Una sentenza della Corte di Cassazione fa il punto in merito alle molestie in ambito lavorativo, fornendo precisazioni importanti sui rischi di un possibile licenziamento.

La Corte di Cassazione, con la pronuncia numero 6889/2018, si è espressa in merito allo scottante tema delle molestie alle colleghe di lavoro.

Nello specifico, i giudici hanno affrontato la questione del licenziamento per chi mette in atto tali azioni.

Ebbene, secondo la Cassazione, in caso di molestie alle colleghe di lavoro, si rischia il licenziamento.

E ciò anche se nella contestazione che precede il provvedimento disciplinare, non sono stati indicati i nominativi di tutte le colleghe molestate.

I giudici, infatti, hanno ritenuto che l’apprezzamento circa la sussistenza del requisito di specificità della contestazione disciplinare prescritto dalla legge debba essere fatto “al di fuori di schemi rigidi e prestabiliti”.

Questo significa, in buona sostanza, che la contestazione, per essere ritenuta valida, deve offrire al lavoratore le indicazioni necessarie per permettergli di individuare i  fatti che gli sono addebitati. E questo nella loro materialità e tenuto conto del loro contesto.

Pertanto, questa sarà viziata laddove “la mancata precisazione di alcuni elementi di fatto abbia determinato un’insuperabile incertezza nell’individuazione dei comportamenti imputati”.

Posto, naturalmente, che in questo caso deve ritenersi concretamente pregiudicato il diritto di difesa del dipendente.

Nel caso preso in esame dai giudici, un dipendente era stato licenziato proprio per molestie alle colleghe di lavoro.

Nella contestazione, il datore di lavoro non aveva indicato i nominativi di tutte le vittime.

Questa circostanza era stata ritenuta dalla Corte di appello idonea a rendere la contestazione stessa troppo generica.

Ne consegue, pertanto, che tale genericità era idonea a integrare un difetto procedurale. Un difetto tale da inficiare all’origine il procedimento disciplinare conclusosi con il recesso.

Tuttavia, per la Corte di Cassazione, i criteri di valutazione della legittimità della contestazione adottati dal giudice del merito sono stati troppo rigidi.

Per tale motivo la questione dovrà essere rivalutata.

Nello specifico, bisognerà verificare se effettivamente la mancata indicazione dei nominativi di tutte le donne molestate abbia determinato una incertezza non superabile, circa i comportamenti contestati.

 

 

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