Maltrattamenti in famiglia nuovamente affrontati dalla Cassazione penale che chiarisce il concetto di abitualità e reiterazione nel tempo (Cass. pen., sez. VI, dep. 10 marzo 2022, n. 8333).

Maltrattamenti in famiglia : nessuna condanna se gli episodi sono sporadici.

Maltrattamenti in famiglia ai sensi dell’art. 572 c.p., «i fatti commissivi ed omissivi rilevano penalmente solo attraverso la reiterazione nel tempo, allorchè vi sia un numero minimo di condotte collegate tra di loro per mezzo di un nesso di abitualità. È necessario che le condotte non siano meramente sporadiche, piuttosto che siano la manifestazione di una persistente attività vessatoria, tale da generare un regime di vita persecutorio ed umiliante».

In seguito all’assoluzione del marito accusato di maltrattamenti in famiglia, la donna ricorre in Cassazione, lamentando che la Corte territoriale non avrebbe ritenuto sufficiente ai fini dell’integrazione del requisito essenziale dell’abitualità della condotta i due giorni a settimana nei quali l’uomo poteva frequentare i propri figli e durante i quali avvenivano le condotte oggetto dell’imputazione, ritenute dalla stessa, come episodi isolati e sporadici.

Come secondo motivo viene lamentata mancanza di motivazione riguardo allo scostamento dalla relazione del CTU sull’attendibilità dei minori e dalla sentenza di primo grado, in quanto la Corte ha ribaltato le valutazioni svolte dal GIP, senza tuttavia fornire una specifica motivazione sugli elementi dai quali ha desunto l’erroneità della perizia psicologica del CTU.

Secondo gli Ermellini il ricorso è inammissibile.

Anche in assenza di convivenza dei genitori, il reato si integra nel caso di filiazione non occasionale, bensì frutto di una relazione sentimentale non più attuale, dalla quale è sorta l’aspettativa di un vincolo di solidarietà, differente dai doveri legati alla condivisa genitorialità. Infatti, solo in caso di disgregazione effettiva dell’originario nucleo familiare e di cessazione del rapporto di reciproca assistenza morale ed effettiva, si esclude la configurabilità del reato.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Firenze ha correttamente applicato l’art. 572 c.p. evidenziando che i singoli episodi di maltrattamenti fossero non reiterati, bensì isolati, quindi non idonei a configurare il reato citato di maltrattamenti in famiglia.

L’imputato, pur non convivendo con i minori, era autorizzato a vederli due volte a settimana, per cui non manca l’elemento della convivenza, ma si poneva, invece, la necessità di accertare se le condotte contestate fossero idonee o meno ad integrare il requisito dell’abitualità dei maltrattamenti in famiglia. La Corte di Appello ha rilevato come si trattasse di singoli episodi non reiterati, bensì isolati, dunque non idonei a configurare il reato di maltrattamenti in famiglia.

Riguardo il secondo motivo, inerente le prove scientifiche, viene osservato che il Giudice di legittimità non ha il compito di stabilire l’attendibilità delle acquisizioni, ovvero se l’apprezzamento del Giudice di merito sia corretto, potendosi pronunciare solo sulla razionalità e logicità dell’approccio di tale Giudice. Quindi, non può essere valutato differentemente l’esito della prova scientifica, trattandosi di un accertamento di fatto precluso in sede di legittimità.

Conclusivamente il ricorso viene dichiarato inammissibile e la donna viene condannata al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Avv. Emanuela Foligno

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