Molteplici e visibili sconnessioni del marciapiede escludono la responsabilità del Comune (Cassazione civile, sez. VI, 27/07/2022, n.23462).

Molteplici e visibili sconnessioni del marciapiede e caduta del pedone in transito.

IL danneggiato citava in giudizio il Comune di Rieti al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa di una caduta dovuta ad una grave sconnessione del manto stradale, in particolare al manto di copertura del marciapiede.

L’attore deduceva che, mentre camminava lungo il marciapiede della strada cittadina, inciampava in corrispondenza di una grave sconnessione del manto riportando gravi lesioni personali, con periodi di invalidità temporanea e postumi permanenti.

Chiedeva, quindi, la declaratoria di responsabilità del Comune di Rieti, ai sensi dell’art. 2051 c.c., e pedissequa condanna al risarcimento dei danni nella misura di euro 60.000,00. Il Tribunale di Rieti, ritenendo non provata la sussistenza del nesso causale tra evento e danno, rigettava la domanda di parte attrice.

La Corte d’Appello di Roma, confermava la decisione di prime cure e rigettava il gravame condannando l’appellante alla rifusione delle spese processuali.

In particolare, il Giudice d’Appello precisava che la condotta del danneggiato fosse idonea ad interrompere il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, essendo le molteplici e visibili sconnessioni del manto stradale percepibili con una minima attenzione data l’ora diurna e la situazione di piena visibilità.

Il danneggiato ricorre in Cassazione e lamenta motivazione apparente della sentenza d’appello e violazione e falsa applicazione delle norme inerenti la responsabilità per custodia.

A giudizio del ricorrente, infatti, la sua condotta non sarebbe idonea ad integrare la nozione di caso fortuito, mancando sia il tratto della prevedibilità che quello della prevenibilità.

Il primo motivo di ricorso è inammissibile perché la denuncia di motivazione apparente è effettuata non sulla base della intima contraddittorietà della motivazione che renderebbe non percepibile la ratio decidendi dell’appello, ma sulla base della comparazione con il dato esterno costituito dai motivi di appello.

La motivazione per “relationem” della sentenza di appello è legittima quando il Giudice di secondo grado, pur richiamando nella sua pronuncia gli elementi essenziali della motivazione della sentenza di primo grado, si faccia comunque carico di confutare le censure contro di essa formulate con il gravame, essendo immune da critiche il modo di dar conto della soluzione adottata ove l’iter argomentativo risulti corretto.

E difatti, la Corte di Roma, dopo avere richiamato la motivazione della sentenza di primo grado, ha dichiarato assorbente la questione relativa all’insussistenza del nesso causale fra l’asserita insidia e la condotta del danneggiato.

Anche la seconda censura è inammissibile.  La decisione d’appello predica nel senso  che la condotta del danneggiato è interruttiva del nesso di causalità sulla base della premessa che quanto più la situazione di possibile danno è percepibile tanto più incidente deve considerarsi la condotta del danneggiato, in presenza di molteplici e visibili sconnessioni, percepibili con minima attenzione data l’ora diurna e la piena visibilità, il comportamento dello stesso danneggiato è senz’altro idoneo a interrompere il nesso causale.

Il ricorso viene dichiarato inammissibile e il ricorrente viene condannato alle spese di giudizio.

Avv. Emanuela Foligno

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