Una donna è stata risarcita 9 anni dopo un parto disastroso che si concluse con placenta e utero asportati, danni all’uretra e la perdita di un rene
Una donna è stata risarcita a 9 anni di distanza dal parto disastroso, effettuato al Policlinico di Modena, che si concluse con placenta e utero asportati, danni all’uretra e la perdita di un rene.
Ecco cos’era avvenuto.
Tutto è iniziato al reparto di Ginecologia e Ostetricia del Policlinico nel luglio 2008.
La donna era al secondo parto ed era stata ricoverata dopo numerose visite. La paziente aveva chiesto espressamente un parto cesareo ma solo verbalmente, perché (come dimostra il modulo del consenso informato in possesso dell’ospedale) alla fine ha firmato il documento che autorizzava il parto naturale.
Ebbene, il parto era stato particolarmente lungo e difficile. Dato presente anche nella consulenza per il giudice civile del medico legale Andrea Gavina. Alla fine era nata una bambina “viva e vitale”. I problemi sono sorti subito dopo il parto, con placenta e utero asportati oltre a numerosi altri problemi.
Tra questi, vi furono violente emorragie, lesione all’uretra e successiva asportazione di un rene, avvenuta all’Ospedale di Sassuolo.
Per questi motivi, la Prima Sezione del Tribunale Civile di Modena ha stabilito che la paziente ha diritto a un risarcimento dai due ospedali di 92mila euro più gli interessi dal 2008 ad oggi.
Lo stesso caso era stato invece archiviato dalla Procura per quanto riguardava le responsabilità penali dei medici, che invece si resero subito conto della gravità della situazione.
La placenta era infatti rimasta attaccata alla parete uterina, come conferma anche la cartella clinica.
Per questo scoppiò un’intensa emorragia che obbligò lo staff a procedere a un intervento chirurgico “che risultò drammatico per l’emorragia”, scrive il perito.
A quel punto, i medici dovettero procedere alla isterectomia in condizioni molto difficili.
Vennero sottoposte a operazione chirurgica anche lesioni nell’apparato renale e nell’uretere rimasto ostruito.
A distanza di mesi la neomamma venne poi portata all’Ospedale di Sassuolo dove le venne asportato un rene non più funzionante.
In questa situazione gravissima, il perito riconosce che l’asportazione dell’utero fu causata “da circostanze indipendenti da scelte o da prestazioni di natura terapeutica dei sanitari”. Insomma, il quadro clinico era drammatico per via della forte emorragia in atto.
Quanto all’asportazione del rene, nella perizia di legge che “si sarebbe dovuto controllare attentamente all’andamento della funzionalità renale, che invece si è progressivamente deteriorata”.
Quando i medici hanno iniziato a studiarlo, era ormai troppo tardi. Come notano i giudici, la responsabilità medica è quindi circoscritta alla lesione dell’uretra e alla perdita del rene destro.
Nulla è stato sbagliato durante il parto, nonostante il giudizio della paziente.
Secondo i giudici, l’Ospedale di Sassuolo ha invece precise responsabilità per la perdita del rene.
Infatti, il consulente scrive che il reimpianto dell’uretra poteva avere maggiori probabilità di successo per evitare l’asportazione del rene.
La colpa dei medici dell’ospedale di Sassuolo “è nell’omissione di accertamenti e nella scelta terapeutica e non nel difetto di informativa alla paziente. È evidente che se i medici avessero verificato per tempo la grave insufficienza renale, la paziente avrebbe scelto per il reimpianto dell’uretra”.
Alla luce di tali circostanze, alla donna è stato riconosciuto un risarcimento di 92.900.
Questo perché la donna in grave crisi renale ha dovuto sospendere per mesi l’allattamento alla figlia. Ciò perché stava assumendo farmaci. Inoltre, è dovuta stare lontano dalla bimba per i frequenti ricoveri e ha smesso di lavorare per un anno.
Il risarcimento dovrà essere pagato in solido dai due ospedali, ma i giudici riconoscono che per quanto riguarda la perdita del rene la responsabilità del Policlinico è per un 20%.
Mentre quella di Sassuolo è dell’80%. I due ospedali sono condannati anche a pagare le ingenti spese processuali.
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