La morte del paziente che ha contratto HCV e HIV da emotrasfusione costituisce il danno evento rispetto alla domanda di risarcimento iure proprio e la prescrizione decennale decorre dal giorno in cui tale evento si verifica

La vicenda approda in Cassazione (Cass. Civ., Ordinanza n. 26189 del 17 novembre 2020) dalla Corte d’Appello di Firenze e trae origine dal decesso di una donna avvenuto nel 1996  a seguito di trasfusione di sangue infetto praticatale presso una struttura pisana.

I congiunti della paziente deceduta per epatite HCV e HIV citano a giudizio il Ministero della Salute e l’Azienda Ospedaliera onde ottenere il risarcimento dei danni jure proprio e jure hereditatis.

Il Tribunale di Firenze rigettava le richieste sostenendo che era decorso il termine di prescrizione quinquennale per il danno jure hereditatis, avuto riguardo alla data della domanda di indennizzo ai sensi della legge n. 210/1992.  Per le medesime ragioni dichiaravano prescritto anche il diritto al risarcimento del danno jure proprio, poiché  decorsi più di dieci anni dalla morte, rispetto alla notifica dell’atto di citazione in primo grado.

La decisione viene impugnata e con sentenza del 4 dicembre 2017 la Corte d’Appello di Firenze rigettava l’impugnativa.

La Corte di merito, così come il primo Giudice, considerava decorso sia il termine di prescrizione quinquennale per il danno jure hereditatis, avuto riguardo alla data della domanda di indennizzo ai sensi della L. n. 210 del 1992 (27 gennaio 1994), sia il termine di prescrizione decennale con riferimento alla configurabilità dell’omicidio colposo, quanto al danno jure proprio, avuto riguardo sia alle date di citazione in giudizio nei confronti del Ministero (13 dicembre 2007) e della Gestione Liquidatoria (26 settembre 2008), che alla mancanza di efficacia interruttiva della richiesta di informazioni di data 31 maggio 1998 sul decorso della pratica di indennizzo e del ricorso gerarchico del 1999 proposto nei confronti della Commissione Medica.

La vicenda approda in Cassazione ove viene lamentata l’errata considerazione della prescrizione del diritto, l’avvenuta interruzione della prescrizione e l’omesso esame di fatti decisivi emersi dalle prove testimoniali.

La Suprema Corte ritiene fondato il primo motivo di doglianza e sostiene che la morte del paziente che ha contratto HCV e HIV per effetto di emotrasfusione, costituisce il danno evento rispetto alla domanda di risarcimento del danno iure proprio, sicché la prescrizione decorre dal giorno in cui tale evento si verifica, ed il termine è pari a 10 anni.

Riguardo l’interruzione della prescrizione il Collegio ribadisce che è sufficiente una dichiarazione che manifesti, esplicitamente o implicitamente, l’intenzione di esercitare il diritto spettante al richiedente.

E’ da ritenersi dunque idonea la comunicazione inviata nel 1998 dai familiari della vittima al Ministero con la quale, oltre a richiedere informazioni sulla pratica di indennizzo,  veniva ribadita la volontà di ottenere il risarcimenti dei danni.

Al contrario, è stato disatteso il secondo motivo poiché la responsabilità per i danni da emotrasfusione ha natura extracontrattuale ed il diritto al risarcimento è soggetto alla prescrizione di 5 anni: tale termine resta invariato anche nel caso in cui l’avente diritto muoia ed agiscano i congiunti, iure hereditatis, trattandosi pur sempre di un danno da lesione colposa (reato a prescrizione quinquennale).

In definitiva, la prescrizione è decennale solo per i danni subiti dai congiunti della vittima “iure proprio”, in quanto il decesso del congiunto emotrasfuso integra omicidio colposo, reato a prescrizione decennale, alla data del fatto.

Avuto riguardo al momento della decorrenza della prescrizione, ha efficacia interruttiva la missiva del 1998 ma il quinquennio è comunque trascorso, in relazione alla data di citazione al Ministero (2007).

La sentenza viene quindi cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione.

Avv. Emanuela Foligno

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