Notifiche al CNF: sono ammesse col domicilio digitale?

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La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha fatto il punto sulle notifiche al CNF e sulla loro ammissibilità qualora si possieda domicilio digitale

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, nella sentenza n. 19526/2018, ha fornito dei chiarimenti importanti riguardo alle notifiche al CNF (Consiglio Nazionale Forense) qualora si possieda domicilio digitale.

A seguito dell’introduzione di quest’ultimo infatti, che corrisponde all’indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell’ordine di appartenenza, non è più possibile effettuare le comunicazioni o le notifiche al CNF.

E questo anche laddove l’avvocato destinatario abbia omesso di eleggere il domicilio nel comune in cui ha sede quest’ultimo.

Il tutto, però, a meno che, oltre a tale omissione, l’indirizzo pec non sia accessibile per cause imputabili al destinatario.

La vicenda

Nel caso di specie, la Cassazione si è pronunciata sul ricorso di un avvocato nei confronti del quale il Consiglio dell’Ordine degli avvocati aveva instaurato plurimi procedimenti disciplinari, poi riuniti.

Ebbene, il COA imputava al professionista di aver adoperato, in atti giudiziari e in corrispondenza epistolare, espressioni offensive nei confronti vari soggetti. Inoltre lo accusava di aver tenuto una condotta impropria.

Inizialmente l’incolpato è stato sospeso dall’esercizio della professione per 5 mesi, con decisione che il Consiglio Nazionale Forense annullata con rinvio per vizi formali. In seguito di nuova deliberazione, il COA ha applicato all’avvocato la sospensione dall’esercizio della professione per sette mesi.

Decisione che, a seguito di nuova impugnazione da parte dell’interessato, è stata riformata limitatamente al trattamento sanzionatorio che il CNF ha derubricato nella sola censura.

La Cassazione a Sezioni Unite ha confermato la condanna.

Gli Ermellini hanno ricordato come fosse loro precluso, in sede di legittimità, in nuovo giudizio di merito. Nel caso di specie, pertanto, deve aderirsi a quanto stabilito dalla sentenza disciplinare.

Quest’ultima ha ritenuto le espressioni adoperate dal ricorrenti non riconducibili a ordinarie contrapposizioni processuali, bensì gratuitamente offensive.

Questo in quanto addebitavano a controparti, magistrati, etc. carenze professionali, giuridiche e conoscitive del tutto esorbitanti dall’ordinaria dialettica difensiva.

Nel corpus decisionale, gli Ermellini hanno poi affrontato uno specifico rilievo del ricorrente che denunciava la nullità della notificazione della sentenza impugnata, per essere stata effettuata presso lo stesso Consiglio nazionale forense. Questo perché avrebbe dovuto essere eseguita presso il suo domicilio ovvero al suo indirizzo di posta elettronica certificata.

A tal proposito, confermano i giudici, la proposizione del ricorso per Cassazione contro le decisioni del Consiglio Nazionale Forense è soggetta al termine breve di trenta giorni.

Tale termine decorre dalla notificazione d’ufficio della pronuncia contestata.

Gli Ermellini ricordano poi che rimane salva l’applicabilità del termine “lungo”, di cui all’art. 327 c.p.c.. Ciò però nella sola ipotesi in cui non vi sia stata valida notificazione d’ufficio della decisione impugnata e nessun interessato abbia provveduto alla notificazione stessa di propria iniziativa.

Nel caso di specie, mancando l’elezione di domicilio in Roma e risultando il solo domicilio in Colleferro, la notificazione d’ufficio della decisione all’avvocato è stata eseguita mediante deposito presso il Consiglio nazionale forense.

Tuttavia, a seguito dell’introduzione del domicilio digitale, non è più possibile effettuare le comunicazioni o le notificazioni presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario procedente (se munito di PEC). E questo anche se l’avvocato destinatario ha omesso di eleggere il domicilio nel comune in cui ha sede quest’ultimo.

Questo vale però a meno che, oltre a tale omissione, non la circostanza che l’indirizzo pec non sia accessibile per cause imputabili al destinatario. Per la Cassazione, tale principio di diritto, enunciato riguardo al processo civile, va esteso al processo dinanzi al Consiglio nazionale forense.

A questo procedimento, infatti, si applicano norme del codice di rito civile, i quali, invece, unicamente per il giudizio di Cassazione prescrivono che, in mancanza di espresse indicazioni, le notificazioni devono essere effettuate in cancelleria.

Nel caso in esame, dagli atti non risultava l’inaccessibilità dell’indirizzo pec dell’avvocato incolpato.

Pertanto, non erano consentite le notifiche al CNF. Tale conclusione, tuttavia, rende solo operante il termine “lungo” ex art. 327 c.p.c. e dunque tempestiva l’impugnazione dell’avvocato.

 

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