Nel corso della CTU il Consulente nominato può esaminare documenti non prodotti in giudizio purchè integri ed affidabili
Per la Cassazione (Cass. Civ., sentenza n. 2671 del 5 febbraio 2020) il CTU può esaminare documentazione non prodotta in giudizio dalle parti purché tali documenti risultino integri ed affidabili.
La suprema Corte preliminarmente osserva che il Giudice può indicare come CTU qualunque soggetto, anche non iscritto in albi professionali, che esiti per “attingere elementi di giudizio anche dalle cognizioni e dalle percezioni di un proprio collaboratore”.
Ciò posto viene ribadito che rientra nel potere del Consulente Tecnico d’ufficio attingere notizie e dati non rilevabili dagli atti processuali quando ciò sia indispensabile per espletare convenientemente il compito affidatogli.
Con il limite che non si tratti di fatti costituenti materia di onere di allegazione e di prova delle parti poiché, in tal caso, l’attività svolta dal Consulente finirebbe per supplire impropriamente al carente espletamento, ad opera delle stesse, dell’onere probatorio, in violazione dell’art. 2697 c.c.
Superato, quindi, l’indirizzo granitico secondo il quale la consulenza tecnica è strumento di valutazione della prova acquisita.
Sulla competenza qualificata del C.T.U. LA Suprema Corte ribadisce che l’iscrizione negli Albi dei consulenti tecnici, ripartiti per categorie, non pone un limite al potere di scelta discrezionale che spetta al Giudice, il quale può nominare qualunque persona – sia iscritta o meno all’albo o, se iscritta, sia inserita nell’una piuttosto che nell’altra categoria – che reputi provvista di competenza specifica in relazione alla questione tecnica da risolvere, fermo restando il potere della parte di muovere censure alla consulenza effettuata, denunciandola come erronea ovvero inidonea per incompetenza tecnica della persona nominata.
Inoltre, afferma il Supremo Collegio, non costituisce motivo di nullità della consulenza il fatto che l’Ausiliario abbia attinto elementi di giudizio anche dalle cognizioni e dalle percezioni di un proprio collaboratore, nel rispetto del contraddittorio e sotto il controllo delle parti tempestivamente avvertite e poste in grado di muovere le loro osservazioni, ferma restando la necessità che l’operato del collaboratore non sostituisca integralmente quello del consulente, ma questi elabori il proprio documento peritale in modo da farvi contenere anche autonome considerazioni (Cass. n. 21728/2006; Cass. n. 16471/2009; Cass. n. 4257/2018).
Avv. Emanuela Foligno
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