Nel processo per il decesso di un 28enne morto per una embolia, la Procura ha chiesto due anni di carcere per ciascuno dei 4 medici accusati

Il processo sul decesso di Emilio Reforgiato, un istruttore di palestra di 28 anni morto per una embolia nel 2009, è in una fase cruciale.
La Procura di Palermo ha chiesto la condanna a due anni di carcere per i quattro medici accusati del decesso di Reforgiato, un 28enne istruttore di palestre, morto per una embolia.
I quattro medici, accusati di omicidio colposo, prestavano servizio all’ospedale Ingrassia di Palermo.
Si tratta di Rosanna Giaramidaro, Rosalba Tantillo, Florinda Bascone e Sebastiano Scalzo. Sono accusati di aver provocato la morte del giovane, deceduto in seguito a un’embolia polmonare che non gli sarebbe stata diagnosticata per un errore medico.
La vicenda risale appunto al 2009 e il reato si prescriverà a febbraio prossimo, ma in caso di condanna degli imputati dovrebbero rimanere valide le eventuali disposizioni relative al risarcimento danni.
Intanto, la famiglia del ragazzo, si è costituita parte civile attraverso gli avvocati Giovanni Di Benedetto, Roberto e Dario D’Agostino.

La madre, il padre e il fratello hanno chiesto una provvisionale di 100mila euro per ciascuno.

Il ragazzo morto per una embolia il 23 novembre del 2009, cinque giorni prima era andato al pronto soccorso dell’ospedale Ingrassia per un forte dolore al torace e alla spalla.
I medici, dopo una degenza di un giorno, lo mandarono a casa con una diagnosi di sindrome influenzale, escludendo problemi cardiaci.

Un mese prima, Reforgiato si era fratturato il piede sinistro. La circostanza era stata riferita al pronto soccorso, ma i medici non l’avevano neppure trascritta in cartella.

Per tale ragione, la tesi dell’accusa è che l’immobilizzazione seguita al gesso messo per la frattura innescò l’embolia fatale. Questa si sarebbe manifestata infatti a distanza di un mese, e si sarebbe potuta contrastare con una semplice iniezione di eparina.
Ma i sanitari non presero neppure in considerazione l’ipotesi, né annotarono l’episodio della frattura in cartella clinica.
 
 
 
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