Ha diritto alla pensione di reversibilità la prima moglie, già titolare di assegno divorzile, anche se al momento del decesso dell’ex marito la sentenza di divorzio non era ancora passata in giudicato
La vicenda
In primo grado, il Tribunale di Brindisi aveva respinto le domande dell’attrice volte a conseguire la determinazione della quota della pensione di reversibilità e del trattamento di fine rapporto del proprio ex coniuge deceduto.
La separazione personale tra i due coniugi era stata pronunciata dal Tribunale di Bari con sentenza depositata nel 2001, con la previsione di un assegno di mantenimento mensile in favore della ricorrente di Lire 1.500.00. Introdotto il giudizio divorzile, con ordinanza presidenziale l’assegno veniva determinato in 1.250,00 euro; e, nel 2009 il Tribunale di Bari si pronunciava sullo status divorzile con sentenza non definitiva.
Nel 2012 l’uomo contraeva nuovo matrimonio e nell’aprile 2013 moriva.
Ebbene, il diritto dell’ex coniuge a percepire l’assegno divorzile, pur essendo stato il giudizio – per il riconoscimento di detto assegno – introdotto quando l’uomo era ancora in vita, era stato riconosciuto dal Tribunale con sentenza del giugno 2013, con decorrenza del predetto diritto dal giorno del deposito di tale sentenza.
Introdotto il giudizio d’appello, la Corte territoriale dovendo esaminare la questione: “se il provvedimento che riconosce la titolarità dell’assegno divorzile debba essere precedente alla morte del coniuge o se, invece, è sufficiente che sussista al momento in cui il coniuge divorziato proponga domanda di attribuzione di una quota della pensione di reversibilità”, concludeva per il riconoscimento dell’attribuzione nella misura del 35% del totale a favore della richiedente, attribuendo il residuo alla seconda moglie, in qualità di coniuge superstite.
La pronuncia della Corte d’appello
A sostegno della decisione la Corte territoriale evidenziava che “il fondamento dell’attribuzione al coniuge divorziato della pensione di reversibilità (o di una quota) trova la propria ragione nell’intento del legislatore di assicurare all’ex coniuge la continuità del sostegno economico correlato al permanere di un effetto della solidarietà familiare (Corte Cost. n. 419 del 1999) e che il requisito della previa attribuzione del diritto all’assegno divorzile si spiega con il fatto che la pensione di reversibilità prende luogo di detto assegno quando il coniuge obbligato decede”.
Così individuata la ratio della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 9, la Corte di merito aveva concluso affermando che “non può avere alcuna rilevanza la circostanza che l’accertamento che uno dei coniugi “non abbia i mezzi adeguati o comunque non possa procurarseli per ragioni oggettive”; a norma del comma 6 dell’art. 9) intervenga per motivi meramente accidentali, dopo il decesso. Ciò che è importante è che questo accertamento vi sia” .
Su tale premessa aveva valorizzato la circostanza che l’ex coniuge richiedente, al momento della proposizione del giudizio, fosse già titolare dell’assegno divorzile in forza della sentenza del Tribunale di Brindisi pronunciata nel giugno del 2013 e che il decesso dell’ex marito era intervenuto anteriormente; il ché non ostava all’attribuzione di una quota della pensione di reversibilità in quanto “il riconoscimento giudiziale dell’assegno di mantenimento si pone come presupposto della prosecuzione del sostegno economico a favore del coniuge debole”.
La decisione
La prima Sezione Civile della Cassazione (sentenza n. 24041/2019) ha confermato la sentenza della corte d’appello in quanto conforme al dato normativo e giurisprudenziale oltreché, immune da vizi.
La corte di merito aveva correttamente dato rilievo al riconoscimento in concreto e non in astratto del diritto all’assegno per effetto di una pronuncia giurisdizionale, che, nel caso di specie, era già intervenuta. Essa – ha aggiunto la Suprema Corte – non costituirà titolo attivabile nei confronti di colui che era stato indicato come destinatario, ma vale a consolidare il presupposto della prestazione previdenziale, che, secondo la nostra giurisprudenza, neppure deve essere assistito dall’autorità del giudicato (Cass. n. 4107 del 20/02/2018).
Per questi motivi, entrambi i ricorsi, principale e incidentale, sono stati rigettati e condannate le ricorrenti al pagamento del doppio contributo unificato.
La redazione giuridica
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