L’attraversamento, da parte della vittima, in luogo privo di strisce, non integrava un comportamento abnorme, idoneo ad interrompere il nesso causale tra la condotta dell’imputato e l’evento letale per mancato avvistamento del pedone

Ai sensi dell’art. 190, comma 2, cod. strada, i pedoni, laddove non vi siano attraversamenti pedonali o siano collocati a distanza superiore a cento metri dal punto di attraversamento, possono attraversare la carreggiata purché in senso perpendicolare e con l’attenzione necessaria ad evitare situazioni di pericolo per sé o per altri, dando la precedenza ai conducenti.

Lo ha ricordato la Cassazione con la sentenza n. 36776/2020 pronunciandosi sul ricorso di un automobilista condannato in sede di merito a 8 mesi di reclusione, con la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida per la durata di un anno, ed, in solido con il responsabile civile, al risarcimento del danno in favore delle parti civili, per il reato di cui all’art. 589 cod.pen.

L’uomo, nello specifico, era accusato di avere cagionato il decesso di un pedone investendolo mentre, alla guida di un autoarticolato, effettuava una manovra di svolta a destra, con colpa consistita nel mancato avvistamento della vittima.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte il ricorrente deduceva, tra gli altri motivi, la erronea applicazione degli artt. 41 e 589 cod.pen. ed il vizio di motivazione con riferimento al nesso di causalità, costituendo il comportamento colposo del pedone, il quale aveva attraversato in senso diagonale due carreggiate, in assenza di strisce pedonali, un comportamento abnorme, del tutto imprevedibile, che si poneva come causa esclusiva dell’evento letale, contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata, in cui, senza alcuna adeguata motivazione, si era addirittura escluso il concorso colposo della vittima, accertato, invece, dal Tribunale.

I Giudici Ermellini, nel ritenere infondato il motivo di doglianza, hanno evidenziato invece come la Corte di appello avesse escluso, con una motivazione congrua e non manifestamente illogica, che il pedone avesse attraversato trasversalmente la strada, ritenendo, al contrario, che fosse in procinto di attraversare la carreggiata in linea retta, e sottolineando che era stato investito dal mezzo mentre era di spalle, stante il contatto tra il suo braccio sinistro e la ruota destra dell’auto-articolato.

La conclusione del giudice dell’impugnazione, fondata sulla considerazione che, seguendo la diversa impostazione della difesa dell’imputato, il pedone si sarebbe trovato di fronte il mezzo e l’avrebbe evitato, risultava ragionevole e non contraddetta da alcun contrario elemento fattuale, evidenziato nel ricorso.

Una volta escluso, in modo non illogico, l’attraversamento diagonale da parte della vittima, la Corte di appello aveva coerentemente negato ogni concorso di colpa del pedone, che, essendo stato attinto di spalle e, cioè, in una fase avanzata del transito, si trovava in una situazione incompatibile con l’obbligo di precedenza.

Ad ogni modo, l’attraversamento, da parte della vittima, in luogo privo di strisce pedonali, a prescindere dalle modalità con cui era avvenuto, non integrava un comportamento abnorme, idoneo ad interrompere il nesso causale tra la condotta dell’imputato e l’evento letale, stante l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità secondo cui il principio dell’affidamento, nello specifico campo della circolazione stradale, trova opportuno temperamento nell’opposto principio secondo il quale l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui, purché rientri nel limite della prevedibilità, come appunto era avvenuto nel caso di specie, essendo la presenza dei pedoni, il loro transito per le strade dei centri abitati e l’attraversamento lontano dalle strisce pedonali una possibilità prevedibile.

Peraltro, hanno aggiunto dal Palazzaccio, nel caso di investimento di pedone, la sola circostanza che questi sia venuto meno all’obbligo di cedere la precedenza ai veicoli al di fuori degli attraversamenti pedonali, ben può costituire materia di concorso di colpa dell’investito, ma non interrompe il nesso eziologico tra la condotta del conducente del veicolo investitore e l’evento. Per cui, in definitiva, neppure l’eventuale concorso di colpa del pedone sarebbe idoneo ad eliminare il nesso causale tra la condotta dell’imputato e l’evento letale.

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