Il Codice Rosa è il codice che si “affianca” ai normali assegnati e identifica il percorso di accesso al pronto soccorso, riservato alle vittime di violenza in condizione di fragilità. 

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Viene assegnato da personale preparato a riconoscere segnali non sempre evidenti di una violenza subita anche se non dichiarata. Le associazioni femministe non ci stanno. Contrarie al codice rosa, accusano un tracciato rigido che costringe le donne a parlare di fronte a un magistrato o a un rappresentante della polizia giudiziaria, senza poter decidere autonomamente come agire, prima cioè di poter parlare con una operatrice di un centro antiviolenza disposta ad ascoltarla e sostenerla.

L’associazione Pangea Onlus in una lettera, parla di «Pronto soccorso trasformato in trappola per le donne maltrattate» e che «l’emendamento detto “Codice Rosa” n. 1.131 al ddl Atto della camera 3444 cd. Legge di Stabilità a firma Giuliani, mette in pericolo l’incolumità fisica e psichica delle donne che subiscono violenza maschile e rischia di compromettere l’emersione del fenomeno. Questo emendamento è frutto di un analfabetismo costituzionale, legislativo, sociale e culturale».

Con l’assegnazione del Codice Rosa, si attiva però il gruppo operativo composto da personale sanitario e dalle forze dell’ordine. La Stanza Rosa, che non deve essere identificata come tale per ovvi motivi di riservatezza, è una sala visita riservata per i controlli e le consulenze mediche (sono gli specialisti che raggiungono il paziente), si accede in casi specifici o su richiesta della vittima stessa.

L’accesso è consentito anche al personale di polizia giudiziaria delegato alle attività d’indagine. Nella Stanza ci sono kit già predisposti per esami biologici, repertamento fotografico, cartelle cliniche guidate, in grado di fornire dati utili anche per l’Autorità Giudiziaria, e supporti informatici accessibili alle Forze dell’Ordine.

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1 commento

  1. il 19 aprile 2016 sono entrata al P.S. con un codice rosa per aggressione verbale e atti persecutori da parte del mio datore di lavoro mentre ero di turno in ambulanza 118, devo dire che essendo anche io stata addestrata a prestare supporto psicologico alle vittime non avrei mai pensato di essere stata io la vittima, il personale in generale partendo dal medico del ambulanza che era venuto a prendermi dopo aver subito una sincope con perdita di conoscenza dovuta al grave stato d’ansia vissuto in quel momento sono stati dei angeli, ringrazio di cuore tutti in special modo a Vittoria Doretti per aver avuto questa iniziativa. Adesso il mio percorso non e ancora finito poco per volta assistendo al centro anti violenza spero riuscire a superare questo orribile capitolo della mia vita.

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