Il ricorrente chiede il riconoscimento di ipoacusia da rumore e sindrome del tunnel carpale derivanti da malattia professionale in aggiunta ai postumi derivanti da infortunio sul lavoro pregresso (Corte d’Appello di Roma, II Sez. Lavoro, Sent. n. 1080/2021 del 22/3/2021)
Il Tribunale di Roma, respingeva il ricorso proposto dal lavoratore volto ad ottenere la condanna dell’Inail al versamento della rendita nella misura del 25% (o comunque non inferiore al 14%).
A fondamento della domanda il ricorrente deduceva, di aver subito il 13.7.2014 un infortunio sul lavoro (a seguito dell’urto violento alla testa contro un escavatore), in conseguenza del quale, a seguito di visita di revisione, gli veniva riconosciuto un grado di menomazione all’integrità psico-fisica nella misura dell’8%; che avverso tale provvedimento depositava ricorso giudiziario innanzi al Tribunale di Roma e che l’Inail veniva condannato al pagamento dell’indennizzo nella misura del 14%; che sottopostosi ad accertamenti di natura medico-legale venivano diagnosticati al medesimo, in data 1.10.2015 ed in esito all’infortunio per cui è causa, postumi permanenti con inabilità totale del 25%; che la visita di medico collegiale dell’Inail del 15.6.2016 si concludeva, invece, in maniera discorde rispetto alla diagnosi del 25%.
Si costituisce in giudizio l’inail chiedendo il rigetto del ricorso, per essere decorso il termine decennale di stabilizzazione dei postumi di cui all’art. 83, comma 7, del TU n. 1124/65, e precisando che successivamente al riconoscimento di un danno biologico del 14% per gli esiti dell’infortunio del 13.7.2004, lo stesso aveva presentato nel 2009 domanda di riconoscimento di malattia professionale (sindrome del tunnel carpale) e nel 2014 nuova domanda di patologia professionale (ipoacusia da rumore), all’esito delle quali veniva allo stesso riconosciuta una rendita per postumi unificati pari al 16% (7% per l’ipoacusia da rumore, 6% per la sindrome del tunnel carpale e 4% per i postumi dell’infortunio del 2004).
Avverso tale ultima valutazione – ed in relazione al solo aggravamento dei postumi conseguenti all’infortunio del 13.7.2004 – il lavoratore aveva proposto opposizione, concordando il medesimo sulle valutazioni dell’Istituto relative alle malattie professionali.
Il Tribunale respingeva il ricorso per decorso il termine di prescrizione decennale per la revisione dei postumi conseguenti all’infortunio del 13.7.2004, con la conseguente stabilizzazione degli stessi ed impossibilità per il ricorrente di chiederne la relativa modifica. Difatti, il Giudice di primo grado evidenziava che il lavoratore aveva chiesto il riconoscimento dell’aggravamento dei postumi solo con riferimento all’infortunio del 2004.
Il lavoratore propone appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma, lamentando:
- violazione dell’art. 112 cpc, non avendo l’Istituto nelle conclusioni della comparsa di primo grado sollevato eccezione di prescrizione decennale, limitandosi a dedurre tale circostanza nelle premesse del proprio atto;
- errata valutazione delle risultanze probatorie, in quanto il provvedimento impugnato in primo grado era quello che riconosceva un grado di menomazione del 16% e che scaturiva da una valutazione unificata non solo dell’infortunio del 13.7.2004 ma anche delle malattie professionali denunciate nel 2009 e nel 2014, con la conseguenza che non può ritenersi maturata alcuna prescrizione in relazione alle suddette malattie professionali, in ordine alle quali il Tribunale non si è pronunciato.
La Corte d’Appello osserva che il gravame non merita accoglimento.
Per quanto riguarda il primo motivo di appello, non vi è violazione dell’art. 112 cpc e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, in quanto l’Istituto ha eccepito la stabilizzazione dei postumi per decorso del decennio di cui all’art. 83, comma 7, del TU n.1124/65.
Il citato termine decennale non è un termine di prescrizione, né di decadenza, non incide sull’esercizio del diritto alla revisione della rendita, ma sull’esistenza del diritto stesso, avendo solo la funzione di delimitare l’ambito temporale di rilevanza del l’aggravamento o del miglioramento delle condizioni dell’assicurato.
Ne consegue che l’attivazione del procedimento di revisione e l’accertamento medico legale possono aver luogo oltre il termine decennale se relative a modifiche intercorse entro il suddetto limite temporale.
Anche il secondo motivo di appello risulta infondato.
Il provvedimento impugnato in primo grado era quello che riconosceva un grado di menomazione del 16% e che scaturiva da una valutazione unificata non solo dell’infortunio del 13.7.2004, ma anche delle malattie professionali denunciate nel 2009 e nel 2014.
L’appellante ha però chiesto in primo grado il riconoscimento dell’aggravamento dei postumi solo con riferimento a quelli derivanti dall’infortunio del 2004.
Non può, quindi, l’appellante dolersi che il Tribunale non si sia pronunciato sugli esiti delle malattie professionali denunciate nel 2009 e nel 2014, non menzionate nel ricorso di primo grado e non oggetto della domanda giudiziale.
Oltretutto, sottolinea la Corte, nel caso di rendita unificata ai sensi dell’art. 80 del TU n. 1124/65, derivante da più inabilità soggette a diverso regime temporale di revisione (ovverosia, infortunio e malattie professionali), il termine entro il quale può procedersi a revisione della rendita per variazioni dello stato di inabilità dell’assicurato è individuato in relazione al regime giuridico del consolidamento della componente dell’inabilità complessiva di cui si rileva la variazione (Cass. SS.UU. n. 6402/2005).
Per tali ragioni la Corte d’Appello rigetta integralmente il gravame.
Le spese di lite vengono dichiarate irripetibili, in considerazione della dichiarazione ex art. 152 disp. att. cpc dell’’appellante.
Avv. Emanuela Foligno
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