo, cinacalcet cloridrato, oxatomide, sevelamer 800, humalog mix, humalog rapida”.)
All’atto del ricovero presso la XX viene instaurata una politerapia: con gastroprotettore, antiipertensivi, antiaggreganti, farmaci specifici per il trattamento dialitico, insulina, antidolorifici e antidepressivi. Non sono segnalati antibiotici.
Il quadro clinico segnala l’ipotermia dell’arto e l’iperpiressia.
19/12/2009 ore 13.23 Ricovero presso Chirurgia Vascolare XX S.p.A. in regime d’urgenza con diagnosi di “ischemia subacuta arto inferiore destro con necrosi infetta III dito piede destro, in recente PTA/stent della femorale superficiale destra.” (Terapia: Lucen (esomeprazolo gastroprotettore), Catapresan (Clonidina Cloridrato antiipertensivo),
Cardioasa (aspirina antiaggregante), Tiklid (ticlopidina antiaggregante), Mimpara (cinacalcet ipocalcemizzante), Renagel 800 (Sevelamer Cloridrato ipofosfatemizzante),
Zoloft 50( Sertralina cloridrato antidepressivo) , Xanax (Alprazolam antidepressivo), Humalog (insulina), contramal (tramadolo antidolorifico.
E.O. “….arto inf.destro :arto ipotermico, presente solo il polso femorale. Ore 19.30 Da termografica T=38.5)
Il giorno successivo, 20/12/09, a causa del peggioramento delle condizioni cliniche con aumento dell’iperpiressia, incremento della sintomatologia algica e del quadro di leucocitosi l’intervento chirurgico viene considerato assolutamente indifferibile e viene eseguito nel pomeriggio al termine della seduta dialitica programmata durante la quale viene instaurata la terapia antibiotica.
(20/12/2009Ore 7.10: “cardiologo:.precordialgia dalle ore 6……..T=38.8°c con sudorazione profusa, FC 105……….perfalgan ½ fl, Flectadol ½ f + illeggibile Ore 11.00: “ in considerazione dell’aumento di T, aumento GB, dolore non controllabile, l’intervento di rivascolarizzazione risulta assolutamente indifferibile.
Ore 14-16: “eseguito trattamento emodialitico……….nel corso del trattamento T fino a 39°c….perfalgan 1g + flectadol 1 f+antra…………a fine dialisi…………ciprofloxacina 200 mg 1 x2, Tazocin 4.5 ½ f x 3/die…” Inizia terapia con ciproxin, tazocin.)
L’intervento chirurgico di by-pass femoro-tibiale destro e disarticolazione del III dito viene eseguito nel pomeriggio; l’immediato decorso post-operatorio appare nella norma e in data 22/12 il paziente rientra in reparto dalla terapia intensiva. È in atti il modulo di consenso informato all’intervento sottoscritto dal Paziente e dal Medico che è idoneo ed adeguato in quanto chiaro ed esaustivo.
(Ore 17.15 – 22.00 Intervento chirurgico: by-pass femoro-tronco tibio-peroniero destro in safena invertita, asportazione chirurgica III dito piede destro. Ore 22.00: “si ricovera in terapia intensiva… by-pass femoro-popliteo e disarticolazione III dito piede destro. 22/12/2009 “T° 37-37.5-36.8………….periferia perfusa..si dimette in reparto”. Diaria reparto: “PA 120/70, FC=70………by-pass pulsante…”)
In data 22/10/09 il decorso appare regolare con buona pervietà del by-pass, ma alle ore 18.00 viene segnalata l’intenzione di portare il paziente in sala operatoria la mattina successiva (22/12/09By-pass pervio, arto normotermico, Ore 18.00: “T=38.5, perfalgan ev………contattare anestesista ….domani mattina…….prima di entrare in s.op.”)
In data 23/12/09 il diabetologo consiglia l’intervento di demolizione dell’avampiede destro in considerazione dell’evoluzione settica della lesione. L’intervento viene eseguito nel primo pomeriggio.
In cartella clinica è presente il modulo di consenso informato all’intervento chirugico che, pur non completamente compilato, risulta comunque sufficientemente chiaro ed esaustivo ed è pertanto da ritenersi idoneo ed adeguato.
(23/12/2009 Ore 10.00 “in attesa rivalutazione anestesiologica.”
Visita diabetologica: “…….fascite infetta plantare, presenza di stato settico con febbre …….leucocitosi in salita. Si ritiene indicato intervento di……..chirurgica non differibile visto il quadro settico in evoluzione.
Anestesista: “paziente ad altissimo rischio operatorio……………urgente e non differibile “quoad vitam”. Ore 13.00-14.00 Intervento chirurgico in regime d’urgenza: amputazione transmetatarsale di Chopart piede destro.
Consenso informato chirurgico 19/12/2009: firmato dal pz e dal primo chirurgo
Consenso anestesiologico 22/12/2009: firmato dal pz e dall’anestesista.)
Il 24/12/09 il decorso post-operatorio immediato è complicato dall’insorgenza di ischemia del lembo plantare pur in presenza di una buona funzionalità del by-pass femoro-tibiale. Il progressivo peggioramento del quadro clinico porta all’indicazione in data 28/12/09 ad un ulteriore trattamento demolitivo di amputazione di gamba destra che viene eseguito in data 29/12/09.
(24/12/2009 ore 8.30 “….tranquillo, dolore assente……..” Ore 10.45 Diario clinico reparto:”…..rientra….by-pass pulsante” Ore 12.00 Visita diabetologica”….lembo plantare ischemico….eventuale terapia con alprostar…..”
25/12/2009..si medica il moncone che appare ischemico in sede di sutura…..”
26/12/2009“ segni di sofferenza ischemica a livello della rima di sutura”
27/12/2009.medicazione in ordine. Non particolari dolori”
28/12/2009“…il moncone appare ischemico…si pone indicazione ad amputazione di gamba destra”29/12/2009Ore 14.15 – 14.45 Intervento chirurgico: amputazione di gamba destra
Il successivo decorso post-operatorio appare nella norma fino alla dimissione avvenuta in data 5/01/10
(31/12/2009 “…..si medica.non segni di infezione…(WBC=20.000), si modifica la terapia antibiotica…”
5/1/2010“Va bene. Dimesso nel pomeriggio”.)
È in atti il modulo di consenso informato all’intervento sottoscritto dal Paziente e dal Medico che è idoneo ed adeguato in quanto chiaro ed esaustivo.
CONCLUSIONI E RISPOSTA AI QUESITI
La storia clinica consente di inquadrare il paziente come panvasculopatico diabetico, in trattamento emodialitico cronico con lesione gangrenosa da ischemia cronica al piede destro, già sottoposto in precedenza a numerosi interventi di rivascolarizzazione sia coronarica che periferica. Come indicato dalla classificazione TASC II si tratta di pazienti a prognosi generalmente infausta nel breve periodo.
“Studi osservazionali …suggeriscono che 1 anno dopo l’insorgenza della CLI, soltanto la metà circa dei pazienti sopravvive senza un’amputazione maggiore, anche se alcuni di questi hanno dolore a riposo, gangrena o ulcere (vedere sezione A). Approssimativamente il 25% muore e il 25% richiede un’amputazione maggiore. La loro prognosi è in molti casi simile a quella di alcuni tumori maligni. La diagnosi di CLI predice così una scarsa prognosi per la vita e per l’arto.”
Prognosi dei pazienti con CLI (adattata da Norgren L. et al. Inter-Society Consensus for the Management of Peripheral Arterial Disease – TASC II. Eur J Vasc Endovasc Surg 2007)
TRATTAMENTO INIZIALE DOPO UN ANNO
L’indicazione al ricovero per un ulteriore trattamento di rivascolarizzazione appare corretta in considerazione sia della storia clinica che dell’obbiettività dell’arto candidato all’intervento di rivascolarizzazione che consente di inquadrare il paziente negli stadi più avanzati delle principali classificazioni cliniche utilizzate (Fontaine, Rutheford.-Becker, Texas).
Il primo intervento endovascolare di angioplastica con pallone “medicato” dell’asse femoro-popliteo-tibiale destro appare corretto sia nelle modalità che nei tempi operatori e l’immediato decorso post-operatorio risulta nella norma. La complicanza post-operatoria immediata (seconda giornata nelle prime ore del mattino) è un evento possibile, non raro in questo tipo di procedure e non imputabile ad errori tecnici (7) e i provvedimenti terapeutici e le procedure diagnostiche appaiono corretti sia dal punto di vista temporale che procedurale, così come corretta appare la decisione di sottoporre il paziente ad una nuova arteriografia per una eventuale “re-do pta”. Fra le terapie prescritte non risulta la somministrazione di terapia antibiotica anche se non viene segnalata la presenza di iperpiressia o di segni clinici di infezione.
In data 18/09/12 il paziente viene sottoposto alla seconda procedura arteriografica. Anche in questo caso la procedura appare corretta sia temporalmente che proceduralmente, così come appare corretta l’indicazione all’esecuzione di un by-pass femoro-tibiale per la presenza di un quadro complesso di multiple lesioni con trombi sulla femorale superficiale conseguente al tentativo infruttuoso di disostruzione.
Nella notte del 18/12 il quadro clinico peggiora e alle ore 11.00 del 19/12 il paziente viene trasferito e ricoverato in regime d’urgenza presso la Chirurgia Vascolare della XX di SSS con diagnosi di “ischemia subacuta arto inferiore destro con necrosi infetta III dito piede destro, in recente PTA/stent della femorale superficiale destra.”
La terapia consigliata include: gastroprotettore, antiipertensivi, antiaggreganti, farmaci specifici per il trattamento dialitico, insulina, antidolorifici e antidepressivi. Non sono segnalati antibiotici. In questo caso la presenza di “necrosi infetta III dito piede destro” avrebbe richiesto una terapia antibiotica di protezione.
All’atto del ricovero presso la XX viene instaurata una politerapia: con gastroprotettore, antiipertensivi, antiaggreganti, farmaci specifici per il trattamento dialitico, insulina, antidolorifici e antidepressivi. Non sono segnalati antibiotici. Il quadro clinico segnala l’ipotermia dell’arto e l’iperpiressia. Anche in questo caso si segnala la carenza di una terapia antibiotica di protezione per il quadro settico. Il giorno successivo, 20/12/09, a causa del peggioramento delle condizioni cliniche viene eseguito l’intervento chirurgico di by-pass femoro-tibiale destro e disarticolazione del III dito.
Anche in questo caso la procedura appare corretta sia temporalmente che proceduralmente ed eseguita sotto copertura antibiotica. In data 22/10/09 pur in presenza di un decorso post-operatorio regolare viene segnalata l’intenzione di portare il paziente in sala operatoria la mattina successiva verosimilmente per il progredire del quadro settico locale, come confermato in data 23/12/09 dal diabetologo che consiglia l’intervento di demolizione dell’avampiede. L’intervento viene eseguito nel primo pomeriggio e anche in questo caso la procedura appare corretta sia temporalmente che proceduralmente.
Il 24/12/09 il decorso post-operatorio immediato è complicato dall’insorgenza di ischemia del lembo plantare pur in presenza di una buona funzionalità del by-pass femoro-tibiale. Il progressivo peggioramento del quadro clinico porta all’indicazione in data 28/12/09 ad un ulteriore trattamento demolitivo di amputazione di gamba destra che viene eseguito in data 29/12/09. Anche in questo caso la procedura appare corretta sia temporalmente che proceduralmente.
Il successivo decorso post-operatorio appare nella norma fino alla dimissione avvenuta in data 5/01/10.
In conclusione non si ravvisano elementi di imperizia, negligenza o imprudenza nel comportamento degli Sanitari della Casa di Cura Xx e dell’Istituto XX di SSS durante la vicenda clinica documentata in atti da cui sia derivato, in termini di maggior probabilità che non , un danno alla persona del Sig. Riccardo C. per i motivi innanzi esplicitati.
Si segnala, peraltro, che sono stati rilevati profili di negligenza nell’Operato dei Sanitari degli Enti Convenuti che non hanno, peraltro, determinato alcun danno, in termini di maggior probabilità che non, al Sig. Riccardo C. ovvero:
il ritardo procedurale fra l’insorgenza del peggioramento del quadro ischemico successivo al secondo intervento di arteriografia del 18/12/09 e l’esecuzione dell’intervento chirurgico di by-pass femoro-tibiale destro del 20/12/09. Pur biasimevole, tale ritardo non sembra essere stato determinante in quanto all’ingresso presso la XX la diagnosi era di “ischemia subacuta arto inferiore destro con necrosi infetta III dito piede destro, in recente PTA/stent della femorale superficiale destra” e non di ischemia acuta. Devono anche essere tenuti in considerazione i tempi tecnici per l’organizzazione, l’effettivo trasferimento del paziente da XX a SSS e la rivalutazione del paziente da parte dei sanitari accettanti. Si tenga infine in giusta considerazione la scelta di non intervenire direttamente, ma di trasferire il paziente presso un Centro altamente specializzato nelle rivascolarizzazioni arteriose distali nei pazienti diabetici quale quello diretto dal Dr. S.L..
il ritardo nell’instaurare una terapia antibiotica nel momento della comparsa dei segni clinici di infezione sia da parte dei sanitari della Casa di Cura Xx all’atto della dimissione, che dell’Istituto XX di SSS all’atto del nuovo ricovero. Tale ritardo di circa 24 ore dal quadro conclamato di infezione tuttavia non sembra essere determinante per l’esito infausto dei vari tentativi di rivascolarizzazione in considerazione del preesistente grave quadro clinico di ischemia cronica dell’arto inferiore in paziente diabetico, cardiopatico, vasculopatico polidistrettuale a prognosi infausta e del fatto che la terapia antibiotica si oppone alla diffusione del quadro settico, ma difficilmente può agire su un terreno ischemico che, in quanto tale, è raggiunto da una quantità insufficiente di sangue e conseguentemente da una quantità insufficiente di antibiotico che dal sangue è veicolato. Si consideri inoltre che la degenerazione settica del lembo di copertura dell’amputazione di avampiede che costrinse all’amputazione di gamba insorse nonostante la pervietà del by-pass e la corretta somministrazione della terapia antibiotica.
Per rispondere allo specifico quesito si fa presente che caso in discussione non presentava la risoluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà nel senso inteso dalla Suprema Corte.
In ultimo è da segnalare che i moduli di consenso informato allegati alle cartelle cliniche in atti sono da ritenersi idonei ed adeguati.
I CTU
Dott. M.V. – Dott.ssa E. M.
Bibliografia:
- Validation of a diabetic wound classification system. The contribution of depth, infection, and ischemia to risk of amputation. Armstrong DG, Lavery LA, Harkless LB. Diabetes Care 1998;21(5):855–9. Epub 1998/05/20. PubMedPMID: 9589255.
- Linee guida della società italiana di chirurgia vascolare endovascolare SICVE edizione 2005 online al sito SICVE
- Linee guida società italiana di angiologia e patologia vascolare SIAPAV, arteriopatie ostruttive edizione 2005 TASC II Documento di Consenso Inter Societario Trans Atlantico per il trattamento dell’arteriopatia periferica. G Ital Cardiol 2007; 8 (Suppl 2-12): 3S-71S)
- Current concepts in the surgical management of acute diabetic foot infections. La Fontaine J1, Bhavan K2, Talal TK3, Lavery LA4. Foot (Edinb). 2014 Sep;24(3):123-7. doi: 10.1016/j.foot.2014.05.003. Epub 2014 Jun 9.
- SUBINTIMAL ANGIOPLASTY OF INFRAPOPLITEAL ARTERY OCCLUSIONS IN THE TREATMENT OF CRITICAL LIMB ISCHAEMIA. SHORT-TERM RESULTS. Tartari S1, Zattoni L, Rolma G, Sacco A. Radiol Med. 2004 Sep;108(3):265-74
Queste erano le note inviate ai ccttuu prima della consegna della favolosa bozza peritale
Si discute di un paziente diabetico con IRC in trattamento dialitico. Duplice bypass coronarico. Arteriopatia ostruttiva cronica degli arti inferiori, il quale ha eseguito diverse procedure di rivascolarizzazione endovascolare negli anni precedenti.
Intervento di rivascolarizzazione avvenuto all’Istituto di Cura Città di XX nel ricovero del 14/12/2009 fino al 19/12/2009. Il ricovero avviene per eseguire arteriografia selettiva arto inferiore dx ed eventuale PTA tronco tibio-peroniero e origine arteria femorale superficiale.
Nell’esame obiettivo viene già riportata una “lesione trofica (necrosi)del terzo dito del piede dx”.
In data 15/12 viene praticata l’angiografia e l’angioplastica femorale, angioplastica del tronco tibio-peroniero e peroniero con palloncino medicato.
In seconda giornata postoperatoria alle ore 6: dolore improvviso da circa tre ore. Due ecodoppler dimostrano che si è richiuso tutto quello che era stato ricanalizzato. Si esegue tentativo endovascolare di rivascolarizzazione tardivo cioè a circa 36 ore dall’inizio della sintomatologia acuta senza risultato e si trasferisce il paziente in ambiente chirurgico dove viene eseguita una rivascolarizzazione ultratardiva con by pass femoro-tronco peroniero ad 86 ore dall’inizio dell’episodio acuto nonostante il paziente si presentasse “…agitato e sofferente, arto inferiore freddo, somministrato antidolorifico come da terapia senza beneficio” (dolore francamente ischemico). Oltre a tale grave ed ingiustificato ritardo di trasferimento in struttura adeguata che, secondo gli scriventi, andava fatto subito il 17 mattina proprio in considerazione della storia del paziente che era nota alla struttura, esiste un’altra grave negligenza dei sanitari della CdC, infatti malgrado la lesione necrotica fosse presente già all’ingresso non veniva effettuata terapia antibiotica di profilassi. Tale negligenza è stata pagata dal paziente in quanto era prevedibile che lesione necrotica poteva poi degenerare, per ischemia, in fascite e necrosi gangrenosa.
Trasportato alla Casa di Cura Xxx, veniva operato di bypass femoro- tronco tibio peroniero dx e amputazione terzo dito dopo ancora 24 ore di ritardo dall’arrivo.
Iniziava una febbre settica costante e leucocitosi, con un infezione che proseguiva in fascite (amputazione del piede il 23/12) e poi della gamba (29/12).
Non esiste evidenza di emocolture, ma solo di un esame colturale da tampone. La terapia antibiotica iniziata solo il 20 pomeriggio poco correttamente con ciproxin e tazocin (nessun farmaco per gli anaerobi tipo carbapenemici o declamo) è stata mantenuta per ben 10 giorni prima di un cambio antibiotico piu corretto in questo caso con i carbapenemici. Tale cambio doveva essere effettuato non oltre il 23/12 e avrebbe dato più chance evitato la successiva espansione flogistica alla gamba e l’amputazione della stessa.
Pertanto a carico di questi sanitari si configura la negligenza nella condotta terapeutica antibiotica oltre che dell’ulteriore ritardo di intervento.
CONCLUSIONI MEDICO LEGALI
È difficile stabilire il tempo massimo di ischemia che un muscolo è in grado di sopportare, ma è accertato che le lesioni siano ancora reversibili entro le 6 ore di ischemia, mentre non lo sono dopo 12 ore” (F.).
Si è quindi intervenuto in ritardo, senza giustificazione alcuna e mettendo a repentaglio la vita del paziente che a SSG sviluppava una sindrome coronarica acuta e un quadro settico già presente prima dell’intervento di bY-pass femoro –popliteo” (in contemporaneo al quale infatti viene eseguito …”drenaggio dell’infezione”).
Per quanto riguarda il possibile salvataggio dell’arto inf. dx, è opinione comune che “…l’elevata percentuale di salvataggio d’arto e di guarigione delle lesioni trofiche….ottenuto con il trattamento isolato della femorale superficiale, incoraggia a rivascolararizzare sempre i pazienti diabetici con ischemia critica cronica anche in presenza di un run-off estremamente scarso (un solo vaso di gamba come nel nostro caso). La sorveglianza postoperatoria e le eventuali procedure “redo”, permettono di mantenere un’elevata pervietà e di migliorare il salvataggio d’arto”. Analizzando alcune casistiche in letteratura si evince come il salvataggio d’arto a 12 mesi del 90%, e poi a 36 mesi del 77,05% (Pratesi e Pulli arteriopatie obliteranti femoro-poplitee). Comunque, analizzando il caso del sig. C., esiste una ulteriore considerazione da farsi.
Tralasciando la “legge statistica” e passando alla “probabilità logiche e razione” di cui tanto la Suprema Corte di Cassazione ha scritto, dobbiamo considerare quanto segue:
1) Il paziente era un vasculopatico cronico in dialisi da svariati anni e con una storia di ripetuti interventi di rivascolarizzazione endovascolare;
2) Era un pz. portatore di amputazione di LISFRANC all’arto controlaterale (il sx) e che aveva già subito una amputazione del primo raggio del piede dx. Quindi trattavasi di un paziente che con la sua storia clinica andava scrupolosamente seguito e al quale bisognava effettuare trattamenti precoci e definitivi per quanto possibili (infatti la sua storia era chiara a tutti i sanitari che nel 2009 lo hanno seguito).
3) L’evidente ritardo nell’esecuzione di rivascolarizzazione ha compromesso seriamente la vita dell’arto secondo un criterio probabilistico razionale di oltre il 50% (vedasi anche le note surriportate);
4) L’evidente assensa di profilassi antibiotica dapprima e poi una negligente terapia antibiotica (dal 20/12) ha favorito grandemente il sorgere della fascite plantare prima e la sepsi dopo che ha causato l’amputazione della gamba;
5) Trattasi di un paziente che dopo i fatti per cui è causa è deceduto per altre cause dopo tre anni e 10 mesi. Per questo motivo tutta l’analisi medicolegale e quindi la valutazione del criterio probabilistico va rapportata a questo evento, ossia sul fatto che un intervento di rivascolarizzazione precoce avesse permesso al sig. di mantenere il suo arto dx fino alla morte avvenuta solo meno di 4 anni dopo. Ricordando quanto suddetto, ossia che “alcune casistiche in letteratura si evince come il salvataggio d’arto a 12 mesi del 90%, e poi a 36 mesi del 77,05% (Pratesi e Pulli arteriopatie obliteranti femoro-poplitee)”.
Come si può immaginare che il C. non avrebbe conservato il suo arto nei successivi 46 mesi secondo la regola giuridica del “più probabile che non?”.
6) Infine da un punto di vista valutativo dobbiamo innanzitutto dire che trattasi di maggior danno in quanto la perdita della gamba dx incideva sull’organo della deambulazione già menomato da altra amputazione (infatti dopo lo stabilizzarsi dei postumi e malgrado la protesi alla gamba dx mal sopportata il paziente passava la maggior parte della sua giornata in carrozzella), quindi la valutazione da effettuarsi è globale nel senso che oltre a stabilire la perdita di funzionalità dell’organo della deambulazione dopo i fatti accaduti (il paziente a causa della scarsa sopportabilità della protesi era in carrozzella!) bisognerà valutare il danno preesistente ai fatti de quo
Insomma, se la perdita della deambulazione vale 85% e se la preesistenza può essere valutata nella misura del 25-30%, a causa dei fatti illeciti suddetti il sig, C. ha subito un ulteriore danno biologico pari al 45-50% a partire dal 26mo-31mo punto.
DUNQUE non si può accettare una transazione ove sia contemplata una perdita di chance del 20% (a seguito della malpractice) su un danno biologico del 50% nudo e crudo per i due motivi che si riassumono:
1) La perdita di chance a seguito delle negligenze varie delle strutture/sanitari va oltre il 50% ragion per cui è colpa piena;
2) Il danno biologico subito non può essere abbattuto (anche se per soli motivi transattivi) al 20% del 50%. Sarebbe accettare un irrazionale ragionamento sia da un punto di vista matematico che giuridico.
Si rimette la presente ala difensore della parte attrice affinchè in base ai succitati ragionamenti cerchi una transazione adeguata e ove non fosse possibile si rimette la presente ai CCTTUU i quali dovranno gentilmente prendere posizione sugli aspetti sopra valutati per addivenire a conclusioni medicolegalmente condivisibili da tutte le parti.
NOTE CRITICHE ALLA CTU DELLA DR.SSA M. E DEL DR. V. PER IL CASO C. R. VS ICCP + 1
Premesse generali:
Le conclusioni a cui giungono i ccttuu non sono assolutamente condivisibili e cozzano con la migliore good practice medico-chirurgica e le linee guida. Altresì c’è da premettere come la Tasc II a cui fanno riferimento i consulenti non può essere applicata al caso del sig. C. per vari motivi che si cercherà brevemente di riassumere:
- Non è possibile descrivere la storia naturale dei pazienti con CLI perché la maggior parte di questi riceve una qualche forma di trattamento attivo e questo dipende molto dal centro in cui si effettua.
- Diverse evidenze suggeriscono che circa la metà dei pazienti con CLI sarà sottoposto a qualche tipo di rivascolarizzazione e tale percentuale sale al 90% in alcuni centri particolarmente interventisti dove trattano i pazienti con tentativi di ricostruzione.
Insomma quanto espresso dai CCTTUU non può che essere un mera valutazione prognostica che poco si confà al caso del sig. C. dove invece esiste un atteggiamento terapeutico dei sanitari incongruo di cui parleremo di seguito.
Comunque affermare che non esiste responsabilità dei sanitari per l’amputazione subita dal sig. C. dicendo che hanno fatto tutto bene e non indicando un percorso terapeutico alternativo legato innanzitutto alla tempestività interventistica sa poco di medicina legale e di diritto.
Annotazioni specifiche:
A chi scrive sembra a dir poco “strano” come la XXX che è struttura ad alta specializzazione invii i pazienti per le rivalutazioni angiografiche alla ICCP XX e quest’ultimo centro che ha tre chirurgie vascolari invii i pazienti alla XXX per effettuare dei By-Pass femoro-tibiali, quando queste procedure dovrebbero essere alla portata di qualsiasi unità di chirurgia vascolare.
Da questa stranezza sorge il dubbio medicolegale che il paziente sia un “oggetto” da gestire a motivo di strane linee guida aziendali che poco hanno a che fare con la tutela della salute dei cittadini.
Allora ci si domanda (e qui si gradirebbe una risposta dai ccttuu): ma è veramente stato informato il paziente che la ICCP XX non potesse fare un by-pass femoro-tibiale in caso di urgente necessità o di evento avverso prevedibilissimo come quello accaduto?
Proprio a riguardo di una adeguata informativa al paziente si chiede al ctu medicolegale su quali presupposti ritenga sia da ritenersi in concreto adeguata l’informativa data al paziente quando in cartella esiste solo un modulo prestampato e firmato dal medico e dal paziente dove non c’è traccia di informativa su quale intervento alternativo vi fosse ed anzi vengono definiti scarsamente utili altri ipotetici e non descritti “interventi chirurgici”!
È evidente come i fogli di consenso presenti in cartella siano uguali per i due trattamenti fatti al paziente. Ma soprattutto si domanda al ctu vascolare se si potesse prevedere una recidiva di occlusione dei vasi in un soggetto come il C. (con le sue morbilità e con la sua storia di recidive di PTA) e se dunque non era da subito più indicato il by-pass fatto alla XXX molti giorni dopo.
Sempre al ctu medicolegale, che esclude il nesso di causa con la regola probatoria del “più probabile che non”, si domanda se abbia formulato tale conclusione sulle indicazioni di assenza di colpa dei sanitari (recepite verosimilmente dal collega vascolare) o dall’analisi statistica fuorviante della TASC II, in quanto se fosse per tale ultima analisi statistica allora avrebbe dovuto parlare di “perdita di chance” come ha fatto in sede di operazioni peritali con tutti i ccttpp presenti.
Ma andiamo oltre in quanto nelle conclusioni si richiederanno ai cc.tt.uu delle specifiche e dettagliate risposte.
Di seguito si riportano, punto per punto, le obiezioni fatte dal primario di chirurgia vascolare dr. Caselli ad ogni affermazione dei CCTTUU procedendo dapprima con l’indicare le affermazioni riportate in perizia dai colleghi e quindi facendo la “contestazione” dettagliata che si condivide appieno:
1) pag 12 “…ricoverato …in regime ordinario preso il reparto di chirurgia vascolare III dell’Istituto di Cura Città XX”.
Contestazione: L’offerta terapeutica di un reparto di chirurgia vascolare non si limita all’esecuzione di arteriografie o procedure endovascolari ma anche di procedure ibride e open come un by-pass femoro-distale. Questo senza dover poi trasferire il paziente come nel caso de quo ed aspettare “… i tempi tecnici per l’organizzazione, l’effettivo trasferimento…e la rivalutazione del paziente”. Se poi un reparto sedicente di chirurgia vascolare non è idoneo a offrire all’utenza un by-pass femoro-distale per il salvataggio di un arto, oltre a non rispettare i parametri della SICVE, produce aspettative ingannevoli nell’utenza e assume il grave rischio di poter causare danno alla salute dei suoi ricoverati così com’è accaduto!
2) pag 13 “visita diabetologica…lesione interdigitale clinicamente non infetta ma ischemica”….affetto da piede diabetico destro …. “
Contestazione: È assolutamente sbagliato parlare qui di piede diabetico. Il diabetologo non parla di piede diabetico ma specifica in maniera molto precisa che si tratta di lesione interdigitale ischemica non infetta in paziente diabetico. Altra cosa è il piede diabetico caratterizzato da una condizione neurodistrofica che conduce a tutte una serie di alterazione anche ossee. Si tratta quindi di una lesione ischemica non infetta in paziente diabetico sostenuta da un arteriopatia periferica al IV stadio sec Fontaine.
3) pag 14 “La complicanza postoperatoria insorge …una nuova arteriografia per una eventuale “re-do pta”.
Contestazione: È chiaro trattarsi di ischemia acuta post-procedurale insorta di notte, all’improvviso e con dolore molto forte (circa alle ore 3 del 17/12/2009): “dolore arto inferiore dx”, “obiettivamente ipotermia dell’arto rispetto al controlaterale”, “occlusione dell’arteria femorale” “si soministra 18 gocce di nifedicor” “paziente agitato e sofferente, arto inferiore freddo, somministrato antidolorifico come da terapia senza beneficio” “lamenta forte dolore arto inferiore dx…la gamba e il piede risultano fredde”.
Ebbene è scientificamente sbagliato affermare che le procedure diagnostiche per un ischemia acuta (ecodoppler) eseguite alle ore 11,05, cioè dopo circa 5 ore dalla conoscenza dell’evento siano eseguite in un” breve lasso di tempo”, così come la visita del dott. M. che arriva dopo 90 minuti dalla chiamata degli infermieri (ore 6/ore 7,30). E’ ancora assolutamente errato affermare che eseguire un’infusione di prostavasin in 5 ore e clexane sia da sola una “terapia corretta” per un paziente con ischemia acuta di un arto (si consiglia di leggere le linee guida SICVE: il trattamento con prostanoidi è indicato nel caso in cui l’intervento di rivascolarizzazione sia impossibile…). Ed ancora “…appare corretta la decisione di sottoporre il paziente ad una nuova arteriografia per una eventuale re-do pta” è affermazione senza senso se si considerano le 33 ore trascorse. E’ noto in Fisiologia che la disostruzione dei vasi occlusi in corso di ischemia acuta va fatta entro le prime 6 ore!
4) pag 15 “…..chiara indicazione all’esecuzione di un by-pass femoro-tibiale…
Contestazione: innanzitutto sgomberiamo il campo da parole in libertà. Non si tratterebbe di un by-pass femoro tibiale perchè come chiaramente descritto nella procedura endovascolare l’arteria tibiale anteriore e posteriore erano chiuse. Penso ci sia poco da chiarire: mi aspetterei un by-pass femoro-popliteo (“rivascolarizzazione della poplitea sotto l’endoprotesi femorale”), sulla poplitea soprarticolare. Ma la scelta ricade più distalmente sul tronco tibio-peroniero per ragioni che non vengono giustificate nella descrizione dell’intervento open. Comunque per quanto riguarda il salvataggio dell’arto il by-pass funziona, mantenuto adeguatamente dalla arteria peroniera e da un’altrettanta adeguata arcata plantare che nonostante due arteriografie non è mai stata adeguatamente studiata: fatto necessario ai fini prognostici. Ma ormai si trattava di una rivascolarizzazione tardiva, eseguita per negligenza fuori tempo massimo e destinata a fallire con certezza.
5) Pag 15 “tentativo di disostruzione femorale superficiale destra” e a Pag 20″…tentativo infruttuoso di disostruzione…”
Contestazione: Assolutamente non vero! E’ stata eseguita un’arteriografia diagnostica non un tentativo di disostruzione dell’arteria femorale superficiale perchè questo avrebbe comportato, considerata la procedura in essere (endovascolare), una tromboaspirazione e/o trombectomia meccanica (v. linee guida SICVE) con catetere adeguato (ad es angioget) di cui non si fa assolutamente menzione nella descrizione della procedura. Poi, soltanto dopo la rimozione del materiale trombotico, si sarebbe potuto eseguire l’eventuale “re-do pta” più volte citata, ma che da sola non ha assolutamente senso se non quello di peggiorare ulteriormente il quadro ischemico per embolizzazione di materiale residuo del trombo.
6) Pag 18 “…approssimativamente il 25% muore e il 25% richiede un’amputazione maggiore…”
Contestazione: Come spiegato in premessa le percentuali indicate rappresentano una mera indicazione che se fosse applicabile al caso de quo indica che il 50% dei pazienti mantiene la vitalità dell’arto e la vita. Certi dati statistici dovrebbero essere valorizzati da esempi concreti dello studio condotto come ad esempio l’indicazione del trattamento condotto sia nei tempi che nei modi proprio per giustificare gli esiti dello studio. Si vuol ricordare come il criterio del “più probabile che non” si rifà a probabilità logiche e razionali e non alle sole leggi statistiche!
Comunque le percentuali indicate dai CCTTUU rimangono tali se si agisce senza imperizia e senza negligenza, ossia al contrario di come è successo a XX e a XXX.
A tale proposito vale la pena ricordare che lo stesso prof. G., ctp di un convenuto in questa vicenda, in un lavoro del 2002 intitolato “Rivascolarizzazione dell’arteria femorale superficiale nel paziente diabetico con ischemia critica cronica” concludeva: “…l’elevata percentuale di salvataggio d’arto e di guarigione delle lesioni trofiche che abbiamo ottenuto con il trattamento isolato della femorale superficiale, incoraggia a rivascolarizzare sempre i pazienti diabetici con ischemia critica cronica anche in presenza di un run off estremamente scarso. La sorveglianza postoperatoria e le eventuali procedure redo permettono di mantenere un’elevata pervietà e di migliorare il salvataggio d’arto”.
Ossia, il sig. C. andava trattato subito e nella maniera adeguata: entro le ore 9 del mattino del 17/12/2009 con una procedura di tromboaspirazione/trombectomia. Nel caso di insuccesso andava convertito immediatamente in intervento open di by-pass femoro-popliteo nella stessa struttura di chirurgia vascolare che DOVEVA ESSERE ADEGUATA ad accettare un paziente come C. che nei tre anni precedenti aveva subito numerose PTA degli arti inferiori recidivate e terminate anche con amputazioni!!!.
7) Pag 19 “non risulta la somministrazione di terapia antibiotica. Pag 20 “Il quadro clinico segnala l’ipotermia dell’arto e l’iperpiressia” “In questo caso la presenza di necrosi infetta III dito piede destro avrebbe richiesto una terapia antibiotica di protezione”… E poi “anche in questo caso si segnala la carenza di una terapia antibiotica di protezione per il quadro settico”.
Contestazione: la mancata somministrazione di antibioticoterapia è stata una gravissima negligenza, sia per quanto riguarda la profilassi locale sulla lesione al piede sia per quanto riguarda quella generale legata alle patologie associate. Sono state eseguite due procedure chirurgiche endovascolari e poi una open ad un paziente diabetico (cioè certamente più ricettivo alle infezioni e per di più con lesioni della cute del piede) senza la indispensabile protezione/profilassi antibiotica. La naturale conseguenza è stato ulteriormente peggioramento della lesione al piede, tanto è vero che il chirurgo dopo il by-pass esegue addirittura “drenaggio dell’infezione” (per eseguire un drenaggio significa che addirittura da una lesione cutanea interdigitale si è formata una cavità ascessuale).
Con ciò si vuole rispondere alla collega M. E. che parla dell’assenza di necessità di terapia antibiotica in quanto mancavano i segni clinici di infezione! Ma allora la profilassi a che serve? E’ una prevenzione e non una cura!
Comunque si conferma come la profilassi antibiotica è opportuna sulla base del quadro clinico o come Short term in vaso di PTA.
8) Pag 19 “..la procedura appare corretta temporalmente che proceduralmente”
Contestazione sulla tempistica: È assolutamente tardivo, dopo 90 minuti dalla chiamata, l’arrivo del medico reperibile. E’ assolutamente tardiva l’esecuzione dell’esame ecodoppler dopo 5 ore dall’inizio della sintomatologia acuta. E’ assolutamente tardivo trasferire un paziente ischemico acuto in un “vero” reparto di chirurgia vascolare a più di 48 ore dall’inizio della sintomatologia. È assolutamente tardivo eseguire un vero salvataggio dell’arto, mediante by-pass femoro-troncotibioperoniero a più di tre giorni dall’inizio della sintomatologia ischemica acuta! E’ inquietante solo pensare il contrario!!!
Contestazione sulla procedura: la descrizione della procedura angiografica del 18/12 /2009 recita “rivascolarizzazione della poplitea sotto l’endoprotesi femorale. Pervietà del tronco tibio-peroniero e della peroniera con occlusione tibiale anteriore e posteriore.
Manca lo studio dell’arcata plantare elemento assolutamente indispensabile al fine del mantenimento della pervietà di qualsiasi by-pass femoro- distale!
Insomma troppe le affermazioni erronee del ctu vascolare!
9) Pag 20 “diabetologo che consiglia l’intervento di demolizione dell’avampiede” e due giorni dopo “ischemia del lembo plantare pur in presenza di una buona funzionalità del by-pass femoro tibiale. Il progressivo peggioramento del quadro clinico porta all’indicazione il 28/12/09 ad un ulteriore trattamento demolitivo di amputazione di gamba destra”.
Contestazione: d’accordo sull’intervento di amputazione, anche se eseguito in più tempi. Ma è assolutamente necessario specificare che tutto ciò è avvenuto nonostante il buon funzionamento del by-pass, eseguito “presso un centro altamente specializzato nelle rivascolarizzazioni arteriose distali nei pazienti diabetici quale quello diretto dal dr S.L.”. E’ assolutamente necessario specificare che la perdita di tempo prezioso, con i notevoli ritardi sopra segnalati, per grave negligenza degli medici, ha comportato un alterazione irreversibile del letto di accoglimento vascolare periferico dei piccoli vasi, già irreversibile a 6/12 ore dall’inizio della sintomatologia ischemica acuta, contro cui nulla ha potuto il buon confezionamento del by-pass.
10) Pag 21 “In conclusione…la diagnosi era di ischemia subacuta arto inferiore destro…e non di ischemia acuta”
Contestazione: Quanto sopra corrisponde alla diagnosi del medico del Pronto Soccorso che accettava il malato in urgenza e non dello specialista vascolare!
Vediamo difatti quali sono stati i termini con cui sono stati descritti i sintomi e i segni del paziente prima e dopo l’arrivo alla XXX:
“paziente agitato e sofferente, arto inferiore freddo, somministrato antidolorifico come da terapia senza beneficio” “lamenta forte dolore arto inferiore destro…la gamba e il piede risultano fredde” “non ha riposato” Il medico di guardia somministra temgesic (un oppioide indicato nei dolori di elevata intensità, cosi recitano le indicazioni), ma ne ha lieve beneficio; dopo 3 ore di nuovo dolore e non riposa. Si trasferisce alla nuova struttura e qui lo specialista all’esame obiettivo nota:” a dx solo polso femorale. Arto ipotermico “per i dolori viene infiltrato lo sciatico sottogluteo” perchè si riconosce come il dolore sia invincibile con gli oppioidi. Tipico del dolore ischemico datato che può beneficiare soltanto del blocco dello sciatico.
Quindi una diagnosi errata non può giustificare un percorso terapeutico errato!
11) Pag 21 “il ritardo nell’istaurare una terapia antibiotica…non sembra essere determinante…la terapia antibiotica…difficilmente può agire su un terreno ischemico che in quanto tale, è raggiunto…da una quantità insufficiente di antibiotico che dal sangue è veicolato.
Contestazione: O si afferma che l’antibioticoterapia fin dall’inizio della sintomatologia era inutile perché non avrebbe mai raggiunto il piede per la grave ischemia. Ed allora sarebbe vero che i medici sono stati negligenti perché nonostante la grave ischemia hanno ritardato il trasferimento nel centro specializzato per i by-pass distali. Oppure l’ischemia non era tanto grave perché subacuta. Ed allora è stata una grave negligenza non aver eseguito subito una antibioticoterapia adeguata, perché l’antibiotico sarebbe arrivato in periferia. Non averlo fatto ha determinato la grave infezione del piede con ascesso poi drenato, del lembo plantare e poi della gamba stessa, poi amputata.
Ma si contesta anche la terapia effettuata che risulta assolutamente errata oltre che gravemente ritardata (e in assenza di emoculture) e non effettuata a scopo profilattico a Pavia come già affermato nelle note ex art. 194 cpc: “…Non esiste evidenza di emocolture, ma solo di un esame colturale da tampone. La terapia antibiotica iniziata solo il 20 pomeriggio poco correttamente con ciproxin e tazocin (nessun farmaco per gli anaerobi tipo carbapenemici o declamo) è stata mantenuta per ben 10 giorni prima di un cambio antibiotico più corretto in questo caso con i carbapenemici.
Tale cambio doveva essere effettuato non oltre il 23/12 e avrebbe dato più chance evitato la successiva espansione flogistica alla gamba e l’amputazione della stessa.
Si pregano i CCTTUU di prendere posizione su quanto logicamente affermato e si ritiene sarebbe utile un loro consulto con infettivologo!
INFINE, per sgomberare ogni dubbio sulla incongruità delle affermazioni elencate in perizia, si ritiene di dover fare delle specifiche riguardanti lo studio TASC II Inter-Society Consensus per la gestione della malattia arteriosa periferica
Incominciamo con la nomenclatura. Ischemia critica degli arti (CLI) è una manifestazione della malattia arteriosa periferica (PAD) che descrive i pazienti con dolori a riposo e lesioni ischemiche cutanee (ulcere e/o gangrene). Essa è una tipica ischemia cronica. Infatti raccomandazione 16: “Il termine di CLI implica cronicità e deve essere distinta da ischemia acuta (ALI). La rivascolarizzazione è il trattamento ottimale dei pazienti con CLI (raccomandazione 24) come è stato fatto all’inizio nella prima struttura ospedaliera. Ma attenzione lo stesso lavoro alla raccomandazione successiva (25) recita: “la terapia antibiotica è necessaria nei pazienti con CLI che sviluppano cellulite o diffusione dell’infezione”. Raccomandazione trascurata dalla prima struttura e applicata erroneamente e fuori tempo dalla seconda che ha contribuito in maniera determinante alla perdita dell’arto.
Definizione di ALI (acute limb ischemia). “Ischemia acuta è un’improvviso calo della perfusione dell’arto che causa un potenziale pericolo per l’arto stesso” Riconosce diverse eziologie tra cui quelle traumatiche iatrogene. “…un trauma iatrogeno soprattutto a seguito di una recente ricanalizzazione è spesso trascurato. Dovrebbe essere preso in considerazione in tutti i pazienti ospedalizzati sottoposti a diagnosi invasiva che si presentano con occlusione dell’arteria femorale”.
Come appunto si è verificato nel nostro caso dopo l’esecuzione della prima procedura di ricanalizzazione.
L’ALI è caratterizzata dalle cosiddette 5p: sono i segni patognomonici dell’ischemia acuta: dolore, pallore, assenza di polsi, parestesie e paralisi. Segni presenti nel nostro caso, dopo la prima procedura, ad eccezione degli ultimi due perchè non rilevati dai sanitari (nè in senso di presenza nè di assenza).
Comunque sempre nel TASCII alla raccomandazione 29 recita “La valutazione dell’ischemia acuta (ALI): a causa dell’imprecisione della palpazione dell’esame fisico, tutti i pazienti con sospetta ALI dovrebbero eseguire valutazione doppler immediatamente per valutare se è presente segnale di flusso”.
Nel nostro caso all’esame ecodoppler (eseguito con notevole ritardo) non c’era segnale di flusso sottoinguinale nell’arto ischemico e la sua vitalità era gravemente minacciata.
Infine la raccomandazione 30 che riguarda i casi di sospetta ischemia acuta. “Tutti i pazienti con sospetta ALI dovrebbero essere valutati subito da uno specialista vascolare, che dovrebbe indirizzare il processo decisionale ed eseguire rivascolarizzazione immediata, perché danni nervosi e muscolari possono verificarsi entro poche ore.
Nel nostro caso come sopra segnalato il chirurgo reperibile arriva in ritardo e con notevole ritardo il paziente viene poi trasferito.
Infine completando quanto suesposto a proposito del fasullo tentativo di rivascolarizzazione della prima struttura ospedaliera.
Secondo lo studio TASCII oltre alle già citate trombectomia percutanea per aspirazione (PAT) e trombectomia meccanica percutanea (PMT) è considerata anche la TROMBOLISI “la terapia trombolitica è il trattamento iniziale di scelta nei pazienti in cui la gravità concede tempo”.
Nel caso del sig. C. non fu neppure tentata!
CONCLUSIONI MEDICO-LEGALI
Il Paziente era un polivasculopatico già precedentemente trattato con PTA degli arti inferiori poi andato incontro ad amputazione. Le lesioni evidenziate all’angiografia erano all’inizio della femorale superficiale oltre che perifericamente su poplitea e tronco tibio-peroniero ed interossea.
Ora dato che dopo il fallimento della PTA è stato effettuato un bypass sul tronco tibio-peroniero che ha sempre funzionato viene da pensare che il problema sia stato conseguente ad occlusione all’origine della femorale superficiale (e forse danneggiamento della emergenza della femorale profonda) verificatasi dopo la prima PTA. E infatti si sa che le lesioni all’origine della femorale superficiale sono in caso di PTA a rischio di peggioramento del quadro ischemico in caso di fallimento della procedura o formazione di flap che ostruiscano la femorale profonda (che si biforca dalla femorale comune insieme alla femorale superficiale). Allora si domanda al ctu vascolare:
- Perchè voler tentare a tutti i costi una PTA?
- Perchè dopo il fallimento far passare 24 ore prima di reintervenire?
- Perchè reintervenire sempre per via endovascolare?
Ma soprattutto,
- perchè una Chirurgia Vascolare non è in grado di fare un bypass femorodistale e deve trasferirlo altrove? Possibile che in tale chirurgia non ci siano Chirurghi in grado di fare un intervento convenzionale?
Ora se è vero che è corretto (anche in Pazienti con IRC soprattutto in dialisi) tentare un approccio minivasivo endovascolare (anche se il pregresso del sig. C. faceva facilmente prevedere una possibile riocclusione anche precoce), ostinarsi in caso di insuccesso peggiora i risultati anche della chirurgia convenzionale come ampiamente descritto in letteratura.
Nel caso dell’ICCP XX sembrerebbe che l’approccio endovascolare sia l’unico praticato e che l’ostinazione nasca dal riproporre sino alle estreme conseguenze quell’unica terapia di cui si ha pratica e consuetudine. A tal proposito risulta evidente come l’informativa al paziente non può che essere stata insufficiente e che quindi il foglio firmato rappresenti un vero “consenso disinformato”.
Per quanto considerato ci si rende conto che dalla prima mattina del 16 dicembre sino al pomeriggio del 20 dicembre (110 ore circa) si è mantenuto un quadro di ischemia che certamente non ha favorito il risultato del successivo bypass.
Così come appare incomprensibile che dopo la occlusione precoce della PTA si sia aspettato un altro giorno prima di intervenire stante il quadro clinico descritto e altrettanto incomprensibile risulta non aver posto immediatamente indicazione a bypass.
Insomma sembra che il decorso presso il XX sia censurabile per:
- indicazione iniziale alla PTA, alquanto discutibile, in relazione alla lesione all’origine della femorale superficiale;
- dilazione temporale di oltre 24 ore tra la re-occlusione precoce ed il nuovo trattamento;
- scelta del secondo trattamento in urgenza (che appare motivata esclusivamente dalla incapacità di eseguire un bypass come ha dimostrato il successivo trasferimento) assolutamente erronea;
Questi tre punti verosimilmente hanno causato danni tali da rendere il quadro locale talmente avanzato da comportare a breve termine una amputazione maggiore a bypass correttamente eseguito e pulsante anche se gravato da seria imprudenza e negligenza legata all’ulteriore ritardo di 24 ore e da una ritardata ed errata terapia antibiotica.
Dunque non si ritiene pensabile che un percorso terapeutico controfattuale come quello dell’effettuazione di un by-pass dopo l’occlusione della prima PTA, secondo il criterio del “più probabile che non” non avesse cambiato le sorti del paziente evitandogli l’amputazione.
Ma se i CCTTUU non la pensassero così sarebbe deontologico e perito valutare almeno la % della chance persa dal defunto C. in caso di immediato By-pass sia presso l’ICCP XX che presso la XXX Spa (con riferimento almeno a leggi statistiche che seppure rimanessero quelle proposte dagli stessi sono almeno pari al 50% e quindi oltremodo serie ed apprezzabili).
Insomma, nel caso C. esistono tre evidenze note e indiscutibili, ossia che gli attori hanno dimostrato:
- Il contratto;
- Il maggior danno da amputazione;
- L’inadempimento dei sanitari in astratto adeguato a produrre il danno lamentato dagli stessi (amputazione).
Mentre né i convenuti né i CCTTUU hanno dimostrato congruamente che:
- non ci sia inadempimento da parte dei sanitari;
- o che ove ci sia non sia stato la causa del danno lamentato dagli attori.
Allora risulta indispensabile che i CCTTUU ribattano punto per punto le critiche mosse dai sottoscritti CCTTPP citate sia nelle loro considerazioni medicolegali che nelle loro conclusioni, e che si esprimano in senso valutativo:
- sul maggior danno biologico occorso al sig. C.;
- e sul nesso di causalità sia in termini di “mancato raggiungimento di un risultato” sia di serie e apprezzabile “perdita di chance” quantificandola in termini percentuali ALLA LUCE DI UN PERCORSO CONTROFATTUALE LEGATO:
- ad un intervento di by-pass tempestivo (o comunque ad una procedura di rivascolarizzazione) come insegna la good practice chirurgica vascolare[1] ;
- ad una profilassi antibiotica già nel primo ricovero;
- ad una terapia antibiotica tempestiva e congrua nel ricovero presso la XXX Spa.
Certi di una serena e qualificata presa di posizione dei CCTTUU, si augura agli stessi un buon lavoro.
Roma lì 25.05.2015
Dr. Giovanni Caselli
Dr. Carmelo Galipò
- [1] “…ciò che muta sostanzialmente tra il processo penale e quello civile è la regola probatoria […] nel secondo vige la regola della preponderanza dell’evidenza o del “più probabile che non” […] detto standard di “certezza probabilistica” in materia civile non può essere ancorato esclusivamente alla determinazione quantitativa-statistica delle frequenze di classi di eventi […] ma va verificato riconducendone il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma […] va determinata l’attendibilità dell’ipotesi sulla base dei relativi elementi di conferma” (Cass., Sez. Un., 11.01.2008, n. 581, RCP, 2008, 827).