I maggiori costi sostenuti per servizi di energia elettrica, gas e telefono, hanno aiutato i giudici della CTR di Roma ad individuare l’abitazione principale del contribuente e, a condannarlo per le plusvalenze non dichiarate in relazione alla seconda casa
“Se l’immobile compravenduto prima dello scadere dei cinque anni ha fatto registrare dei consumi delle utenze inferiori rispetto ad un’altra dimora di proprietà, il contribuente paga le imposte sulla plusvalenza” (Cass. Civ.16 luglio 2019 n. 18963).
La vicenda
L’Agenzia delle Entrate aveva impugnato, dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio, la sentenza pronunciata dal CTP di Roma, con la quale era stato accolto il ricorso di un contribuente contro l’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti, in relazione alla plusvalenza derivante dalla cessione, ai sensi dell’art. 67 T.U.I.R., comma 1, lett. B), di un immobile acquistato nel 2007 e poi rivenduto 2009, senza inserimento della plusvalenza nella dichiarazione fiscale.
L’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto che l’immobile compravenduto non costituisse abitazione principale.
E la CTR aveva accolto il gravame, ritenendo che dalla vendita si fosse generata una plusvalenza, in quanto l’immobile non poteva essere una prima abitazione poiché i consumi di luce ed acqua erano maggiori in un’altra abitazione posseduta a Roma.
La vicenda è giunta, perciò, dinanzi ai giudici della Cassazione.
Il ricorrente si doleva del fatto che la corte territoriale non avesse valorizzato la “la copiosa mole di prove prodotte in giudizio, attestanti la circostanza che l’immobile di Milano, ossia quello che aveva originato la controversia, fosse utilizzato quale abitazione principale”, tenuto conto del fatto che Milano era il luogo di lavoro, anche se la sua residenza anagrafica fosse a Roma.
Ma il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
La CTR aveva correttamente fondato la propria decisione non solo sul fatto che in quel periodo la residenza del contribuente fosse rimasta a Roma, ma anche alla luce di ulteriori circostanze, quali l’esistenza di documentazione attestante i maggiori costi ivi sostenuti per servizi di energia elettrica, gas e telefono.
Tali elementi – a detta degli Ermellini – “assumono i tre caratteri individuatori della presunzione (gravità, precisione, concordanza) relativa. Tale presunzione, non superata dal contribuente, legittima la razionale conclusione cui erano giunti i giudici dell’appello, secondo cui vi era stata plusvalenza da cessione dell’appartamento milanese acquistato dal contribuente meno di cinque anni prima” (Cassazione Sesta Sezione Civile ordinanza n. 18963/2019).
La redazione giuridica
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