L’autista di linea, è risultato sofferente per una problematica a livello della colonna vertebrale – discopatia lombare in spondiloartrosi con sofferenza radicolare L5 -S1 dx. (Tribunale di Roma, sez. II Lavoro, Sentenza n. 7048/2021 del 08/09/2021)
Il ricorrente ha convenuto in giudizio l’I.N.A.I.L. per ottenere il riconoscimento della natura professionale della patologia denunciata in data 26/7/2018 in relazione alla sua attività di autista di linea, con menomazione dell’integrità psico-fisica pari al 15% o comunque non inferiore al 6%, con conseguente condanna al pagamento dell’indennizzo in capitale ovvero della rendita ex art. 13 D. Lgs. n. 38/2000.
Il Giudice del lavoro precisa, preliminarmente, che costituisce onere della parte interessata provare la sussistenza degli elementi costitutivi del diritto fatto valere in virtù dei principi generali e che l’Inail non ha specificamente contestato l’adibizione alle lavorazioni, come indicate dal ricorrente.
Il ricorrente ha svolto la mansione di autista: dal 2/1/1978 al 30/11/1988; dall’1/4/1990 al 31/1/1998; dal 12/8/2002 al 31/5/2015.
Il CTU ha evidenziato “al periziato è stata diagnosticata nel 2016 -2018 una discopatia lombare in spondiloartrosi con sofferenza radicolare L5 -S1 dx dopo un periodo di attività quale quello sopra indicato; l’Inail nelle considerazioni mediche del 20/4/2020 afferma: “… Tutte le misure disponibili mostrano che nel trasporto pubblico, da almeno 20 anni, l’esposizione a vibrazioni dei lavoratori conducenti, valutata mediante il calcolo della accelerazione equivalente ponderata in frequenza riferita ad 8 ore di lavoro A(8), sia stata sempre inferiore (anche significativamente) al Valore di azione (0,5 m/secondo al quadrato) per tutte le linee e per tutti i mezzi. Il rischio da posture incongrue può essere cautelativamente stimato come medio per il periodo degli anni ’80, basso per gli anni ’90 e sicuramente lieve e/o non significativo dagli anni 2000 …”. Sempre l’Inail con provvedimento del 22/5/2019 dichiarava che “… gli accertamenti effettuati per il riconoscimento della malattia professionale hanno evidenziato che il rischio lavorativo cui è stato esposto ” il periziato ” non è idoneo a provocare la malattia denunciata. La pratica pertanto viene archiviata. Il presente provvedimento viene emesso a seguito di collegiale medica “.
“Il D.Lgs 81/08 ha imposto alle aziende la elaborazione di un documento di valutazione dei rischi sia quelli generici che quelli afferenti alla specifica normativa. Nella fattispecie sono presenti in atti: relazione afferente al rischio da esposizione a vibrazioni (revisione del 02/7/2015), DVR del dicembre 2017 e relazione tecnica delle vibrazioni meccaniche trasmesse al corpo intero del 21/11/2017. Nella prima relazione afferente all’ultimo periodo in cui l’A****I è stato in servizio, il rischio da esposizione a vibrazione è stato considerato basso. Tuttavia ” pur rientrando nei valori prescritti dalla normativa, dato che gli operatori di esercizio trascorrono la maggior parte della loro giornata lavorativa sulla vettura, è ben e mettere in atto tutte le misure di prevenzione e protezione necessarie in modo tale da tener sempre basso il rischio “. Considerando che tale valutazione si è conclusa nel luglio 2015 ed è iniziata nel dicembre 2012, può essere presa in considerazione per il caso in oggetto ovviamente per gli ultimi anni di attività (dal 2015 il periziato non era più in servizio). Afferma l’Esperto Qualificato: ” di seguito si riportano le principali misure di prevenzione e protezione per ridurre il rischio di esposizione: · informazione e formazione del personale sull’entità e significato dei valori limite di esposizione e valore d’azione, sui potenziali rischi connessi all’attività specifica in esame, sui risultati della valutazione effettuata e eventuali misure messe in a tto, sulle procedure sicure da adottare per ridurre al minimo i rischi, sull’importanza e sulle modalità di individuare e di segnalare sintomi di lesioni; · adeguati programmi di manutenzione delle vetture e laddove necessario sostituire le vecchie vetture con modelli di nuova generazione; · Si consiglia nei piccoli tratti dove la pavimentazione stradale risulta disconnessa o con presenza di sampietrini, di mantenere una velocità più bassa in modo da avere un’esposizione alle vibrazioni minore; · verifica del rispetto dei principi ergonomici dei sedili delle vetture e che producono il minor livello possibile di vibrazioni. · migliorare l’organizzazione del lavoro attraverso la limitazione della durata dell’esposizione e l’adozione di orari di lavoro appropriati, con sufficienti periodi di riposo “. Le spondilodiscopatie sono riportate nel gruppo 2 dell’elenco delle malattie per denuncia sanitaria ex art. 139 TU di cui al decreto 11.12.2009 dal Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali): nella Lista II (origine lavorativa di limitata probabilità) per ” Vibrazioni trasmesse al corpo intero per le attività di guida di automezzi pesanti e conduzione di mezzi meccanici “. La storia anamnestica è caratterizzata da un dato “temporale” di lunga attività (oltre 30 an ni) caratterizzata dalla guida di automezzi con esposizione a vibrazioni al corpo intero ed a posture incongrue prolungate. Il NIOSH nel lavoro di Bernard del 1997 riassume le seguenti associazioni causali tra fattori di lavoro fisici e MSDs ( muscoloskeletal disordes): forte evidenza (+++) per sollevamenti e vibrazioni al corpo intero, evidenza (++) per posture incongrue e lavoro fisico pesante. La Cassazione in diverse pronunce ha accolto l’applicazione della teoria condizionalistica per la valutazione del danno causale anche per le malattie professionali: ” in tema di assicurazione contro le malattie professionali, ove l’infermità invalidante derivi da fattori concorrenti, di natura sia professionale che extraprofessionale, trova applicazione i l principio di equivalenza causale stabilito in materia penale dall’art. 41 c.p.; pertanto a ciascuno di detti fattori deve riconoscersi efficacia causativa dell’evento, a meno che uno di essi assuma carattere di causa efficiente esclusiva. Inoltre, il rischio di malattia derivante da naturale predisposizione non vale ad escludere del tutto il rischio professionale, in quanto un ruolo di concausa va attribuito anche ad un minimo fattore di accelerazione o aggravamento, ove se ne riconosca l’incidenza negati va “1. In sintesi la tipologia e la durata del lavoro consente il riconoscimento della malattia professionale: discopatia lombare in spondiloartrosi con sofferenza radicolare L5 -S1 dx. Tale quadro anatomo clinico a contenuto disfunzionale può essere valutato con una percentuale di danno biologico nella misura dell’8%(otto) con decorrenza dalla data della domanda”.
In risposta alle osservazioni critiche il consulente ha replicato “1. Si segnala innanzitutto che “… il rischio di posture incongrue ” così come affermato dall’Inail nelle considerazioni mediche del 20/4/2020 “… è da ritenersi lieve o poco significativo a partire dagli anni 2000 ad oggi, per come sono costruiti e strutturati gli autobus da quella data …”. Ebbene il dipendente Atac ha svolto attività di servizio quale conducente di linea con “esposizione a vibrazioni”, in epoca precedente al 2000 e per oltre 30 anni (vedi stato di servizio): dal 2/1/1978 al 30/11/1988; dall’1/4/1990 al 31/1/1998; e dal 12/8/2002 al 31/5/2015.
Tale dato di fatto impone di non considerare “oggettiva” la valutazione dell’Inail. Il Medico Inail riporta a pag. 3: “è vero che in teoria le posture incongrue e le vibrazioni trasmesse ai mezzi di trasporto dal fondo stradale sconnesso e quindi all’autista, sono in grado di accrescere il rischio di patologie artrosiche e discali negli autisti, ma tutto ciò va valutato e argomentato in rapporto al caso specifico e ai puntuali rischi connessi riscontrati e opportunamente documenta ti, non genericamente adombrati…”. Si segnala che l’Inail non ha contestato, ritenendolo dunque corretto, l’iter lavorativo riportato nel ricorso del legale di parte attrice al punto 2 (“durante il periodo lavorativo ha guidato i seguenti mezzi: bredamenarini 1200, 1300 fiat 5000, fiat 3700, 4200, 4300, 2400, 700, 900, lancia con cambio manuale e frizione a pedale “), 3 (“osservava in media turni di 6 ore e 20 minuti: 04.00 -10.20; 12.00 -18.20; 18.0 -00.20”), 4 (“tutte le vetture utilizzate dall’ATAC …in assenza di manutenzione, restavano rigide o notevolmente molleggiate, generando di fatto un notevole sovraccarico meccanico sull’intera colonna vertebrale ed in particolare sul rachide, con la conseguenza che ad ogni sbalzo si determinava anche l’oscillazione d ella postura del conducente “), 5 (“inoltre le vetture utilizzate, erano dotate di sospensioni pneumatiche che spesso risultavano mal funzionanti, tant’è che la salita sull’autobus fu portata a livello del marciapiede e di conseguenza le sospensioni risulta vano ancor più rigide “) e 6 (” lo svolgimento in tali condizioni dell’attività di guida per tutti questi anni ha comportato continui micro e macro traumi i quali, uniti alla postura obbligata, hanno inciso negativamente sulla colonna vertebrale del ricorrente determinando l’insorgenza di discopatia lombare in spondiloartrosi con sofferenza radicolare L5 -S1 dx “). Nel caso in oggetto una lettura della relazione peritale documenta che l’attività lavorativa svolta dall’A****I in lunghi periodi (circa 30 anni) e con mezzi che lo esponevano a vibrazioni. Si ribadisce che l’Inail ha riportato il DVR del dicembre 2017 e non di epoca precedente allorché i rischi per la colonna vertebrale erano di certo di superiore entità rispetto a quelli successivi al 2000 così come affermato dall’Istituto nelle considerazioni mediche del 20/4/2020 (“… il rischio da posture incongrue può essere cautelativamente stimato come medio per il periodo degli anni ’80, basso per gli anni ’90 e sicuramente lieve e/o non significativo dagli anni 2000 …”). 3. Numerosi studi epidemiologici hanno evidenziato che l’eccesso di rischio per lombalgie e altri disturbi muscolo -scheletrici negli autisti professionisti sono associati all’anzianità di guida, alla magnitudo e alla durata dell’esposizione a vibrazioni trasmesse al corpo intero. Quindi anche in questo tipo di patologie come in quelle cardiovascolari i fattori che entrano in gioco sono numerosissimi: le vibrazioni al corpo intero, i fattori ergonomici, sicuramente lo stress lavoro -correlato e fattori psicosociali avversi. La prevalenza dei disturbi muscolo -scheletrici agli arti superiori, dell’anca, della coscia e delle ginocchia, vengono analizzati da uno studio di Tamrin del 2009 e Chen del 2007. Gli autori riconducono i suddetti disturbi a fattori principalmente ergonomici. Il numero degli studi riguardanti queste patologie è ben giustificato dal fatto che spesso le stesse sono causa di un numero non esiguo di casi in cui si rende necessario dare un giudizio di idoneità con limitazione o addirittura una non idoneità alla mansione. A questo punto occorre quindi riassumere i vari punti trattati per meglio definire quali possono essere i margini per definire il giudizio di idoneità: è una patologia multifattoriale, è associata all’anzianità di guida, alla magnitudo e alla durata dell’esposizione a vibrazioni trasmesse al corpo intero, alle caratteristiche ergonomiche del posto di lavoro, quindi si potrebbe per esempio pensare di esprimersi sul giudizio modificando i tempi di esposizione alla guida laddove ovviamente è possibile. Altra possibilità sarebbe quella eventualmente di pensare a una turnazione più rapida magari tra le linee urbane o extraurbane, laddove il documento di valutazione del rischio per le vibrazioni a corpo intero dell’azienda dimostri valori diversi nei tratti urbani rispetto a quelli extraurbani. Oppure aumentare, laddove è possibile, le pause tra le varie corse. Infatti la letteratura a tal proposito ci dice che il passaggio dal tempo pieno, superiore o pari alle 30 ore settimanali, a un tempo parziale di 20 ore settimanali, comporta effettivamente una riduzione della sintomatologia a carico del rachide negli autisti. Ciò è stato dimostrato anche recentemente, nel 2004 da Valenti. 4. Il dipendente che ha svolto attività di autista di linea, è risultato sofferente per una problematica a livello della colonna vertebrale – discopatia lombare in spondiloartrosi con sofferenza radicolare L5 -S1 dx -: l’esame obiettivo ha messo in evidenza un quadro disfunzionale che adeguatamente è stato valutato nella misura dell’8% tenuto conto peraltro del danno sensitivo motorio documentato con esame EMG. Quindi dalla malattia professionale denunciata ( discopatia lombare in spondiloartrosi con sofferenza radicolare L5 -S1 dx) è derivato causalmente un danno biologico nella misura dell’8% ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. n. 38/00 con decorrenza dalla data della domanda.”
Il Giudice del Lavoro condivide le conclusioni della CTU e ritiene la domanda fondata.
Pertanto, il lavoratore ha diritto all’ indennizzo in capitale di cui all’art. 13 c.2 lett.a) del d.lgs. n. 38/00 rapportato al grado di menomazione all’integrità psico -fisica nella misura complessiva del 8 % subita in conseguenza dell’attività lavorativa svolta a decorrere dalla domanda amministrativa, secondo la valutazione effettuata dal CTU.
L’Inail viene dunque condannato alla corresponsione dell’indennizzo in capitale pari al 8% a decorrere dalla domanda amministrativa, oltre alle spese di lite, per euro 2.500,00 oltre accessori, e di CTU Medico-Legale.
Avv. Emanuela Foligno
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