Respinta la domanda di ristoro per infortunio sul lavoro di un dipendente che, per azionare il comando di apertura del cancello automatico del parcheggio di pertinenza della società datrice, era rimasto con la mano intrappolata tra le sbarre

Con l’ordinanza n. 21123/2020 la Suprema Corte si è pronunciata sul ricorso presentato da un lavoratore che si era visto respingere, in sede di merito, la domanda proposta nei confronti della datrice di lavoro, al fine di ottenere il risarcimento del danno subito a seguito di un infortunio sul lavoro. L’attore, nello specifico, deduceva che mentre, per conto ed ordine della datrice, di cui era dipendente con mansioni di autista, si trovava nel parcheggio di pertinenza di detta società nonché nell’atto di uscire dallo stesso, rimaneva con la mano intrappolata nel cancello automatico dell’area, che si apriva senza consentirgli di estrarre la mano che aveva dovuto introdurre in mezzo alla cancellata, tra le sbarre, per potere così azionare il comando di apertura posto all’esterno, essendo assente (e, comunque, non funzionante) nella parte interna.

I Giudici del merito, tuttavia, non avevano ravvisato in atti prova da cui desumere che la società datrice di lavoro fosse stata resa edotta del malfunzionamento del cancello e della necessità da parte dei suoi dipendenti (appellante compreso) di eseguire la predetta manovra per potere aprire detto cancello e, quindi, uscire dal parcheggio.

Nell’impugnare la pronuncia, il dipendente contestava l’erroneità della decisione della Corte di Appello, che aveva ritenuto di poter escludere la responsabilità della parte datoriale per il solo fatto che non era risultato provato che la stessa fosse stata informata dal ricorrente, o da altri, del guasto al cancello di accesso al parcheggio, senza, peraltro, svolgere alcuna indagine probatoria in ordine all’adempimento, da parte della società, degli obblighi di sicurezza a proprio carico.

La Cassazione, tuttavia, ha ritenuto non fondati i motivi di doglianza.

Gli Ermellini hanno evidenziato che spetta al lavoratore che deduca di avere subito un danno in conseguenza dell’attività lavorativa svolta di provare il fatto che costituisce l’inadempimento ed il nesso di causalità materiale tra tale inadempimento ed il danno. Hanno inoltre ravvisato che la motivazione della Corte di Appello fosse del tutto in linea con tale indirizzo giurisprudenziale, in quanto la Corte aveva premesso che, dall’istruttoria espletata, non risultava che il ricorrente avesse mai informato la società datrice di lavoro della impossibilità di apertura dall’interno del cancello automatico utilizzato dall’appellante per uscire dal parcheggio; né risultava che la stessa fosse venuta a conoscenza di detto malfunzionamento e della necessità per i suoi autisti di ricorrere alla manovra sopra ricordata per uscire dal parcheggio, anche perché si trattava di un malfunzionamento che riguardava solo il periodo notturno, atteso che il cancello durante la giornata rimaneva aperto.

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