E’ improponibile il ricorso per difetto di completa domanda amministrativa ai sensi dell’art. 7 della legge n. 533/1973 e conseguente temporanea carenza di giurisdizione in capo al Tribunale adito (Tribunale di Perugia, Sez. Lavoro, Sentenza n. 223/2021 del 22/10/2021-RG n. 388/2021)

Il beneficiario dell’invalidità civile invoca il Tribunale onde vedere condannato l’Inps alla ricostituzione reddituale per maggiorazione sociale della pensione percepita.

Specifica di essere stato riconosciuto invalido civile nella misura del 100% con verbale sanitario del 24.7.2018 e di essersi visto rigettare dall’Inps (con determinazione confermata all’esito di ricorso amministrativo) la domanda amministrativa per l’ottenimento dell’adeguamento, presentata il 24.11.2020, in quanto l’ente comunicava che egli è considerato “invalido parziale”.

Deduce di avere diritto alla maggiorazione sociale della pensione prevista dall’art. 38 della legge n. 448/2001 e che l’Inps avrebbe dovuto erogargliela addirittura d’ufficio come stabilito dallo stesso ente mediante circolare interna n. 107/20.

L’Inps deduce che il ricorrente non ha mai fornito le informazioni socio-reddituali indispensabili al fine di attribuirgli, in radice, la pensione di inabilità che egli vorrebbe vedere adeguata al valore minimo prescritto dalla legge n. 448/2001.

Il Giudice ritiene improponibile la domanda per temporanea carenza di giurisdizione per difetto di completa domanda amministrativa ai sensi dell’art. 7 della legge n. 533/1973.

Il combinato disposto dei commi 1 e 4 della legge n. 448/2001, nella versione attualmente vigente anche a seguito dell’interpolazione avvenuta per effetto della sentenza n. 152/2020 della Corte Costituzionale e del d.l. n. 104/2020, attribuisce, nei limiti di interesse , “… ai soggetti di età superiore a diciotto anni, che risultino invalidi civili totali o sordomuti o ciechi civili assoluti titolari di pensione, o che siano titolari di pensione di inabilità di cui all’articolo 2 della legge 12 giugno 1984, n. 222 …”il beneficio incrementativo che – attualmente – garantisce l’erogazione di una prestazione pari ad euro 651,51 per tredici mensilità a prescindere dal valore di partenza della prestazione assistenziale o previdenziale spettante fra quelle contemplate dalla normativa “adeguatrice” richiamata.

La ragione per la quale l’Inps non ha attribuito al ricorrente il beneficio incrementativo oggetto di causa consiste semplicemente nel fatto che il ricorrente non ha completato il procedimento amministrativo per il conseguimento, in radice, della prestazione assistenziale alla quale detto beneficio, con riferimento alla fattispecie in esame, accede.

Dalla documentazione versata in atti si evince che il ricorrente con verbale sanitario del 27.4.2018, è stato riconosciuto dall’Inps invalido civile al 100%, mentre l’ente ha dichiarato di non avere mai ricevuto l’istanza con le dichiarazioni afferenti al possesso dei requisiti di natura socio -economica per il conseguimento della pensione di inabilità ed i l ricorrente non ha né affermato né fornito la prova – positiva – del contrario.

Sebbene il ricorrente non abbia puntualmente allegato e provato – a pena di decadenza nell’atto introduttivo della lite, come era suo onere fare, ai sensi degli artt. 2697 c.c. e 414 c.p.c. – l’esistenza di tutti i fatti costitutivi del diritto vantato (ivi compresi quelli di natura socio -economica da produrre con riferimento a ciascuna delle annualità oggetto di rivendicazione).

Ergo, il ricorso non viene respinto nel merito, ma dichiarato improponibile per difetto di completa domanda amministrativa ai sensi dell’art. 7 della legge n. 533/1973 e conseguente temporanea carenza di giurisdizione in capo al Tribunale adito.

In effetti, la normativa attualmente vigente (legge 537/1993, d.p.r. 698/1994, art. 10 d.l. 203/2005 convertito con modificazioni nella legge 248/2005, 20 d.l. 78/2009 convertito con modificazioni nella legge 102/2009 e 445 bis, quinto comma, c.p.c. sul versante processuale in caso di contestazione anche del requisito sanitario), richiede che il procedimento amministrativo sia diviso in due fasi, l’una, dedicata all’accertamento del requisito sanitario e l’altra alla verifica di quelli socio economici e che entrambe presuppongono un atto di impulso da parte dell’interessato la carenza del quale produce, in base al principio generale canonizzato dall’art. 7 della legge n. 533/1973, l’impossibilità di proporre un ricorso che trae origine da una vicenda in cui non è stata data all’ente competente la possibilità di provvedere.

Per quanto concerne le spese del procedimento, il ricorrente non viene considerato esente, posto che la dichiarazione prodotta in giudizio è finalizzata a raggiungere lo scopo di cui all’art. 9 , comma 1 -bis, del d.p.r. n. 115/2002 (esenzione dal versamento del contributo unificato collegata alla percezione di redditi non superiori al triplo di quelli indicati dall ‘art. 76 del medesimo d.p.r.) 1 Il diritto all’erogazione della pensione di inabilità è riconosciuto (cfr art. 12 della legge 118/1971 e s.m., art. 14 septies del d.l. n. 663/1979, convertito con modificazioni nella legge n. 33/1980 e s.m., sentenze 11/2009, 187/2010 e 40/2013 Corte Cost.) alle persone di età compresa fra i 18 ed i 65 anni, cittadini italiani o di paese appartenente all’ U.E. o esterno all’Unione legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato, i quali siano totalmente inabili al lavoro nonché percettori di un reddito annuo ai fini IRPEF di soglia variabile (pari ad esempio, per il 2021, ad EUR 16.982,49). e, in coerenza con tale scopo, attesta che la somma del reddito del ricorrente, e di quello dei familiari conviventi, dichiarati nell’anno 2020 non ha superato la soglia di euro 35.240,04, mentre non è specificata l’entità dei redditi esattamente percepiti e non è, quindi , noto se sia osservata la diversa soglia dell’art. 152 disp. att. c.p.c., secondo la quale sono esenti dalla condanna alle spese gli assistibili/assicurati quando i redditi non superano la soglia pari al doppio di quella prevista dall’art. 76 del d.p.r. n . 115/2 002, pari perciò ad euro 23.493,36 .

Per tali ragioni viene disposta la compensazione delle spese di lite tenuto conto della natura in rito della statuizione assunta e della posizione interlocutoria espressa dall ‘ente resistente in ordine alla sussistenza del diritto alla provvidenza alla quale accede il beneficio oggetto di causa.

Avv. Emanuela Foligno

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