Maltrattamenti in famiglia: il reato sussiste anche nel caso in cui vi sia un’interruzione del rapporto di convivenza tra i coniugi (Cass. pen., sez. VI, dep. 21 aprile 2022, n. 15625).

Maltrattamenti in famiglia sussistono (ex art. 572 c.p.) i requisiti anche se vi è interruzione del rapporto di convivenza tra i coniugi, “sovrapponendo, altresì, la nozione di convivenza a quella di coabitazione: nel caso di interruzione del rapporto di coabitazione fra i coniugi, infatti, possono certamente essere “diverse” le manifestazioni esteriori che concretano condotte abusanti ma non la configurabilità in astratto del fatto-reato”.

La Corte d’Appello di Napoli confermava la condanna dell’imputato per i reati di maltrattamenti in famiglia e lesioni in danno della moglie e della figlia.

L’uomo ricorre in Cassazione lamentando violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte territoriale ritenuto sussistente l’elemento tipico del delitto di maltrattamenti in famiglia, cioè l’abitualità delle condotte.

L’imputato, inoltre, lamenta che non sussisteva un rapporto di convivenza con la moglie, che aveva lasciato l’abitazione familiare per andare a vivere, assieme alla figlia, nella casa dei genitori.

Le decisioni di merito hanno ricostruito il rapporto familiare evidenziando l’aggravarsi, nel corso del tempo, delle offese e delle aggressioni fisiche sopportate dalla moglie e dalla figlia dell’imputato.

Per quanto riguarda il rapporto di convivenza eccepito dal ricorrente, gli Ermellini evidenziano che il concetto di rapporto familiare, quale presupposto del reato di maltrattamenti in famiglia, e la relazione con la effettiva convivenza in presenza di una famiglia fondata sul matrimonio, e in assenza di divorzio o separazione “si declinano diversamente dal caso in cui le condotte abusanti si innestano su un rapporto familiare di fatto, al quale la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 572 c.p. fa riferimento nella parte in cui, a seguito della modifica apportata con la l. n. 172/2012, ha inserito nella previsione del codice il riferimento alla persona comunque convivente”.

Difatti, in presenza del matrimonio, è pacifico che tali obblighi “restino immutati anche nella fase di separazione di fatto, con la conseguenza che la loro violazione, che assurga a condotta abusante, rientra nel paradigma normativo di cui all’art. 572 c.p. che costituisce un reato contro l’assistenza familiare”.

E’ del tutto da escludersi, pertanto, che il reato di cui all’art. 572 c.p. non sussista in conseguenza dell’interruzione del rapporto di convivenza tra i coniugi, sovrapponendo, altresì, la nozione di convivenza a quella di coabitazione: nel caso di interruzione del rapporto di coabitazione fra i coniugi, infatti, possono certamente essere diverse le manifestazioni esteriori che concretano condotte abusanti, ma non la configurabilità in astratto del fatto-reato.

Peraltro, ciò risponde perfettamente alla lettera della norma citata che prevede “il delitto di maltrattamenti è configurabile pure se con la vittima degli abusi vi sia un rapporto familiare di mero fatto, desumibile, anche in assenza di una stabile convivenza, dalla messa in atto di un progetto di vita basato sulla reciproca solidarietà ed assistenza”.

La sentenza di primo grado ha evidenziato che la moglie e la figlia erano state in più occasioni allontanate dalla casa familiare e costrette a rifugiarsi presso la famiglia di origine. Ed ancora, osserva la Corte, si può parlare di una frammentazione, a cui seguiva una ripresa della coabitazione da parte delle persone offese per assistere l’imputato che era stato colpito da un ictus cerebrale.

Ad ogni modo, il ricorso viene dichiarato inammissibile perché proposto per motivi generici e manifestamente infondati.

Avv. Emanuela Foligno

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