Il vicepremier Di Maio ha annunciato di voler disciplinare gli orari degli esercizi commerciali ripristinando la norma che vedeva i negozi chiusi la domenica

Sta dividendo gli italiani la proposta che vorrebbe di nuovo di negozi chiusi la domenica.

Sarebbe infatti questa l’intenzione del governo, che dopo gli annunci in campagna elettorale passa ai fatti.

L’idea è iniziare a togliere di mezzo le liberalizzazioni statuite dal governo Monti.

Ad annunciare la proposta dei negozi chiusi la domenica è il vicepremiere Di Maio.

“Sicuramente entro l’anno approveremo la legge che impone uno stop nei weekend e nei festivi a centri commerciali ed esercizi commerciali, con delle turnazioni” ha affermato Di Maio in diretta Facebook a margine della Fiera del Levante a Bari.

Per il ministro, “l’orario degli esercizi commerciali non può più essere liberalizzato come fatto dal governo Monti perché sta distruggendo le famiglie italiane” .

Pertanto, “bisogna ricominciare a disciplinare gli orari di apertura e chiusura”.

La proposta, però, non è stata accolta da tutti con favore.

Da un lato, c’è chi si chiede se questo dietrofront sulle liberalizzazioni potrebbe mettere a rischio i consumi. Sembra infatti che la reintroduzione delle chiusure festive e domenicali porterebbe ad un calo dell’1 per cento nel settore alimentare. E addirittura del 2 per cento in quello non alimentare. Un dato non certo incoraggiante.

Secondo il presidente di Federdistribuzione, Claudio Gradara, “il 75% degli italiani utilizza questa opportunità , solo le aziende a noi associate hanno ogni domenica circa 12 milioni di clienti”.

Secondo Gradare, insomma, le aperture domenicali hanno risposto a una necessità. Pertanto, “un ritorno a un passato lontano così violento credo che andrebbe spiegato a quelle decine di milioni di persone che oggi si avvalgono di un servizio che domani gli verrebbe negato”.

C’è però anche chi si mostra favorevole ai negozi chiusi la domenica.

Come Confesercenti che afferma: “fondamentale è passare dalla deregulation totale a un minimo di regolamentazione per correggere una distorsione che ha compresso i diritti di piccoli imprenditori e di lavoratori senza alcun vero vantaggio per economia ed occupazione, visto che ha causato indirettamente la chiusura di almeno 50 mila negozi”.

Confcommercio Imprese per l’Italia, dal canto suo, “auspica che ci sia una fase di dialogo e di ascolto per affrontare il tema nel merito evitando gli errori del passato con l’obiettivo di tenere insieme le esigenze di servizio dei consumatori, la libertà delle scelte imprenditoriali e la giusta tutela della qualità di vita di chi opera nel mondo della distribuzione commerciale”.

 

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