Il Tribunale per i minorenni di Genova ha disposto l’adozione ai sensi dell’art. 44 lett. b) L.184/83, di una coppia di donne nei riguardi dei rispettivi figli, avuti durante la convivenza e ha, altresì, riconosciuto il diritto di questi ultimi, al doppio cognome

La vicenda

La relazione sentimentale tra le due donne era cominciata nel 2005. Dopo aver avviato una stabile convivenza la coppia aveva deciso di ricorrere alla fecondazione assistita e nel 2011, nasceva, da una delle due donne, una bambina; soltanto tre anni più tardi, sempre ricorrendo ad analoga tecnica, l’altra concepiva un maschietto.

Da allora, entrambe avevano accudito i due minori organizzando il menage famigliare, l’una occupandosi principalmente delle cure dei figli, l’altra maggiormente impegnata nell’attività lavorativa, essendo amministratrice della società.

Entrambi i figli avevano riconosciuto tale situazione come fisiologica, considerando le due donne come madri e reputandosi tra di loro fratelli.

Il Tribunale di Genova, ritenendo che nelle relazioni dell’ASL non fosse stata sufficientemente approfondita l’analisi della personalità delle due ricorrenti e dei minori, aveva a tal fine, disposto una ctu.

Ebbene, dalla Ctu era emerso quanto fosse importante per i minori, proprio per garantirne uno sviluppo sereno, il riconoscimento del legame genitoriale di fatto vissuto: “«il riconoscimento legale delle coppie omosessuali della possibilità per il genitore non biologico di adottare il proprio figlio rappresenta un passo fondamentale e necessario a garantire questi bambini: tanto nel dare loro la sicurezza di una rete solida di relazioni affettive di fronte alle (eventuali) avversità, quanto nell’offrire loro il senso di completo riconoscimento, di una tutela definitiva rispetto al dubbio che la loro famiglia sia per qualche ragione una “famiglia di serie B”».

La dinamica familiare era quella di un contesto supportato dall’amore reciproco e dall’unione e condivisione di un “progetto di vita”. Le due donne avevano “preparato e protetto i minori rispetto all’inserimento scolastico, ovvero il primo debutto sociale dei figli, presentendo la propria situazione agli insegnanti e così ponendoli al riparo da eventuali pregiudizi”.

Assai positive inoltre, erano state le descrizioni dei minori, a conferma della positività delle competenze della coppia genitoriale.

Insomma, ad avviso del CTU non era necessario alcun sostegno, né per i minori, né per le due ricorrenti le quali, peraltro, avevano manifestato l’intenzione di avviare un sostegno terapeutico per lavorare su alcuni aspetti della genitorialità.

Alla luce di quanto emerso, il Tribunale per i minorenni di Genova ha ritenuto sussistenti le condizioni di cui all’art. 44 lett. b) L.184/83. Con l’adozione da parte delle ricorrenti, si sarebbe compiuto “il preminente interesse dei due minori costituendo il corollario ad una situazione di fatto da tempo vissuta nella realtà di tutti i giorni e così ponendo rimedio ad una scissione incomprensibile tra la forma giuridica della relazione genitoriale con l’altro genitore e la realtà dei sentimenti di attaccamento e di fratria”.

La questione relativa al cognome

Per quanto attiene alla questione del cognome, è noto come l’art. 55 L.184/83 richiami la disciplina di cui all’art.299 c.c., ove è previsto che l’adottato, che sia figlio naturale riconosciuto dai propri genitori, debba anteporre tale cognome al proprio cognome di origine. Il tenore letterale della norma non contempla alcuna ipotesi di deroga alla regola del doppio cognome fissata dal primo comma del menzionato art.299 c.c.

Senonché, nel caso di specie, – ha aggiunto il Tribunale di Genova – la pedissequa applicazione della norma avrebbe avuto l’effetto paradossale, ed incomprensibile per i due minori, di una pronuncia che da un lato riconosce la fratria e contestualmente li separa semanticamente con una diversa successione dei cognomi.

Invero, l’intera disciplina del cognome è stata oggetto di recenti importanti revisioni costituzionali, se solo si pone mente a quanto deciso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 286 dell’8.11.2016 (G.U. 052 del 28/12/2016), relativamente all’attribuzione del cognome paterno per i figli nati all’interno del matrimonio “nella sola parte in cui, anche in presenza di una diversa e comune volontà dei coniugi, i figli acquistano automaticamente il cognome del padre”.

Nel motivare la sentenza, il giudice delle Leggi ha richiamato precedenti arresti della giurisprudenza costituzionale nonché della CEDU , secondo cui la «piena ed effettiva realizzazione del diritto all’identità personale, che nel nome trova il suo primo ed immediato riscontro, unitamente al riconoscimento del paritario rilievo di entrambe le figure genitoriali nel processo di costruzione di tale identità personale, impone l’affermazione del diritto del figlio ad essere identificato, sin dalla nascita, attraverso l’attribuzione del cognome di entrambi i genitori».

La portata espansiva di tale decisione è esplicitata dalla stessa corte costituzionale proprio con riferimento alla disciplina dell’adozione e infatti, ha statuito che «Per le medesime ragioni, la dichiarazione di illegittimità costituzionale, ai sensi dell’art. 27 della legge n. 87 del 1953, va estesa, infine, all’art. 299, terzo comma, cod. civ., per la parte in cui non consente ai coniugi, in caso di adozione compiuta da entrambi, di attribuire, di comune accordo, anche il cognome materno al momento dell’adozione».

Per tali ragioni, l’adito tribunale ha disposto l’assunzione da parte dei due minori, del cognome di entrambe le madri unite civilmente, nella medesima successione.

La redazione giuridica

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