Respinto il ricorso della parte datoriale, condannata per l’omesso controllo del rispetto delle misure di sicurezza da parte dei propri dipendenti

Con l’ordinanza n. 27815 la Cassazione si è pronunciata sul ricorso proposta da una datrice di lavoro contro la sentenza con cui veniva condannata, in solido con l’Azienda rappresentata, al pagamento della somma di euro 85.723,02 in relazione all’infortunio patito da un dipendente, con riguardo al quale l’INAIL aveva sopportato un costo infortunistico di euro 74.019,26 (aggiornato al 23.10.2015). Alla donna era stata contestata, in particolare, la violazione del precetto di cui all’art. 63 co. 1 in combinato disposto con l’art. 64 co. 1 D.Igs. n. 81/08 con il relativo processo penale conclusosi in appello con la intervenuta prescrizione del reato. A fondamento della decisione la Corte territoriale aveva ritenuto che, dalle risultanze probatorie acquisite, era emersa la responsabilità di parte datoriale per l’omesso controllo del rispetto delle misure di sicurezza, da parte dei propri dipendenti e nello specifico del danneggiato, per il comportamento di quest’ultimo che, seppure imprudente nel collocarsi a fianco dei bancali di merce in movimento per tenerli fermi nella operazione di carico nel cassone di un camion, non aveva i caratteri della abnormità.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, la ricorrente denunciava, ai sensi dell’art. 360 n. 5 cpc, l’omessa, inconsistente e/o tautologica motivazione sull’esame di un fatto decisivo della controversia per la mancata considerazione, da parte della Corte territoriale, della circostanza che le misure di sicurezza fossero state tutte regolarmente adottate e che non vi fosse stata una prassi consolidata sulla violazione delle misure stesse e, inoltre, per la omessa prova della effettiva conoscenza o conoscibilità del datore di lavoro di eventuali pratiche incaute.

Gli Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto la doglianza inammissibile.

Dal Palazzaccio hanno chiarito che il vizio di motivazione può essere “censurato in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360 n. 4 cpc, in relazione all’art. 132 co. 2 n. 4 cpc, solo nel caso in cui la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente ovvero manifestamente contraddittoria ed incomprensibile: ipotesi, queste non ravvisabili nel caso in esame. Inoltre, l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in L. n. 134 del 2012, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

La redazione giuridica

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