Arriveranno a febbraio i risultati dell’accertamento disposto per fare luce sulla vicenda del paziente morto dopo un trapianto di cuore all’Ospedale San Camillo di Roma
I periti nominati dalla Procura di Milano hanno chiesto 30 giorni di proroga per depositare la relazione sul decesso di un paziente cardiopatico di sessant’anni. L’uomo era morto dopo un trapianto di cuore all’Ospedale San Camillo di Roma, nel settembre del 2016.
L’organo proveniva dall’Ospedale San Raffaele di Milano, dove era stato effettuato l’espianto su un donatore di 46 anni, deceduto per un malore accusato in piscina.
La vicenda, emersa pochi mesi fa, suscitò clamore a causa del sospetto che il cuore non fosse idoneo al paziente trapiantato.
Questo, infatti, quanto emerse da una perizia medico legale in base alla quale il donatore avrebbe avuto due arresti cardiaci. Episodi che sarebbero stati alla base della presunta insufficienza funzionale dell’organo trapiantato.
La vicenda suscitò la presa di posizione del Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che aveva annunciato procedure di controllo e verifica. Ma le accuse furono seccamente respinte sia dai medici del San Cammillo che da quelli del San Raffaele, oltre che dagli esperti del Centro Nazionale Trapianti. A loro dire, infatti, l’organo sarebbe stato perfetto e pienamente idoneo al trapianto.
La Procura di Roma, dopo l’apertura dell’inchiesta scaturita dalla denuncia presentata dai familiari della vittima, aveva trasferito l’incartamento ai colleghi milanesi, per competenza territoriale.
Cinque medici, due del San Raffaele e tre del San Camillo, erano stati iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio colposo. A Milano il Pubblico Ministero aveva disposto un accertamento irripetibile per valutare se il cuore presentasse delle lesioni pregresse. I risultati sono ora attesi per i primi di febbraio.
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